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Il profumo della mia terra / Agosto 2ª parte

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Antèlami: Agosto - Duomo di Parma

Zappare  la  vigna

Chi ch’ sàpa la vîda al prìm d’Agùst

a San Martîn al srà piên ad mùst! (in Giovanelli).

[Chi zappa la vigna il primo di Agosto / a san Martino sarà pieno di mosto]

 

Perché anche la vite, come il granoturco, ha bisogno di sorbire acqua e ossigeno dal terreno, e sole, e aria per dare un buon risultato. Zappare significa smuovere la terra intorno alla base della vite, favorire la penetrazione della pioggia, eliminare tante erbe parassite che le rubano linfa; significa anche pulire la vigna per lavorare meglio alla vendemmia. E l’occhio esperto del padrone si accorge se vi sono polloni inutili. Li strappa e, per non sporcare il terreno li inserisce in qualche spazio tra la vite e il supporto, palo, olmo o brescàj che sia. È ora anche di mettere strisce di carta o di stoffa o spaventapasseri sui rami più alti con la speranza di allontanare i volatili pronti a beccare gli acini più belli. E come il vino è universale, anche i proverbi lo seguono:

Chi vuol avere del mosto

 zappi le viti d’Agosto.

 

Zappatura moderna

 Dopo c’è da sperare nella pioggia: fine, lenta e duratura. Favorirà la crescita dell’uva e degli altri frutti:

S’a vên d’ l’àqua d’Agùst

  a piöv di pùmb e dal must.

 [Se scende dell’acqua in Agosto piovono mele e mosto].

 

Fare la foglia

Fare la foglia (Arc. di Afra)

Durante l’estate conveniva sfruttare anche le foglie per nutrire gli animali che non potevano essere portati al pascolo, come le mucche da tiro. Venivano di preferenza tagliati i rami dei quercioli (i cursân) che si trovavano ai lati dei campi, lungo le carraie, o in boschi facilmente accessibili. In un certo modo si prendevano tre piccioni con una fava: si potavano gli alberi, si procurava la foglia per risparmiare il fieno e si portava a casa legna per l’inverno.

Ci si sedeva su sgabelli improvvisati in un angolo dell’aia e si prendevano i rami appena portati a casa. Si staccavano le foglie mettendole dentro ad un Curghèt o ad un paniere. I rami spogli venivano poi legati in fascine e si mettevano a seccare per l’inverno. Una volta secchi sarebbero serviti per accendere il fuoco in casa o per riscaldare il forno.

Questa operazione coinvolgeva un po’ tutta la famiglia, dai più piccoli a tutti coloro che, al momento, non erano impegnati in altri lavori.

 Al bên

                               Al bên dal mil crûši

 

Di questa preghiera vi sono tracce sia in montagna (Villa) sia in pianura (Coviolo, e, in genere, in tutta la pianura).

Presa alla lettera l’orazione non ha più un significato logico. Altre formule con lo stesso contenuto hanno permesso di capire due dei tre termini incomprensibili: Li passús e li generalús sono la corruzione di impàssus e ingeneràtus, due attributi relativi alla vita divina del Cristo che, in quanto Dio, non è soggetto alle passioni e alle sofferenze umane, e non è generabile poiché è eterno. Resta un enigma l’altra espressione rampa e rús. Potrebbe essere la traslazione fonetica parziale di Pàtrem indoloratus presente in altre versioni, ma non è chiaro. A tali corruzioni ha contribuito decisamente la consuetudine di pronunciare le formule latine sempre con l’accento sull’ultima sillaba.

I dirèm al mil Crûši

per la Madre gluriuse,

per li passús ,

per li generalús*,

i’ andrèma a rampa e rús          

cuma a fè Noster Sgnûr.

Sospeso è il sangue, il nostro,

sul legno della Croce!

Morirò, morirò. Se Dio vorrà

l’anma d’int al côrp la s’ cavarà.

