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Vetto d’Enza ancora ha ricordato i suoi morti, nel pomeriggio di sabato 18 giugno scorso, con una benedizione alle croci di Volpara e Costaborga, ma quei cippi sono stati benedetti in memoria dei caduti di tutte le guerre dal parroco del paese, perché tutti non siano dimenticati ed il loro ricordo sia sempre vivo nei cuori e nelle menti.
Si è pregato perché lo spirito cristiano insegni a perdonare i fratelli, anche quelli che, ancora nell’inganno, infangano questi dolorosi momenti e insegni a non serbare rancore, affinchè nasca un desiderio di pace universale tra i popoli.
Pietro, Marianna e Luigi Azzolini, Franco e Roberto Rinaldi, Bernardo Genitoni, Ostilio Ferrari, caduti vittime di tanto odio, assassinati dai loro stessi fratelli.
Storie diverse e di violenza efferata, segni indelebili lasciati nelle loro famiglie che ancora, dopo più di 70 anni, vogliono ricordare.
Il 1 dicembre 2007 a Volpara di Costaborga è stata eretta una croce, in prossimità del luogo dell’uccisione del dott. Pietro Azzolini, barbaramente assassinato nella notte tra il 21 e 22 giugno 1944 da partigiani, rimasti impuniti. Nella stessa notte fu prelevato ed ucciso il maresciallo della Forestale Ostilio Ferrari e il 22 giugno 2012 anche per lui i familiari hanno eretto una croce, al limitare del bosco dove è stato ucciso il loro congiunto.
Il 22 giugno 2013 la croce eretta a ricordo del dott. Azzolini ha accolto ai suoi piedi una targa commemorativa in onore di cittadini vettesi, anch’essi barbaramente assassinati alla fine dell’ultimo conflitto mondiale, in testimonianza del loro sacrificio.
Tra essi Roberto Rinaldi che non ha mai trovato sepoltura perché il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Solo la sua foto nel cimitero di Cola, a fianco di quella del figlio Franco.
“La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità e annuncio del futuro”, è stato detto, citando Cicerone.
La storia delle persone ricordate si identifica con quella delle loro famiglie che hanno vissuto direttamente o indirettamente un momento storico particolare in Italia e nella nostra provincia: la storia della seconda guerra mondiale e della resistenza reggiana che ignora o sottace molti fatti accaduti, che è però doveroso ricordare e far emergere. Fatti che non si prestano alla strumentalizzazione della retorica delle ricorrenti manifestazioni e commemorazioni sul nostro territorio e nel nostro Paese
C’è un appello alla Verità ed alla Giustizia storica che emerge.
”Dietro a queste croci c’è molta forza che non appare altrove… dove sono gli assassini, dove la loro ideologia?", ha affermato Luca Tadolini.
Era presente all’incontro lo storico Paolo Pisanò, autore dei libri “Il triangolo della morte” e “Sangue chiama sangue”, che si può dire ha aperto le ricerche, dando forza con i suoi libri. Egli ha chiesto scusa per essere stato presente per la prima volta alla commemorazione e ha ricordato questi martiri, che hanno vissuto con rettitudine, come eroi italiani saliti ora su una nave sicura, ove raccolgono il premio della loro fedeltà.
I familiari hanno compiuto un faticoso percorso per arrivare a questi eventi ed il Vangelo proclamato prima delle benedizioni ricordava: “Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto… Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo ma non hanno potere di uccidere l’anima. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze…” (Matteo 10,26-33).
Particolarmente toccante l’appello dei nomi, scanditi in una giornata di vento, a cui i numerosi convenuti rispondevano, in vece dei caduti: “presente”.
In effetti queste persone, martiri di sangue, colpite nel profondo del bosco, per molti sono ancora là.
Possono avere il riposo eterno se noi le ricordiamo, se le sentiamo vive in noi. Il valore dell’ingiustizia subita non si è spento con la loro morte, anzi è ancora vivo tra la gente. Vite innocenti che senza processo, senza possibilità di difesa furono barbaramente trucidate, senza che nessuno potesse levarsi in loro aiuto. E allora vale per loro quanto riportato nel libro di Clara Bussi Borghini, Linea gotica sull’Appennino: "Sono quei morti entrati a far parte della nostra vita, come se, morendo, avessero arricchito il nostro spirito di una presenza silenziosa e vigile, con la quale, nel segreto della coscienza noi viviamo. La nostra vita può avere un significato e una ragione rassicuratrice e consolante nella misura in cui li faremo rivivere nella nostra mente e nel cuore di quanti li conobbero e amarono”.
Dal buio del bosco ancora una volta Dio ha suscitato un germoglio di speranza.
(Maria Alberta Ferrari)
Cerimonia bella e partecipata: finalmente questi morti, per decenni considerati “di serie B” dal pensiero omologato, possono avere il giusto e meritato ricordo.
(Ivano Pioppi)
Un grazie sentito a chi continua a tenere vivo il ricordo di queste persone; si dice che la “giustizia” arriva; ma questi morti per ottenerla quanti anni devono attendere?, e quando terminerà il silenzio che circonda queste persone barbaramente uccise? Mi auguro presto. Ciò allevierà il dolore di quei figli, famigliari e parenti che hanno perduto un loro caro di cui ben pochi parlano. Questi caduti non dovranno mai morire, sarebbe la fine di tutti noi, la sconfitta di una società che in 70 anni non ha saputo neppure ammettere certi errori.
(Lino Franzini)