Si è svolta l'altro ieri, venerdì, nel pomeriggio dalle 14 alle 18,30, all’Hotel Quirinale nel centro storico di Roma, la prima "Assemblea dei comitati italiani a difesa della sanità pubblica”, a cui ha partecipato anche il nostrano comitato “Salviamo Le Cicogne”, che da aprile dello scorso anno, come noto, si sta battendo per la salvaguardia dell’ospedale Sant’Anna di Castelnovo ne' Monti e in particolare del reparto di ostetricia.
Erano presenti le delegazioni di oltre 100 comitati, provenienti da tutte le parti d’Italia, dal Friuli alla Sicilia, per coordinarsi su una battaglia comune nazionale sul tema “sanità pubblica equa e solidale con i bisogni dei cittadini” e per i presidi delle aree disagiate, montane e insulari.
Tutto è partito da 13 comitati di 8 regioni diverse, che, riconosciutisi nelle stesse battaglie a difesa dei propri ospedali di riferimento che stanno venendo “lentamente svuotati e smantellati”, hanno avuto l’idea di incontrarsi per confrontarsi e avviare una collaborazione. Obiettivo: creare un “coordinamento nazionale dei comitati” e organizzare in autunno una manifestazione nazionale a Roma e altre iniziative future, affinché i media “si occupino finalmente del diritto alla salute negato a milioni di cittadini” e per chiedere ai politici che “venga tutelata la salute e l’accesso alle prestazioni con la stessa qualità in tutte le Regioni d’Italia”.
L’incontro come detto si è aperto alle 14,30, dopo la registrazione dei partecipanti, con la presentazione dei singoli comitati. Si è poi passati alla lettura di un documento comune, ancora in via di elaborazione, per chiedere “l’approvazione di uno specifico regolamento esplicativo del regolamento sugli standard ospedalieri approvato con decreto del Ministero della sanità n. 70 del 2 aprile 2015 per le aree particolarmente disagiate ed anche un regolamento sui servizi territoriali in aree disagiate, viste le continue e pericolose sperimentazioni in atto tese a sminuire nei fatti anche i punti fermi sanciti dall’attuale regolamento con previsione di servizi largamente inferiori e non in linea con lo standard oggi normativo, che costituiscono una pericolosa violazione dell’art. 32 della Costituzione e sanciscono la non uguaglianza dei diritti e doveri dei cittadini in sanità nelle aree disagiate, montane ed insulari, non in linea con quelli dei cittadini del resto del Paese”.
È seguito un dibattito sul riordino della sanità e le problematiche ad esso connesse. “Dal dibattito è emerso un modello di gestione della sanità pubblica che va verso lo smantellamento del pubblico a favore della privatizzazione di stile americano – afferma Agnese Lazzari, del comitato “Salviamo le cicogne” –. Inoltre abbiamo ascoltato le testimonianze dei comitati degli ospedali che hanno già chiuso: tutti sono partiti dal punto nascite, primo tassello di un puzzle, per poi veder venir meno anche gli altri reparti. Questo ci preoccupa”.
Nadia Vassallo, eletta tra i membri del direttivo del “Coordinamento nazionale”, commenta: “Siamo contentissime di aver partecipato e di poter collaborare con gli altri comitati per iniziative a livello nazionale. Solo creando un movimento unitario si può portare avanti questa battaglia nell’interesse del cittadino e raggiungere dei risultati”.
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Aggiornamento
Pubblichiamo un documento proveniente sempre dal gruppo "Salviamo le cicogne".
