Coesione sociale per sfruttare le molteplici risorse a disposizione in Appennino e un “Patto” anche montano per il lavoro. Sono tra le priorità emerse al convegno “Appennino, un nuovo sviluppo per una nuova coesione sociale” organizzato da Cisl Emilia Centrale, Cgil Reggio Emilia e Uil Modena e Reggio a Castelnovo ne' Monti. Gremita la sala municipale. Proprio sul tema della coesione sociale, i saluti di casa sono stati fatti Alberto Zanetti, segretario confederale Uil Reggio Emilia. E’ entrata subito nel vivo Silvia Dalla Porta, della Cgil di Castelnovo, denunciando “situazioni di irregolarità lavorativa, talvolta coperte con l’utilizzo dei voucher, che penalizzano la permanenza dei giovani in Appennino. Ma anche il rischio di soppressione del reparto di ostetricia del Sant’Anna che ha valenza comprensoriale”.
E per far fronte alla lunga serie di chiusure di servizi in Appennino – Giudice di pace, sportello Camera di commercio, Catasto, Inps, uffici postali! - , è stata articolata l’analisi del collega della Cisl Emilia Centrale di Castelnovo ne' Monti, Luca Ferri, che ha posto l’attenzione sul legame persona, lavoro territorio. “Per questo occorre definire priorità di intervento (viabilità, sicurezza idrogeologica, connettività), programmazione (fondi per industria e turismo, programma regionale per la montagna, aree interne e patto per il lavoro) e partecipazione (con il coinvolgimento dei vari attori)”.
“Sono diversi i fronti comuni per i quali, forse mai come ora, si era lavorato assieme” ha ricordato Enrico Bini, presidente dell’Unione dei comuni. “Lo ha dimostrato la soluzione della problematica della ceramica Sadon di Vetto, positivamente conclusa, quindi Terre di Badia su cui si è al lavoro assieme, ma anche – novità ndr – della Ceag di Gatta, che ha preannunciato una serie di iniziative per potere continuare ad operare. Quindi gli strumenti di lavoro, dai fondi per il turismo, alla programmazione del piano rurale, del Gal delle Aree interne “dove siamo i primi a partire. Connettività: entro il 2017 tutte le aree produttive e i locali pubblici saranno collegati con fibra ottica: un investimento di sei milioni di euro”.
“Ci sono gli strumenti per essere nella giusta direzione della coesione sociale auspicata dal moderatore della giornata Pietro Ferrari – ha affermato Giovanni Teneggi, consigliere della Camera di commercio -. Dopo la crisi, ora vivere in Appennino è più difficile di prima: qui dieci posti in meno di lavoro valgono il 100% della tenuta di una valle. Serve una specificità delle soluzioni. Emblematico, in negativo, il sistema Fondo europeo di sviluppo regionale, che prevede soglie di investimenti alle aziende di 250 mila euro nel turismo. Alla Regione chiediamo una fiscalità progressiva per la montagna, che rappresenta il 40% del territorio e contribuisce a dare competitività. Ma facciamo autocritica: abbiamo creato uno scarto generazionale (di due generazioni) che non ha educato i giovani a vivere e lavorare in Appennino”.
Di rilievo la ripresa di un sondaggio camerale: i giovani, interrogati, credono di potere lavorare in Appennino in settori assai diversi rispetto a quanto auspicato dagli adulti: ai primi posti informatica e telecomunicazioni, non il commercio, il turismo o green economy. Da qui l’invito a conoscere di più le lingue, l’informatica, i siti. Ma anche la richiesta, condivisa dalle associazioni, di una normativa per favorire le imprese locali del profit (e non solo il terzo settore).
