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“Io, frate, vi dico che il nostro chiostro è il mondo”

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Padre Volpe (4)
Padre Lorenzo Volpe

Presenza silenziosa e irrinunciabile dal Cinquecento a Reggio, i Frati Cappuccini sono quanto resta di una storia di monachesimo cui l’Appennino deve molto. Si caratterizzano per la loro presenza tradizionale come predicatori popolari nelle diverse parrocchie e “da sempre come confessori ricercati in quanto "frati dalla manica larga”, Così, a Redacon, uno dei Cappuccini predicatori più noti, Padre Lorenzo Volpe. Originario della Valle d'Aosta, ma da più di 30 anni vive in Emilia. “Il mio compito in questo momento – spiega - è quello della evangelizzazione cioè di mettermi a disposizione delle parrocchie o di gruppi e associazioni per l'annuncio del vangelo e per l'amministrazione dei sacramenti, prima di tutto nella nostra regione”. Poi, via via, il suo impegno è cresciuto ed è richiesto anche in campo nazionale. Al Sud sono ormai celebri le sue prediche in chiese gremite di fedeli.

Avete un ruolo ancora attuale?

“Il ruolo dei Frati oggi nel mondo è quello di testimoniare il Vangelo vivendo in fraternità e semplicità con lo stile di San Francesco e dedicandoci in particolare al servizio e all'evangelizzazione delle persone più umili. Tutto questo si potrebbe riassumere in 3 parole: preghiera, vita fraterna, carità”.

Perché della sua scelta nei frati?

“Ho scelto di diventare frate e non sacerdote diocesano attratto dalla semplicità di vita dei Cappuccini e dalla vita comunitaria oltre che dal fascino della figura di San Francesco. Il voto di povertà al contrario di quello che si può pensare è forse quello più apprezzato dai giovani di oggi. Infatti una delle cose che i giovani e la società di oggi condannano è la ricchezza della Chiesa. Si sceglie di essere poveri per potere essere maggiormente liberi per servire Dio e i fratelli”.

Come si svolge la vostra giornata?

Padre Volpe (3)“Alle 6,30 abbiamo l’alzata, alle ore 7 preghiera di Lodi, alle ore 7,30 S. Messa comunitaria, alle 8,15 la colazione, alle 9 studio o lavoro, alle 12,30 ora media, alle 12,45 pranzo e riposo pomeridiano. Riprendiamo l’attività alle 15 con confessioni, studio, lavoro… Alle 18 il S. Rosario cui segue la meditazione, alle 19 i Vespri, alle 19,30 la cena e la serata in fraternità”.

 

Una vita complessa e articolata…

“La vita con i confratelli è piacevole in quanto è un continuo scambio di esperienze tra giovani e anziani anche se talvolta età diverse, formazione ed estrazione diverse causano qualche difficoltà. Ciò che ci aiuta a superare ogni difficoltà è la comune fede in Gesù nostro Signore e l'esempio di San Francesco, nostro costante punto di riferimento”.

Quali i momenti più difficili?

“Nella vita di un religioso si incontrano durante la formazione e quando i superiori stabiliscono i trasferimenti, spesso necessari, ma non sempre condivisi. La fede poi aiuta a superare tutto”.

Avete tempo libero?

“In ogni giornata ogni frate ha un po' di tempo libero per sé: per la preghiera personale, per leggere, per fare una passeggiata o altro. Inoltre, durante l'anno oltre al corso di esercizi spirituali, ogni frate ha diritto a un periodo di 15 giorni di vacanza che in genere trascorre o presso la propria famiglia di origine o in qualche convento dell'Ordine situato in qualche località di mare o di montagna”.

Al monachesimo si deve molto per la cultura contemporanea…

“Sì. Dopo la caduta dell'Impero romano d'occidente e la discesa dei barbari, i Monaci sono stati un faro di luce e di cultura nelle nostre terre. La maggioranza degli scritti che noi possediamo degli antichi autori greci e latini sono stati ricopiati dai monaci amanuensi”.