DIRETTIVO NAZIONALE DEI COMITATI
PER LA TUTELA DELLA SALUTE NELLE AREE DISAGIATE, INSULARI E PERIFERICHE D’ITALIA
COMUNICATO STAMPA N. 1
Il giorno 22 luglio 2016, presso l’Hotel Quirinale di Roma si è tenuta la prima Assemblea Nazionale dei Comitati per la tutela della Salute nelle Aree disagiate, insulari e periferiche d’Italia, per un confronto comune, la condivisione del percorso, la creazione di un Direttivo Nazionale dei Comitati di settore, la promozione di iniziative Nazionali di tutela della Salute nelle aree periferiche e disagiate d’Italia, l’organizzazione di eventi che richiamino l’attenzione di Governo, Parlamento e Regioni sulle politiche sanitarie oggi in atto che penalizzano fortemente queste aree deboli del paese e non assicurano la tutela della Salute e l’uguale diritto di accesso alle cure rispetto al restante territorio della Repubblica. All’iniziativa hanno aderito circa 140 comitati, che sono stati rappresentati nell’assemblea, delle regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo/Molise, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna. Ha aperto i lavori Don Francesco Martino, a nome del Comitato Organizzatore firmatario del Documento di Volterra del 12 marzo 2016[1], precisando che “Scopo dell’ incontro … è la difesa della sanità pubblica in tutte le aree disagiate e svantaggiate d’Italia per la garanzia effettiva, reale e concreta del diritto alla salute, sancito dall’art.32 della Costituzione in linea di principio, che sta rischiando seriamente di rimanere soltanto un nobile principio sulla carta. …Siamo assolutamente per la garanzia nei nostri territori di una vera ed efficace sanità pubblica che assicuri veramente con servizi veri e funzionali questo diritto, ed è per questo motivo che un gruppo di noi abbiano già, in una dichiarazione comune presentata a Volterra il 12 marzo, cominciato a chiedere con forza al Governo, alle Regioni, a tutti gli attori coinvolti che quanto di oscuro a livello sanitario previsto nel Decreto 70 del 2015 per le Aree Particolarmente Disagiate sia precisato da un chiaro regolamento per la sanità ospedaliera e quella territoriale che puntualizzi con chiarezza la presenza di servizi veri, efficaci, garantiti, funzionali e veramente garanti dei LEA nei nostri territori, sia riguardo l’emergenza/urgenza, che il percorso nascita, la tutela della salute materno/infantile, la lungodegenza, i servizi territoriali di supporto come l’ADI ed altro ancora. Vogliamo accettare la sfida della riorganizzazione sanitaria proposta dal Decreto n. 70, ma non crediamo ad un’azione puramente di contenimento della spesa di natura economica; siamo d’accordo nella razionalizzazione del sistema che elimini doppioni e sprechi, ma crediamo che la vera economia sanitaria che assicuri il diritto alla salute sia una conseguenza di una organizzazione di veri e concreti servizi sanitari che garantiscano con sicurezza l’emergenza/urgenza, l’effettiva tutela della salute e l’accesso alle prestazioni con lo stesso livello di qualità in tutte le zone d’Italia. Crediamo che l’ottica del risparmio, perseguita oggi dalle Regioni nel pubblico, finalizzata a puri tagli a volte lineari produca servizi precari e carenti, generando insicurezza, paura sociale, mettendo in pericolo la salute delle persone, facendo fallire proprio la mission del Sistema Sanitario Pubblico, e aprendo di fatto le porte ad un mercato privato della salute che fa profitti sulla pelle dei poveri cittadini ma non assicura realmente la cura della persona se non a chi è più forte e a prezzi onerosissimi. Per questo motivo vogliamo richiamare Governo, Parlamento e Regioni alle loro responsabilità di tutela della salute pubblica per l’uguaglianza di tutti i cittadini della Repubblica come uomini e donne appartenenti e fondanti questo stato, e vogliamo farlo attraverso una grande manifestazione pubblica nel prossimo autunno qui a Roma”.