Roberta Rivi, coordinatrice Area Impresa Cia Reggio Emilia, ha acceso i fari sul comparto agricolo: “in Appennino in 10 anni si è persa il 20% della superficie agricola utilizzata, 1/5 del terreno coltivato. E’ ora questo un territorio molto fragile. Eppure il settore primario può esprimere ancora la sua forza perché qui ci sono 400 imprese agricole, con 200 dipendenti (1 su 2 h un dipendente), impiegati al 90% a produrre 1/5 del Parmigiano Reggiano prodotto in provincia. Sia per la sua necessità di innovazione, ma anche di promozione e commercializzazione in questo campo c’è ancora spazio per i giovani”.
Nelle conclusioni Luigi Gove, segretario Cgil Reggio Emilia, ha ricordato che il Patto per il lavoro, già avviato in Regione, individua percorsi utili messi a sistema tra i diversi assessorati. “Occorre però passare da strumenti quantitativi a strumenti qualitativi: per l’Appennino ciò significa attrattività. Diciamo sì a finanziamenti pubblici a disposizione di chi ha buona progettualità, ma con applicazione dei contratti nazionali di lavoro”.
Silvia Prodi, consigliere regionale, ha portato i saluti dell’assessore Palma Costa: “l’investimento delle risorse contro il dissesto, da parte della Regione, è propedeutico alla tenuta, così come nei servizi. Con la proposta di legge La Banca della Terra, vorremmo destinare i terreni non utilizzati a chi li voglia mettere a reddito. Col Piano forestale vorremmo promuovere lo sfruttamento economico e la tutela dei boschi. Quindi con la Legge 16 sul turismo intendiamo creare un nuovo soggetto per la destinazione turistica che da Piacenza arriverà sino a Reggio, mentre Modena andrà con Bologna. Aggiungiamo temi sulla lotta alla povertà o sulla tenuta della coesione sociale. Col testo unico della legalità si tutelano i lavoratori anche dell’agricoltura”.
William Ballotta, segretario generale Cisl Emilia Centrale ha infine ricordato, anche per la montagna, il valore indiscusso di manifattura e industria. “Se anche a Reggio Emilia saremo capaci di attuare il Patto provinciale per il lavoro, sulla scorta dell’esperienza regionale, allora potremo declinarlo anche per la montagna/e, guardando oltre i vecchi confini provinciali, e quindi pensare a una programmazione del territorio dal basso, condivisa con gli enti. In questo senso il coraggio delle scelte ha premiato sin qui quanto voluto dai cittadini del nuovo comune di Ventasso che hanno saputo mettersi in gioco e, quindi, ripensare al loro futuro”.
Va bene, belle iniziative, sante parole, ma quand’è che calate le tasse a chi fa impresa in montagna? Solo così, credo, si può incentivare l’assunzione di personale e lo sviluppo/nascita di nuove attività. Preciso che sono lavoratore dipendente e non industriale.
(Serb)
Ceag? Un po’ di più… Ma qualche imprenditore che parlasse delle proprie idee/problemi? Ma il Ponte Rosso?, visto che si è parlato di viabilità? Mi fa immenso piacere per gli operai della Sadon, ma nessuno dei politici che hanno riempito le pagine dei giornali, nessuno, ci ha messo un euro per loro; come mai nessuno di loro si è speso per la Infissi design?
(Bacs)
Mi pare che la favella non manchi. Uno dei tantissimi convegni che vengono organizzati.
(Alberto G.)
Molte delle persone che lavorano non hanno il tempo di partecipare a questi convegni indetti in orario lavorativo, io sono uno di questi. Da tempo ribadisco la necessità di dover tener conto delle esigenze e dei bisogni di chi non dispone del proprio tempo a piacimento, specialmente per parlare di problematiche locali. Probabilmente la partecipazione della gente non sarebbe variata di molto, ma qualcuno in più ci sarebbe stato. Ormai la cosa riguarda molti aspetti della vita sociale e credo che si debba tentare di restituire il tempo e la voglia alla gente perché possa impegnarsi, confrontarsi, partecipare, collaborare. La necessità di arrangiarsi da soli ci ha reso diffidenti e sfiduciati e quella di tornare a restituire fiducia alla gente sarebbe la prima sfida da affrontare. I mali del territorio li conosciamo tutti: spopolamento, burocrazia, tassazione, tutti in aumento. Allargando il discorso al nostro Stato, c’è troppa gente che campa sulle spalle di chi lavora e produce e il sistema sta collassando, non regge più. Un tempo, seppur con meno istruzione, meno burocrazia e meno tasse, si sono costruite le strade, le scuole, gli ospedali, tutte quelle cose che ora, nonostante tanti professori e la tassazione alle stelle, non siamo più in grado di conservare e mantenere. Chiediamoci perché.
