La quarantennale esperienza della casa della carità di Busana volge al termine. Almeno per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. A Pasqua le suore se ne andranno. Questo è quanto è emerso dall’assemblea vicariale che si è svolta ieri sera nella sala adiacente la chiesa di S. Maria Maddalena, in centro a Busana.
Corposa la partecipazione di paesani e non, che hanno dialogato con il vicario generale della Diocesi, don Alberto Nicelli, don Filippo Capotorto, don Giancarlo Pregheffi, don Giovanni, don Danilo Gherpelli.
Assemblea di comunicazioni e riflessioni, di commenti e di titubanze, di chiarimenti e di amarezze e di dubbi. Ma anche di ringraziamenti per tutti, “da suor Nazzarena a suor Eleonora, dalla prima all’ultima comprendendo tutte coloro che ci sono state ‘in mezzo’”, e di presa d’atto che, alla fine… “o così o Pomì”…
I fratelli della congregazione delle case della carità hanno fatto questa proposta al vicariato: il mantenimento della casa con questa, diciamo, variazione, che si rende necessaria dal calo delle vocazioni. E’ accaduto lo stesso a Cella e a Castellarano. E l’esperienza che viene riportata dice che questo nuovo canale può permettere il proseguimento di questa esperienza nata, come noto, dalla caparbia volontà del parroco di allora don Trentino Simonazzi. L’alternativa è la chiusura completa… Ma su questo non ci si sofferma, è un “non detto” implicito, lo si sa. Alla fine, dopo tante richieste le più disparate, che tradiscono un ovvio senso di timore e smarrimento, soprattutto pensando agli ospiti, ci si lascia con la volontà di provarci.
Ora nella casa sono alloggiate sette persone, tutte donne. Dopo Pasqua arriveranno due signore, che per sei mesi assicureranno la continuità dell’assistenza “da casa della carità”; poi per altri tre mesi faranno nuovamente capolino le suore (ma si tratterà di presenza oramai solamente temporanea). Rimane al momento da “coprire” l’ultimo trimestre per completare l’anno. E per tirare quindi le prime conclusioni della sperimentazione. Assicura don Filippo che tale organizzazione rimarrà a tutti gli effetti entro il “perimetro” case delle carità.
Bisogna tirarsi su le maniche. E la Provvidenza non mancherà di rimboccarsi le sue.
Chapeau!
(Ivano Pioppi)