E’ stata quindi data la parola ad ogni Comitato o gruppi di comitati che hanno chiesto di intervenire, consentendo loro di presentarsi e delineare brevemente le problematiche di tutela della salute oggetto della loro azione territoriale. E’ emerso un quadro singolarmente comune in tutto il panorama della penisola che ha messo in luce la gravità e la pericolosità di una riorganizzazione sanitaria che rischia di compromettere l’efficienza ed efficacia dell’intero Sistema Sanitario pubblico in materia di garanzia dell’emergenza/urgenza, dell’accesso alle prestazioni, del diritto di cura, della reale erogazione concreta dei servizi sanitari adeguati alla fragilità persona bisognosa di assistenza. Si è condivisa la necessità di un’azione robusta per correggere le attuali derive del Sistema Sanitario Pubblico intervenendo su Governo, Parlamento e Regioni e per salvare il sistema stesso, che sembra orientato verso una strisciante ed occulta privatizzazione dei servizi, rimettendo in primo luogo l’assistenza sanitaria al cittadino al centro come base di partenza per ogni discorso economico di razionalizzazione. Nella seconda parte dell’incontro è stata data lettura del Documento di Volterra [2] ed è iniziata la discussione sugli aspetti che dovranno essere necessariamente materia di confronto con le istituzioni, il Governo, il Parlamento e le Regioni. Una prima forte richiesta è stata quella di intervenire affinché il Decreto, già firmato dal Ministro della Salute Lorenzin, dell’11 novembre 2016, che tutela i punti nascita sotto i 500 parti annui, sia al più presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per garantire un diritto disatteso o ignorato da molte Regioni e si chiarisca la normatività al posto della facoltà per queste in materia di applicazione per le aree particolarmente disagiate; si è adottato a maggioranza come testo base di lavoro per arrivare ad un documento definitivo su cui chiedere il confronto istituzionale la Dichiarazione di Volterra del 12 marzo 2012; si è proposto di prevedere il diritto di controllo da parte delle comunità locali e dei Sindaci nella programmazione sanitaria con la creazione di organismi territoriali di più piccola dimensione legati alle specifiche aree territoriali in luogo delle farraginose Conferenze dei Sindaci delle ASL, di porre attenzione prima di delegare funzioni HUB o SPOKE alle strutture private al coinvolgimento nelle emergenze/urgenze di settore le università e i presidi pubblici che diano però garanzie adeguate; di ripensare in senso di prossimità l’Area e i servizi pediatrici nelle aree disagiate collegandoli ai centri Hub o Spoke per la rotazione del personale; elaborare piani sanitari basati prevalentemente sulle indagini epidemiologiche e spalmati nell’arco di verifiche ventennali; di riportare la competenza sanitaria totalmente in mano allo Stato facendo marcia indietro sulla regionalizzazione voluta dal Titolo V; di prevedere la non possibilità di chiusura degli Ospedali di Area Particolarmente Disagiata in area sismica e il taglio dei servizi sanitari nelle aree a forte vocazione turistica del paese per impedire anche il crollo di questa risorsa vitale per tanti piccoli borghi d’Italia; ripensare seriamente le convenzioni spesso con nessun vantaggio economico con strutture private determinando la chiusura di quelle pubbliche che erogano con adeguatezza gli stessi servizi; si è proposto l’abolizione dell’intramoenia per i medici e l’opzione esclusiva per il pubblico individuando altre modalità che veramente azzerino le liste di attesa; si è chiesto che esplicitamente si preveda la non applicabilità alle strutture sanitarie in Area Particolarmente Disagiata, in quanto già garantite dall’eccezione normativa, dei commi 524 e 525 della Legge 28 dicembre 2015 n.208 e di conseguenza gli effetti del Decreto del Ministero della Sanità del 21 giugno 2016. L’Assemblea ha quindi dato mandato al Comitato Direttivo di recepire questi suggerimenti nel testo base e il mandato di aprire la procedura di emendamento dello stesso con il confronto con tutti i comitati aderenti, per arrivare ad un testo unico sottoscritto e condiviso entro settembre. Ha quindi deliberato di indire per MARTEDI’ 20 SETTEMBRE 2016 sotto il MINISTERO DELLA SANITA’ a ROMA una grande manifestazione per la tutela della SALUTE NELLE AREE DISAGIATE, PERIFERICHE ed INSULARI DI ITALIA, preparata da due riunioni organizzative per il Centro Nord in Toscana e per il Centro Sud a Praia a Mare il 10 settembre 2016; ha approvato la proposta di costituzione di un gruppo tecnico di supporto ai comitati per l’elaborazione di proposte sanitarie, e al termine dei lavori ha eletto il DIRETTIVO NAZIONALE dei COMITATI PER LA TUTELA DELLA SALUTE NELLE AREE PERIFERICHE, DISAGIATE ED INSULARI D’ITALIA, così composto:
