“Un’afa sconosciuta alle campagne e che rischia di mettere a serio rischio il delicato rapporto tra irrigazione, produzione, raccolta. Ma anche l’ambiente”. Sono le parole di Giuseppe Carini, segretario dell’associazione agricola Ugc Cisl Emilia nel valutare gli effetti della morsa dell’anticiclone africano che, in queste ore, interessa pure le campagne emiliane.
CALDO E SICCITA’
34° C quelli registrati in città, punte di 28° oggi in Appennino e, nel contempo, il Bollettino della Disponibilità Idrica dell’Arpa rileva dati inferiori alla media storica.
“Nella Bassa – osserva Carini – si superano ormai i 30 gradi, anche 4-6 gradi in più della media stagionale. Anche in Appennino come rileva Reggio Emilia Meteo continua la fase estiva con punte vicino ai 30°C.Un fenomeno che si ripete ogni 25-30 anni. Maggio si è concluso con scarsissime precipitazioni, tranne che nella parte più alta dell’Enza: mediamente, sull'intera regione, il 50% in meno delle attese climatiche. All’appello su Reggio e Modena mancano almeno 200 mm di pioggia. Con quali conseguenze per le falde?”.
I FIUMI
“E’ essenziale – prosegue l’esperto – l’attività irrigua che in queste ore sta garantendo il Consorzio di Bonifica. Anche se, chiaramente, desta attenzione il livello idrometrico del fiume Po che, a Boretto, oggi si presenta a – 2,5 metri sotto lo zero idrometrico, segno testimonia dell’assenza di precipitazioni nell’arco alpino dove, anche qui, le temperature sono ben al di sopra la media. Un altro esempio preoccupante è quello dell’Enza, oggi a -0,82 metri a Cerezzola, proprio dove diparte il Canale d’Enza destinato alle campagne reggiane e parmensi. Ricordo che la Valle dell’Enza è quella in provincia soffre maggiormente le crisi idriche, mancando all’appello oltre 80 milioni di metri cubi d’acqua ogni anno, di più in caso di siccità! E’ necessario riconsiderare concretamente la realizzazione di piccoli e medi invasi nella Val d’Enza”.
LA SITUAZIONE NEI CAMPI
“Il bel tempo – aggiunge il segretario – agevola le fienagioni per la produzione di Parmigiano Reggiano, ma sappiamo che occorrono precipitazioni primaverili per rimpinguare le falde e compromettere i successivi raccolti. Il troppo caldo sulle coltivazioni, ha effetto evidente dato che l’evapotraspirazione dei terreni, dove le piante stanno producendo, dato che questa è superiore di 10-15 mm. Si anticipano, poi, le fasi fenologiche: lo dimostra la virata anticipata dei cereali che biondeggiavano a fine maggio in collina, mentre rischia di far soffrire particolarmente le culture che dipendono molto dall’acqua, come pomodori e ortofrutta”.
“Tutto quanto sta accadendo – conclude il segretario – è un evidente segno del cambiamento climatico che, come confermato dagli esperti, anticipa l’arrivo degli anticicloni africani e li sposta a nord a latitudini dove un tempo erano sconosciuti”.
Ogni fiume dovrebbe avere uno o più invasi, sicuri. Occorre investire su irrigazioni più oculate. Ognuno di noi deve imparare a non sprecare acqua e a raccogliere quella piovana per l’orto, a non lavare tutti i giorni la macchina ed altri comportamenti più attenti. Dicevano che in futuro le guerre le faranno per l’acqua, ma secondo me, questo futuro, sarà non troppo futuro… purtroppo.
(Cg)
Ringrazio il segretario Giuseppe Carini per aver illustrato la situazione idrica delle Valle dell’Enza. Chiunque partecipi a qualche convegno sulla risorsa acqua sa che i cambiamenti climatici mondiali provocheranno danni enormi causati da alluvioni e siccità; gli invasi a monte trattengono le acque in caso di alluvione e la rilasciano in caso di siccità. Quando in Italia e in Emilia avevamo amministratori che pensavano al bene del territorio si facevano opere idrauliche gigantesche, vedi le opere delle Bonifiche e invasi a monte; ora è più facile dichiarare lo stato di calamità quando succede qualcosa e fregarsene degli agricoltori che perdono un anno di lavoro in caso di siccità e non preoccuparsi del domani, come farebbe un buon padre di famiglia; un bene come l’acqua va trattenuto nei periodi di abbondanza per poterlo rilasciare in caso di siccità. Oggi continuare a dire di no all’invaso di Vetto sull’Enza significa distruggere l’agricoltura e l’agroalimentare di Reggio e Parma; l’acqua quando manca non si produce, servono medi e grandi invasi e quella di riparare le perdite e ridurre gli sprechi è solo un modo per riempirsi la bocca di belle parole; quando l’acqua non c’è, non c’è neppure per le perdite. Non voglio dilungarmi, sarebbe tempo sprecato; aggiungo solo che al Lagastrello, l’invaso del Lago Paduli sull’Enza, che in maggio è generalmente pieno, ora è quasi vuoto. Ma questo non interessa a nessuno di chi ci governa e neppure a chi scende nelle piazze per apparire dicendo di no a tutto, come fanno certi ambientalisti, o a sostenere che a Vetto c’è il pericolo Vajont, come se a Vetto ci fosse un monte alto 2000 metri a picco sul lago come il monte Toc sul Vajont o pericoli sismici o mille altri pericoli. Dico solo che la diga di Vetto serve per l’agricoltura, per i rubinetti di Reggio e Parma, per produrre energia pulita, per risollevare le falde, per il minimo deflusso vitale tutto l’anno, per proteggere la Valle dell’Enza da alluvioni e, oltre a questo, dare migliaia di posti di lavoro e una speranza di un futuro per la nostra montagna, abbandonata e dissestata.
(Lino Franzini)