Riflettori di media nazionali. Indagini della Direzione distrettuale antimafia. Colpi di scena. Sulla discarica di Poiatica sta andando in scena qualcosa di inedito. Diverse, infatti, sono le notizie di spicco emerse in questi giorni.
Tutto è iniziato quando il Comitato "Fermare la discarica" ha clamorosamente anticipato ai media uno studio dell'Università di Bologna, commissionato dalla Regione in accordo con Iren (cosa ampiamente contestata, a ragione, dai comitati), che spiega che la soluzione più economica per colmare il dislivello che causa difficoltà al drenaggio delle acque a monte è il riempimento con rifiuti speciali. Quanti? Una cifra mostruosa di 1 milione i metri cubi. Pena il riempimento con terra che, minaccia Iren, causerebbe un aumento delle tariffe dei rifiuti (il tutto mentre l’ex municipalizzata investe milioni di euro in acquisizioni di altre società…). Cosa potrebbe finire nella discarica di Poiatica, a meno di pochi metri dal fiume Secchia? Tre tipologie di rifiuti: rifiuti speciali non pericolosi alle condizioni, rifiuti speciali pericolosi stabili non reattivi, materiali edili contenenti amianto. Insomma, una serie di scorie e risultati di bonifiche che lascia alquanto desiderare, contenendo anche sostanza pericolose.
Dall’altro lato emerge l’attenzione della Direzione distrettuale antimafia sulla discarica che, al momento dell’apertura, nel 1995, doveva avere valenza comprensoriale ma, ben presto, si è trasformata in altro. La Dda di Bologna ha messo le mani sugli atti compiuti, a suo tempo, dalla Procura di Reggio Emilia e, a quanto rilevato dalla Gazzetta di Reggio, “l’apertura del fascicolo della Procura antimafia di Bologna sarebbe legata all’ipotesi di reato di traffico illecito di rifiuti”. Ci sarebbero, anche, avvisi di garanzia.
C’entra, sicuramente, anche la denuncia fatta dai comitati di rilevare la radioattività dal cumulo di Poiatica. Non a caso, nella nostra redazione, alcuni mesi fa si presentarono, su mandato di Bologna, le forze dell’ordine per acquisire tutti i materiali pubblicati sul tema. Da allora il silenzio, sino ad oggi dove, evidentemente, qualcosa è emerso mentre, nel mentre, Iren tornava all’assalto per l’utilizzo del sito. Complice, forse anche, l’appetitoso ristorno ambientale (i soldi annualmente conferiti da Iren ai Comuni interessati dalle discariche attive) di cui, pare, ci si interrogasse informalmente tra i vertici della nostra Unione dei comuni. Nel mentre il sindaco di Castelnovo Bini si dimetteva dalla commissione legalità di Iren, per poi dichiarare pubblicamente che “qualsiasi ipotesi di riapertura o conferimento di ulteriori rifiuti è del tutto improponibile”.
In queste ultime due settimane il dibattito politico sul tema si è riacceso ed è giunto in Regione – che a noi montanari pare sempre più lontana - e, come prevedibile, su Poiatica si sono accesi i riflettori nazionali: l’arrivo di reporter che indagano su ecomafie, di giornalisti di media nazionali, di Rai 3 regionale e molti altri pare avere avviato un circuito mediatico che, al momento, è il miglior viatico per fare una chiarezza attesa da troppi anni. Spettatori passivi (ma non silenziosi), loro malgrado, i cittadini d’Appennino. Chi tace, invece, è Iren che sul tema non si pronuncia. Per quanto ancora?
Due sole parole: era ora!
(Massimo Bonini)
Se veramente qualcuno ha sbagliato, paghi. Aspettiamo fiduciosi che gli inquirenti eseguano le opportune verifiche
e, di conseguenza, che la magistratura ne tragga le conclusioni, nei modi e nelle sedi opportune. Speriamo solo di non essere per l’ennesima volta, il paese dei balocchi.
(Davide Negri)
Qualcuno ha parlato dell’Italia come del paese dei balocchi. Spero non sia così e che la magistratura voglia e sappia fare giustizia vera. C’è un passo nel Pinocchio di Collodi, quello dove il povero burattino racconta le sue disavventure al giudice del Paese dei Balocchi. Lo trovo molto suggestivo: “Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla, un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d’oro senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo di una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni. Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dette il nome e cognome e i connotati dei malandrini, e finì col chiedere giustizia. Il giudice lo ascoltò con molta benignità: prese vivissima parte al racconto: s’intenerì, si commosse: e quando il burattino non ebbe più nulla da dire, allungò la mano e suonò il campanello. A quella scampanellata comparvero subito due cani mastini vestiti da giandarmi. Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro: “Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo, dunque, e mettetelo subito in prigione.” Saluti ai lettori.
(Alessandro Raniero Davoli)