VALERIO BOBINI (CREST- Toscana)
EVA GIULIANI (CREST – Toscana)
CARLOTTA BALZANI ( Comitato Salute Casentinese – Toscana)
EMANUELA CIONI ( Ospedale Costa, Porretta Terme – Emilia Romagna)
VASSALLO NADIA (Salviamo Le Cicogna – Reggio Emilia – Emilia Romagna)
SIMONA BARBINI (Comitato per la Difesa e la Tutela dell’Ospedale Bartolomeo Eustachio – San Severino – Marche)
MONICA FERRAGOTTO ( Gruppo Cicogna – Gemona del Friuli – Friuli Venezia Giulia)
ENRICA SCIULLO (Il Cittadino C’è – Agnone – Molise)
SCOTTI VALERIO (Comitato Diritto di Cura – Agropoli (SA) – Campania)
ANTONELLO MADIA ( Comitato Pro Ospedale del Reventino – Cosenza – Calabria)
ANGELO LA ROSA (Comitato Cittadino di Giarre – Sicilia)
STAFF TECNICO:
GINO DOMENICO SPOLITU, Responsabile Organizzazione Eventi
Avv. MARCO MASSEI, Consulente Legale – San Severino Marche
SEGRETERIA :
DON FRANCESCO MARTINO
FLAVIO CECCARELLI
Alle ore 18.30 la riunione si è chiusa.
LA SEGRETERIA
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ALLEGATO 1
Dichiarazione comune dei Comitati dei cittadini per la tutela della salute nelle aree periferiche disagiate della Toscana, dell’Emilia Romagna, delle Marche, dell’Abruzzo Molise e della Calabria.
Noi, sottoscritti rappresentanti dei Comitati dei cittadini per la tutela della salute nelle aree periferiche e disagiate della Toscana, dell’Emilia Romagna, delle Marche, dell’Abruzzo Molise e della Calabria, riuniti oggi 12 marzo 2016 a Volterra, rivolgiamo la presente petizione ufficiale al Governo, alle Commissioni Sanità di Camera e Senato, ai Parlamentari delle nostre Regioni, ai Ministeri della Salute e dell’Economia, ai Presidenti e agli Assessori Regionali alla Sanità, nonché ai Consigli Regionali delle Regioni da noi rappresentate per chiedere la stesura e l’approvazione di uno specifico Regolamento esplicativo del Regolamento sugli standard ospedalieri approvato con Decreto Ministero della Sanità n. 70 del 2 aprile 2015 per le Aree Particolarmente Disagiate ed anche un Regolamento sui Servizi Territoriali in Aree Disagiate, viste le continue e pericolose sperimentazioni in atto tese a sminuire nei fatti anche i punti fermi sanciti dall’attuale regolamento con previsione di servizi largamente inferiori e non in linea con lo standard oggi normativo, che costituiscono una pericolosa violazione dell’art.32 della Costituzione e sanciscono la non uguaglianza dei diritti e doveri dei cittadini in Sanità nelle aree disagiate, montane ed insulari non in linea con quelli dei cittadini del resto della Nazione.
In modo particolare e puntuale, chiediamo che in tale Regolamento Esplicativo sia espressamente previsto, per le Aree Particolarmente Disagiate:
a) La chiarificazione per il Riconoscimento di Area Disagiata della distanza media dei comuni dell’area dal centro Hub o Spoke di riferimento di 60 minuti, l’essere comuni con altitudine media superiore a 700 metri o situati in piccole isole, la presenza di condizioni di viabilità disagevole, l’avversità di condizioni metereologiche, la bassa densità abitativa con dispersione territoriale;
b) La chiarificazione che il Pronto Soccorso di Area Disagiata è un vero pronto soccorso di base con posti di OBI di almeno 3/6 ore, con personale medico dedicato di specialità previsto dal DM 30/01/1998 (Medicina e Chirurgia di Accettazione e d’Urgenza), con supporto di Chirurgia Generale e Anestesiologica H24 assicurate con personale in rotazione collegato all’HUB/SPOKE di riferimento, e di Medicina Generale, assicurata dal personale del reparto previsto di 20 posti letto, con possibilità di appoggio fino al 70% dei posti letto per i pazienti chirurgici trattati in emergenza/urgenza non dimissibili in giornata, con possibilità di chirurgia di elezione in Day e Week surgery, con presenza H24 di laboratorio analisi di base, Radiologia con lettura degli esami a distanza, Emoteca.