In Appennino il monachesimo ha lasciato tracce ancora attuali. Come lo Statuto di Vallisnera, antecedente alla Magna Charta, abbazie, la pergamena che dimostra che qui si produceva il primo Formadìo

“L'opera di evangelizzazione delle campagne e della montagna è stata quasi tutta opera del mondo monastico. La fondazione delle prime scuole è sempre stato appannaggio di monasteri e abbazie. Dopo la discesa delle orde barbariche e il relativo ‘rinselvatichimento’ della popolazione coloro che hanno reinsegnato a coltivare la terra alla gente e hanno bonificato monti e paludi sono stati i monaci. Non dimentichiamo poi, che fin quasi all'Unità d'Italia la maggioranza delle opere sociali: scuole, ospedali, ricoveri, ospizi, collegi, orfanotrofi… erano gestiti dal mondo monastico o comunque dalla Chiesa. E se è vero che monasteri e abbazie arrivarono ad avere delle grandissime proprietà frutto di tante donazioni, esse servivano a mantenere tutte quelle opere sociali che abbiamo appena enumerato e che non godevano di nessun sostegno pubblico”.

Dall’Appennino ora, però, mancate…

“Certo sarebbe bello un ritorno di una Comunità religiosa nell'appennino reggiano. La prima cosa è desiderarlo. Cercare di conoscere un po' meglio l'essenza della vita religiosa e la sua spiritualità senza cercarne esclusivamente i servizi. Occorre iniziare a preparare il terreno. Nel frattempo si può cercare di tenere viva la presenza di diversi ordini religiosi invitandoli con una certa regolarità a dei cicli di predicazioni nelle parrocchie: ritiri, tridui, quarantore, esercizi spirituali, novene, catechesi…”

Dopo otto secoli in cosa sentite attuale del messaggio originale di San Francesco?

“San Francesco rimane un costante punto di riferimento per noi frati che ogni giorno ci interroghiamo: cosa farebbe San Francesco in questa situazione? Cerchiamo di dare la risposta più coerente. Credo che anche Papa Francesco sia su questa linea e mi sembra che anche se con un certo sforzo tutta la Chiesa si stia allineando”.

Quale il valore della vita monastica? E quale il messaggio per i giovani?

“La nostra società senza la presenza della vita religiosa o monastica sarebbe come un corpo senza un anima. I giovani si avvicinano sempre meno a una certa religiosità tradizionale sono però in ricerca di spiritualità, desiderano fare delle esperienze forti e autentiche di preghiera e di vita religiosa comunitaria: per noi frati occorre saperli accogliere e non deludere”.

Ma intanto le vocazioni non aumentano…

“Il calo delle vocazioni purtroppo c'è per tutti, è legato soprattutto al calo dei valori e alla incapacità da parte di molti giovani di fare delle scelte di vita definitive. Speriamo ci sia una inversione di tendenza”.

A volte si cercano i conventi per… staccare la spina dallo stress della modernità.

“In Italia ci sono diversi luoghi di spiritualità che accolgono persone desiderose di un tempo di pace, di riflessione e di preghiera. Come non ricordare alcuni di questi luoghi più significativi: Assisi, La Verna, Camaldoli . Nel nostro piccolo anche noi Frati Cappuccini dell'Emilia organizziamo delle giornate di ritiro presso i nostri conventi e delle Settimane ad Assisi per giovani. Io stesso sto organizzando una settimana Francescana. L’invito è a provare…”

Ma la nostra società si chiude sempre di più…

“In una società che tende a chiudersi, come dimostrano il caso recente della Brexit, credo che noi cattolici ci dobbiamo aprire ricordando la frase di San Francesco a Madonna povertà: ‘il nostro chiostro è il mondo’”.

Osservate con attenzione il mondo che vi circonda. Avrete notato la recrudescenza di una illegalità diffusa anche nella tranquilla Reggio…

“Personalmente non mi meraviglia che la mafia sia giunta a Reggio, negli ultimi decenni abbiamo assistito all'arrivo di migliaia di famiglie provenienti dal meridione per ragioni di lavoro, ora in uno spostamento così massiccio di popolazione non si può pretendere che vi siano solo elementi scelti o come si sarebbe detto un tempo degli ‘stinchi di santo’, è ovvio che c'è un po' di tutto e probabilmente in alcuni è presente anche il fenomeno mafioso”.

