"La giunta regionale si attivi per frenare e invertire il fenomeno dello spopolamento delle aree montane che sta creando un 'comprensibile e diffuso allarme sociale'”.
Lo chiede Tommaso Foti (Fdi-An) in un’interrogazione, in cui segnala che “dal 1951 la montagna è vittima di abbandono”, con una “vistosa eccezione in due regioni, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta”, dove, al contrario di quanto accade altrove, “negli ultimi 60 anni si è registrata addirittura una crescita della popolazione, anche in valori assoluti, in Trentino-Alto Adige del 41% e in Valle d’Aosta del 36%”.
Il consigliere riferisce che “i motivi dell'abbandono sono noti da tempo: le zone montane, infatti, non offrono lavoro e possibilità di sviluppo” e le “difficoltà di carattere sociale le pongono ben al di sotto dello standard tipico di una moderna società”. “Oggettivamente –aggiunge - l'unica risorsa sfruttabile è il turismo, che richiede, tuttavia, un complesso di infrastrutture eccessivamente oneroso per queste piccole realtà”, mentre “i posti di lavoro che si creerebbero non sarebbero comunque sufficienti a coprire la domanda”.
Di conseguenza, - evidenzia il consigliere - si determina “una situazione di stallo in cui né le amministrazioni, né i privati si azzardano a creare qualcosa per il futuro, per il timore di non ricevere riscontro economico dall'investimento” e “vivere di pastorizia e di agricoltura oggi non è più sufficiente”.
Sono “dati di fatto, questi, che - a parere di Foti - inducono a ritenere che presto le piccole realtà della montagna saranno abbandonate al degrado e alla forza della natura, con conseguenze umane, sociali, territoriali che non possono non creare preoccupazione”.
Si vuole chiudere il recinto quando i buoi sono fuggiti, io sono un abitante del chinale dalla nascita, ma anno dopo anno la situazione è sempre stata un calo generale di persone, lavoro e possibilità per poter continuare a vivere tranquillamente questi posti incantevoli. Ora mi trovo a malincuore costretto per tanti motivi, e avendoci riflettuto a lungo, a trasferirmi più a valle con tutta la mia famiglia, bisognava intervenire finchè si era in tempo, ora che la situazione ha raggiunto un tracollo demografico ed economico è troppo tardi, non si potrà mai più recuperare appieno ciò che esisteva.
(Anonimo)
Parole, ma all’atto pratico cosa si fa?
(Riki)
…c’è chi prova con un logo.
(mv)
Tutti credono, molto ingenuamente, che importare gente da altre parti del mondo per sostituire i montanari che col cuore in mano devono andare in pianura per lavorare, possa servire perché la montagna non muoia: ma è l’esatto opposto! Servono, come già fatto notare, delle serie politiche che riportino il lavoro e la gente della montagna nei posti che spettano loro per diritto di nascita e per tradizione. Potenziare la statale, crearne una nuova e più efficiente – e con essa un’intera struttura di strade – è solo il primo passo, ma permettere a chi deve andare a Reggio per lavorare di tornare a casa in tempi accettabili è il minimo. Come lo è permettere ai mezzi di trasporto di muoversi bene e in tempi competitivi. La SS63 è vecchia e ormai costa più la manutenzione annua che decidere di crearne una versione 2.0 più adatta ai rinnovati bisogni della collettività del Crinale. E’ solo un primo passo che, oltre alla detassazione per le attività produttive della montagna, diviene lo spartiacque tra una buona e una cattiva gestione politica della montagna. Importare altra miseria, ripeto, non serve affatto; anzi…
(Alfione)