a) Qualora nell’Area Disagiata, così individuata, vi sia la presenza di un Punto Nascite di primo livello con un numero inferiore a 500 parti annui, data la particolare condizione di disagio dell’Area così individuata, si sancisce la permanenza dello stesso, collocato nell’Ospedale di Area Particolarmente Disagiata, con personale ostetrico, medico ginecologico e pediatrico in rotazione collegato all’HUB/SPOKE di riferimento, per il necessario aggiornamento e il mantenimento della professionalità del personale, onde assicurare tutte le garanzie, gli standard di qualità e sicurezza previsti per un punto nascite di 500 parti annui, oltre a prevedere il Servizio di Trasporto Assistito Materno (STAM) presso il Pronto Soccorso di Area Particolarmente Disagiata, in modo da garantire quanto previsto dal Decreto del Ministero della Salute dell’ 11 novembre 2015, il quale, in deroga a quanto previsto dall'Accordo Stato-Regioni del 2010, consente di mantenere in attività i punti nascita delle aree montane e disagiate che non raggiungono il tetto dei 500 parti annui, purché vengano mantenuti standard di qualità e sicurezza. Il Decreto stabilisce che siano le Regioni ad avanzare al Ministero della Salute la richiesta sul mantenimento dei punti nascita, ed affida al Comitato percorso nascita nazionale il compito di esprimere, entro 90 giorni, un parere motivato.
b) Prevedere, verificata in modo particolare la situazione epidemiologica della popolazione e la sua anzianità media, la presenza aggiuntiva in detti presidi di posti ospedalieri di post acuzie di Lungodegenza Ospedaliera (cod.60) e di Recupero e Rieducazione Funzionale di primo livello (cod.56). Le due tipologie sono previste possibili negli Ospedali di Area Particolarmente Disagiata in considerazione della condizione di disagio per le famiglie dell’area disagiata di assistere i propri cari in realtà molto distanti dai comuni di residenza. Questo in quanto il ruolo del reparto di lungodegenza è quello di trattare pazienti provenienti dai reparti per acuti, particolarmente complessi, ancora instabili da un punto di vista clinico che necessitano ancora di cure e trattamenti intensivi appropriati al fine di una stabilizzazione e/o miglioramento clinico-funzionale e tratta solo pazienti, che necessitano di assistenza infermieristica 24 ore su 24, trasferiti dai reparti per acuzie dell’area ospedaliera di riferimento con la quale si opera in stretto collegamento funzionale/operativo (multidisciplinarietà del trattamento). Tali posti letto possono essere collegati al reparto previsto di Medicina Generale anche attraverso l’organizzazione interna del presidio ospedaliero. La responsabilità settore, infatti, è in capo ad un medico con specialità di area medica. Per quello che concerne gli eventuali posti di Recupero e Rieducazione Funzionale di primo livello, tali attività interessano pazienti con disabilità di entità rilevante, nell’immediata post-acuzie, croniche o in fase di stabilizzazione che richiedono un intervento riabilitativo non complesso, né intensivo, ma protratto nel tempo, nonché pazienti con disabilità croniche stabilizzate di entità contenuta per le quali possono essere necessari interventi riabilitativi, di mantenimento o di prevenzione del degrado motorio-funzionale acquisito, non realizzabili in modo appropriato all’interno del setting complessivo; il trasferimento dal setting ospedaliero a quello territoriale spesso trova ostacoli in quanto alcuni pazienti presentano costi particolarmente rilevanti ad esempio per terapia oncologica o antibiotici di ultima generazione. E' necessario che queste terapie rimangano a carico del SSN indipendentemente dal livello assistenziale assegnato al paziente (ospedaliero / territoriale); anche in questo caso è possibile garantire tali posti con il collegamento al reparto di Medicina Generale previsto dall’organizzazione interna del Presidio di Area Particolarmente Disagiata.
c) Per la tutela materno infantile del percorso nascita, è opportuno prevedere, qualora il numero delle partorienti annue dell’area ≥ 50 casi, presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Area Disagiata in collaborazione con il 118, il servizio di emergenza STAM (Servizio di Trasposto Assistito Materno con bimbo in utero) con ambulanza attrezzata per l’occorrenza e pronta disponibilità ostetrico/ginecologica assicurata dal centro HUB di riferimento.