Spesso il mafioso è uomo di fede…

“Questo è ciò che ci sconcerta: molti di questi mafiosi più conosciuti vengono presentati come delle persone molto religiose. Ma io mi pongo la domanda: religiose o cristiane ? La religiosità è un fattore naturale che conoscono tutti i popoli della terra, dai più primitivi a quelli più evoluti, altro è la vera fede in Gesù Cristo salvatore, liberatore e redentore dell'uomo, che però implica tutto un cammino di conversione da parte dell'uomo. Molti cristiani e tra questi forse anche i mafiosi sono fermi a una religiosità epidermica "verniciata" da alcune devozioni cristiane, ma che non hanno nulla a che vedere con la vera fede in Gesù Cristo e con il suo messaggio di salvezza. Su questo punto la Chiesa si deve impegnare con ulteriore impegno in una maggiore catechesi e evangelizzazione.

Come i Cappuccini hanno attraversato gli anni della crisi?

“Anche noi a Reggio Emilia abbiamo potuto constatare da vicino la crisi dovuta alla disoccupazione: quanti casi di licenziamento di cui siamo a conoscenza, quanti altri in cassa integrazione e quanti pensionati ‘reggiani doc’, con la pensione minima che non riescono ad arrivare alla fine del mese e vengono a chiedere un aiuto al convento perché ‘i frati non possono dirci di no’. Per tutti cerchiamo di assicurare almeno la cena quotidiana, il nostro ascolto, una parola di conforto e la nostra preghiera”.

E nelle nostre case soprattutto c’è una recrudescenza di furti e rapine…

“Il furto e la rapina in quanto tali sono sempre da condannare, tuttavia dice San Tommaso d'Aquino (teologo non sospetto) ‘chi ruba per fame o per procurarsi il cibo non ruba ma si riprende ciò che è suo e che gli era stato sottratto’. E' ovvio che qui poi vi è anche tutto il problema della disoccupazione, della alfabetizzazione e della scolarizzazione di una parte di giovani immigrati. Ma anche il problema dell'inserimento sociale di persone che provengono da altri paesi, con altra cultura,altra religione e un modo completamente diverso di vivere e di pensare”.

L’invito che fate è al perdono?

“Ogni cristiano è chiamato a perdonare (non solo per il furto) e a maggiore ragione lo devono fare i frati”.

(G.A.)

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I CAPPUCCINI OGGI IN PROVINCIA DI REGGIO EMILIA

“Siamo poco meno di 3000, in Emilia siamo pressappoco in 150. Nella diocesi di Reggio Emilia siamo presenti in quattro case religiose (tre i conventi a Reggio, Scandiano, San Martino in Rio e la Cappellania Ospedaliera all’Arcispedale. Queste nostre diverse presenze sul territorio si distinguono anche per attività diverse, oltre a quelle tradizionali del nostro Ordine. Il convento di Reggio Emilia oltre ad avere una chiesa particolarmente frequentata per le celebrazioni e per il servizio delle confessioni, propone ogni anno per i giovani il corso dei 10 comandamenti secondo il metodo di don Rosini. La biblioteca del convento promuove costantemente cicli di conferenze e avvenimenti culturali. Il nostro museo, in collaborazione con le scuole della città e provincia, propone interessanti laboratori didattici. Inoltre questo convento gestisce una mensa serale quotidiana (gratuita) con una presenza media dai 150 ai 180 poveri ogni giorno. Il convento di Scandiano, oltre alle attività della sua chiesa e ai servizi pastorali che offre a tutto il vicariato è caratterizzato per la sede del nostro studio teologico che vede la presenza di 16 giovani frati cappuccini che si stanno formando alla vita religiosa e al sacerdozio. Il convento di S. Martino in Rio è punto di riferimento per le Confessioni di tutto il correggese, ma l'attività per cui si qualifica è il ‘Centro di cooperazione missionaria’ a favore delle nostre missioni in Etiopia, Turchia, Romania, Georgia, Repubblica Centroafricana. Dunque un centro di animazione missionaria conosciuto in tutta la regione. La Cappellania Ospedaliera di Reggio Emilia vede tre frati impegnati a tempo pieno nel visitare e confortare gli ammalati e nella amministrazione dei sacramenti. Nella cappella vi è l'Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento”.

 

1 COMMENT

  1. Sono un architetto di 57 anni, sono scultore, pittore, restauratore, separato con un bambino di 11 anni, vorrei tanto una pace interiore; la madre non crede in Dio, è russa, il bambino era collocato da me, ad Avellino. La mamma se lo è portato via a Milano e non riesco a farlo ritornare, il giudice ha fatto due decreti per farlo ritornare. Mi sento giù perchè lo sta plagiando contro di me, vorrei tanto un po’ di pace.

    (Gerardo Sansone)

    • Firma - sansone gerardo