Riceviamo e pubblichiamo.
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Sa essere profondo, ma sa essere anche divertente. Parecchio divertente. Anzi, quando è in forma (spesso) è capace di farti ridere come uno scemo. Naturalmente sto parlando di Silvano Scaruffi, il “Philip K. Dick della Val d’Ozola”, come ho sentito dire a qualcuno al termine di una presentazione che abbiamo tenuto insieme in biblioteca a Reggio, l’inverno scorso. Ora che ci penso, è stata l’ultima volta che ci siamo visti di persona, io e Silvano. Alla fine, prima dei saluti, per ringraziarmi (“E di cosa?” mi verrebbe ancora da dire) mi ha regalato un suo libricino che è impostato come una specie di guida turistica di Ligonchio e delle varie tipologie di abitanti. Spassosissimo, neanche a dirlo. Ci siamo così lasciati ripromettendoci di rivederci in primavera, a maggio per la precisione, al termine di un periodo che si preannunciava importante sia per lui che per me. A maggio “avremo contato le pecore”, avremmo tirato le somme e fatto alcuni piccoli bilanci, insomma. Ed eccoci qui allora. Alla fine sarà giugno, non maggio, ma conta poco. Quel che conta è che sabato 17 alle 17,30 Silvano presenterà un nuovo romanzo nella nostra piccola libreria; appuntamento che ha voluto fissare diversi mesi prima e che sarà un’anteprima assoluta.
Questo naturalmente non può che inorgoglirci; sono proprio belle soddisfazioni quando un autore ti fa capire che ci tiene davvero a venire da te per esporre i suoi lavori. Ti fa pensare che forse qualcosa di buono lo stai anche facendo, tutto sommato. Con Silvano naturalmente ci sarà il mitico Emanuele Ferrari, editore di Abao Aqu; insieme formano una coppia che neanche Tognazzi e Vianello. Se li avete già visti all’opera, non potrete che essere d’accordo. Se non l’avete ancora fatto, dovreste rimediare al più presto. E allora vi aspettiamo tutti a Reggio in via Squadroni 10/a, in pieno centro storico, sabato 17 giugno. Vi avviso, Silvano ama sorprendere la gente, proprio come il proverbiale contadino dal cervello fino e dalle scarpe grosse; anche se a dir la verità il Nostro indossa spesso delle Adidas Gazelle che sono una meraviglia, altro che scarponi. Insomma come direbbe lui: smettetela di girotlare, e venite a passare un bel pomeriggio diverso dal solito, perché con Silvano Scaruffi - è non una frase fatta - Non ci si annoia mai.
(Andrea Gibertoni Miskatonic University Bookstore)
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Territorio
Scrivo da un avamposto di confine, selvatico, montano, inaccessibile. Di popoli aggrappati a costoni rocciosi, compatti, taglienti. Un tempo erano i clan a coagulare la vita, le fonti a dissetare, riti, battaglie, fame, scomparire nelle selve, selvaggia matrigna montagna a dettare tempi, funesta cupa frondosa foresta a riparare. Oggi, con leggi calate dall’alto, confini sempre mutevoli, fusioni in prospettiva disgregativa, rimane poco, se non l’ostinazione, la consapevolezza di essere parte del displuvio, come i massi, i faggi, le alture, le salamandre.
Scrivo di una nazione a sbalzo sul vuoto, di un mondo lasciato a se stesso, avvelenato nelle idee, obbligato a dissipare lingua e folclore. Un mondo che vive di ritmi arcaici, gesti saggi, presidio umano in ettari di primitiva natura.
Siamo i fautori di una rappresaglia contro noi stessi, ma le radici sono ben più profonde, che terra di confine, di passo e d’invasioni lo saremo sempre, che un tempo ne deportarono settemila, che molti piuttosto che in catene si lasciarono schiantare dagli Schiocchi, che altri rimasero. Tutto attorno è incertezza, l’andare del tempo, lo spopolamento, nello sfibrato abbandono. Siamo ancora vivi, perché siamo deriva. Siamo ancora qua perché siamo tradizione, e la tradizione è rivoluzione permanente.
“Le pecore si contano a Maggio” trae la sua sfrantumatezza da frontiera, colonizzazione, deriva, solchi entro i quali da secoli agonizza la vita di crinale. “Le pecore si contano a Maggio” è altresì una lunga riflessione sul tempo. “Le pecore si contano a Maggio” è singulto schizofrenico di irrequieta vita paesana, di varchi temporali, bande criminali, misteriose sparizioni, intrighi vegetali, morti forzate, creature antennute, esistenze spappolate, di gente sempre vinta sempre ribelle.
(Silvano Scaruffi)