(Antonio Manini)
Ma quale Ceag…, non si ricordano di quanta ghiaia hanno preso negli anni d’oro nel Secchia e Secchiello con la scusa di sistemare l’alveo del fiume? Bini, invece di caldeggiare i problemi della Ceag e poi andare al rinfresco a Firenze come guest star per inaugurazione di un cantiere seguito proprio da Ceag (cosa molto scorretta per un paladino della legalità) dovrebbe abbassare le tasse a chi investe sul territorio. Questi sono i tavoli dei bla bla bla e basta. E non parliamo dei sindacati…
(Luca)
Bini, ho creduto in lui, ma mi sembra che siano cambiati i suonatori ma la musica sia sempre quella. Mi sembra che i giornali ci vadano a nozze, sempre foto, articoli, convegni inaugurazioni, ma… domanda: il Ponte Rosso? E non tiriamo in ballo che è colpa di qualcun altro.
(Romano Bacci)
Più di una volta, nel corso degli anni, abbiamo sentito di incontri ed iniziative dove si è parlato di “mappe”, “piattaforme”, “percorsi”, quali strumenti volti a proporre o promuovere direttrici e orientamenti nel mondo del lavoro e in campo occupazionale, con particolare riguardo alle nuove generazioni, salvo poi il dover constatare, non infrequentemente, che le cose sono andate in modo diverso da come le si volevano impostare e incanalare, vedi ad esempio i giovani che dicono di prediligere l’informatica e le telecomunicazioni, se non ho inteso male, rispetto a “turismo o green economy”, due settori, questi ultimi, sui quali in parecchi avevano puntato per il rilancio della nostra montagna. Di fronte all’evidenza dei fatti, l’autocritica è sicuramente un atto di responsabilità e come tale merita apprezzamento, ma poi occorre andare avanti e convincersi, proprio sulla base della trascorsa esperienza, che è abbastanza difficile e fors’anche sbagliato voler programmare e pianificare il futuro lavorativo di altri, e occorrerebbe probabilmente un altro e diverso approccio al problema, vedi l’affidarsi allo spontaneismo, ossia alle propensioni, attitudini e vocazioni professionali di ciascuno di noi e limitarsi dunque a sostenerle e facilitarle con agevolazioni varie, a cominciare da quelle fiscali (e non so quanto serva o sia utile lo spronare “al mettersi in gioco e a ripensare al proprio futuro”, visto che ognuno di noi ha il proprio temperamento, del quale andrebbe tenuto conto). Più in generale continuo a pensare che tutti i pezzi della società dovrebbero concorrere a rinvigorire la “cultura del lavoro”, far cioè capire ai nostri giovani la grande importanza, per non dire indispensabilità, che rivestono, in un sistema articolato come il nostro, tutti i mestieri, anche quelli ritenuti meno “prestigiosi” – pur se la rispettiva remunerazione dipenderà poi da fattori come l’impegno richiesto, il livello di preparazione, responsabilità, ecc. – perché i giovani guardano abbastanza spesso, e comprensibilmente, alla legittimazione sociale di cui gode il lavoro che vorrebbero svolgere.
(P.B.)
Se alla Ceag è allarme lavoro per le imprese artigiane della montagna quale espressione si potrebbe usare? Sono state completamente abbandonate, non hanno singolarmente i numeri perché qualche politico si interessi seriamente e in modo concreto a loro!
(Luana)