Giorno 10
Sulle strade di queste esperienze si incontra l'umanità più varia.
Ci sono alpinisti dalla faccia bianca di crema solare che parlano uno slang molto americano; portatori nepalesi che la mattina presto si assembrano davanti ai lodge delle spedizioni in partenza per un po' di lavoro; trekker australiani, ma di origine russa, che lungo il loro percorso raccolgono sacchi di immondizia abbandonata; guide sherpa da alta quota che un pochino se la tirano camminando in punta di piedi; cuochi da campo base simpatici, accomodanti, sempre disponibili a preparare qualunque cosa ti possa fare piacere; giovani ragazzi del Nepal, istruiti che parlano un perfetto inglese gestendo i lodge di famiglia; ragazze in abiti colorati che sorridendo trovano normale compiere lavori di fatica con il proprio bimbo legato con una fascia sulla schiena.
Poi ci sono miriade di occhi furbi che da sempre catturano il mio affetto e la mia curiosità, occhi attraverso i quali il bimbo che ci sta dietro ci guarda e conosce il mondo.
Ci sono anche Hadi, Arman e Milad, i tre ragazzi iraniani con i quali ho condiviso questi giorni di trekking e condividerò il tempo sulla montagna.
Gioviali, gentili, sempre in ritardo, chiassosi nel loro giocare a carte o litigare, entusiasti dell'esperienza che stiamo vivendo, dormiglioni. A volte troppo.
E ci sono anch'io.
Posso solo immaginare come gli altri mi vedano.
Forse un po' sulle sue all'inizio, entusiasta e sorridente lungo il sentiero, pratico, malinconico, taciturno e solitario, sensibile (troppo per i miei gusti), permaloso, determinato, con le gambe che un po' tremano.
Su queste strade, senza aspettarti nulla, scoprendo ciò che non conosci, per ritrovarti le tasche piene da riportare a casa.
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