A livello di organizzazione territoriale, si ravvisa la necessità di un regolamento esplicativo, che preveda esplicitamente:
d) Relativamente alla Rete dell’Emergenza/urgenza, la possibilità di deroga ai punti 118 con Mezzo di Soccorso Avanzato (MSA) e medico a bordo per le aree disagiate che assicuri l’integrale copertura del territorio;
e) La presenza presso i Presidi di Assistenza Territoriale (PTA)/Case della Salute/Ospedali di Area Disagiata del Pediatra di Libera Scelta (PLS) anche con copertura in pronta disponibilità H24, in raccordo con i Pronto Soccorso di Area Disagiata, i Punti di Primo Intervento e i Servizi 118 ivi presenti, per la gestione efficace dell’emergenza/urgenza pediatrica.
f) La previsione esplicita che i Punti di Primo Intervento (PPI) sono affidati ad un organico medico dedicato nelle 12 ore diurne e al Servizio 118 nelle restanti 12 ore notturne per la gestione dei codici bianchi e verdi, nonché presso le strutture in riconversione per garantire d’intesa con il 118 l’immediato trasferimento presso i pronto soccorsi ospedalieri di riferimento dei pazienti ivi ricoverati o in Lungodegenza Ospedaliera e Recupero e Riabilitazione Funzionale di 1 livello, o dei posti letto territoriali ivi presenti;
g) Il servizio Assistenza Domiciliare Infermieristica (ADI) H12 con copertura di tutto il territorio di riferimento dell’Area Disagiata;
h) La possibilità di una rete di punti di prelievo dei Presidi Territoriali di Assistenza (PTA)/Case della Salute/Strutture in riconversione collegata con il Laboratorio Analisi dell’Ospedale di Area Disagiata di riferimento, raggiungibile entro i 60 minuti.
i) La possibilità degli esterni di avvalersi del laboratorio analisi di Base dell’Ospedale di Area Disagiata.
Crediamo che queste cose, estremamente concrete e di un’evidenza chiara, siano perfettamente in linea con le linee guida del Piano sanitario nazionale 2015–2018 e contribuiscano chiaramente ad assicurare il benchmark dell’Assistenza Sanitaria nelle Aree Disagiate, migliorando notevolmente la qualità della salute dei cittadini viventi in queste aree.
Ma il famoso decreto Lorenzin tanto sbandierato l’autunno scorso e che doveva permettere nelle zone di montagna di andare in deroga per i punti nascita, che fine ha fatto? Finito in un cassetto e mai pubblicato?
(Anto)
Mi auguro che il dibattito abbia coinvolto anche la ricerca delle cause di questa situazione. Da dove arriva questa tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici? I trattati europei (Maastricht in particolare) stabiliscono che in Europa deve instaurarsi progressivamente una “economia di mercato fortemente competitiva”. Le privatizzazioni sono un passaggio essenziale, nell’ambito del liberismo internazionale che ha preso piede a partire dagli anni ’70. Purtroppo, come afferma anche di recente il Fondo Monetario Internazionale, il liberismo crea disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, mentre il ruolo dello Stato sociale è proprio quello di ridistribuire i redditi secondo le scelte politiche che ogni Stato decide di attuare. Quindi, se questo stato di cose non ci sta bene, sta a noi scegliere da che parte stare: con il liberismo economico internazionale dei trattati europei, oppure con i diritti garantiti dallo Stato sociale e stabiliti nella Costituzione.
(Commento firmato)
È una questione di equità. Se un euro in tasse pagato a Succiso è uguale all’euro pagato a Reggio, anche i servizi devono essere gli stessi.
(W. Orlandi)
Un immenso grazie al comitato “Salviamo le Cicogne” che sta svolgendo da tempo un lavoro importantissimo per il punto nascita del nostro ospedale S. Anna. Stanno lavorando per tutti noi!
(Mariola Piazzi)