Alt te, nemîgh, fat in là.

T’an me pö ucìdre né ufèndre

 perché i’ ho dit al Mil Crûši.

I’ gli ho dìti e s’i’ gli ardirò               

tút al temp ed la vita mia

per servîr la Vergine Maria.

Gesù sacrata,

fu illuminata.

Chi la sa e chi la dirà

un’anma d’int al péni dal Purgatòri

la salvarà.

  

(Registrata dalla voce di Maria Bisagni-Campani  1993)

 [Diremo (la preghiera delle) mille Croci / per (in onore della) la Madre gloriosa / per l’Impassibile, / per l’ingenerato, / andremo ... / come fece Nostro Signore. -  Sospeso è il Sangue, il nostro / sul legno della Croce! - Morirò, morirò. Se Dio vorrà / l’anima dal corpo uscirà. - Alt a te, nemico; scostati.  / Non mi puoi uccidere né danneggiare / perché ho recitato le Mille Croci. / Le ho recitate e le reciterò / per tutto il tempo della mia vita / per servire la Vergine Maria. - (A) Gesù consacrata... / fu illuminata... - Chi la sa e la reciterà / salverà un’anima dalle pene del Purgatorio].

 Cfr. anche: Vito Fancinelli TESTIMONIANZE DI VITA E DI CREDENZE, Libreria Bizocchi, tipografia Minari, senza data, a pg. 59.

 

Filastrocca

                                              Biscurgnîn

 La si recitava all’imbrunire quando passavano i cervi volanti. Siccome volavano abbastanza bassi era nostro impegno riuscire ad acchiapparli. Una volta a terra non si rialzavano subito per cui era facile prenderli fra la testa e il corpo, sul lato della schiena, senza che potessero difendersi con le chele. Durante la caccia si recitava la filastrocca:

 Biscurgnîn vên šú da bàs

ch’i’ t’ vöi dâr ‘na fèta d’ gràs.

L’è gràs bûn perch’ l’è d’ pursèl.

Vên da bàs, biscòrgne bèl!

                                     Vên chì in tèra, biscurgnîn,                                       

ch’i’ t’ mèt dêntr’ a un saclutîn.

Al saclòt l’è fat da stùpa:

dèntr’ a gh’è ‘na fèta d’ cùpa.

 Biscurgnîn, vên mo’ chì sùta

prìma ch’a m’ vègna la fùta!

S’a m’ vên la fùta, biscurgnûn,

i’ t’ tîr šú cun al bastûn!

 [Piccolo cervo volante, vieni quaggiù in basso / che ti voglio dare una fetta di lardo. / È lardo buono perché è di maiale. / Vieni da basso cervo bello. / Vieni qua in terra, piccolo cervo, / che ti metto dentro ad un sacchetto. / Il sacchetto è fatto di stoppa: / dentro c’è una fetta di coppa. / Piccolo cervo, scendi un po’ quaggiù / prima che mi venga il nervoso. / Se mi viene il nervoso, grosso cervo, / ti abbatto con il bastone!].

 Una versione di questa filastrocca la troviamo anche in LA VÉTA MUNTANÂRA, di Giovanelli e Benassi, a pag. 53, con il cervo volante al femminile (Biscurgnîna).

  

 

 

 

 

2 COMMENTS

  1. A proposito della preghiera delle mille croci, ritengo che l’espressione “saliremo el rus “possa essere interpretata come:”saliremo il (monte) rosso” cioè il Calvario. Monte rosso per il sangue versato da Cristo in Croce.

    (Giorgio)

    • Firma - Giorgio
  2. Nelle condizioni in cui si ritrovano i testi non è facile risalire all’originale e le interpretazioni che hanno un minimo di logica sono comunque di aiuto. La sua interpretazione, signor Giorgio, potrebbe aiutarci a capire il testo e di questo la ringrazio.

    (Savino Rabotti)

    • Firma - www.savinorabotti.it