VENTASSO - 15 giugno 1215, 15 giugno 2016 a 801 anni esatti dalla stipula, la Magna Charta inglese potrebbe perdere la sua “prerogativa” di essere la prima carta ad avere riconosciuto i diritti dei cittadini. E a strapparle questo “primato” potrebbe essere la piccola Corte di Vallisnera che, in quei tempi, può definirsi culla della democrazia. Ben prima e… forse anche “meglio”, proprio, della Magna Charta.
A dimostrarlo è un interessantissimo articolo di Umberto Maria Zappi dal titolo “Vallisnera: perché la culla della democrazia”, apparso nel periodico di studio e divulgazione della storia della Chiesa reggiana «Memoria Ecclesiae» (il n. 35 del 30 aprile 2016). E’ una di quelle riletture che, a pensarci bene, potrebbe fare sobbalzare gli storici di mezzo mondo e potrebbe rinfrescare i libri di storia di milioni di studenti. Infatti, si è sempre ritenuto il prezioso documento inglese che il Re d’Inghilterra, Giovanni Senzaterra (fratello del defunto Riccardo Cuor di Leone), concesse il 15 giugno del 1215, fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini. Si presentava evidentemente come un atto di concessione unilaterale da parte del re e costituiva, di fatto, un contratto di riconoscimento di diritti reciproci inedito sino a quei tempi che, inopinatamente, erano definiti “bui”. La stessa concessione fatta dal Re “a Dio” e a “tutti gli uomini liberi”, però, tradisce chiaramente il volere e il potere (anche di revoca!) illimitato dello stesso Re, siamo in pieno feudalesimo. Lo stesso Re agisce sotto la costrizione dei Baroni.
A Vallisnera, invece, otto anni prima, le cose stanno diversamente. E la capacità dello storico Umberto Maria Zappi di leggerne il significato, nel contesto del tempo, rivela importanti sorprese. Come noto lo statuto di Vallisnera è un atto bilaterale, redatto il 4 maggio 1207 e stipulato tra i conti Niccolò e Zibello, condomini, e i rappresentanti di tutte le comunità a loro soggette è la testimonianza di un modo di governare nuovo per quei tempi, improntato ad uno spirito di equità e giustizia, giusto anche se si prendono in esame le pene per i trasgressori, che allora, in altre zone, erano molto più dure. Mancava, però, ad oggi il confronto con la celebre Magna Charta. Secondo Uberto Maria Zappi davvero si può dire - come affermava il biografo di don Giuseppe Donadelli (parroco di Vallisnera ucciso in una rappresaglia tedesca il 2 luglio 1944) - che “ Lo Statuto di Vallisnera emanato nel 1207, di fatto fu il primo statuto democratico a livello europeo otto anni prima della Magna Charta”. Una motivazione, va detto, ripetutamente accennata in diverse manifestazioni celebrative. “Una seconda motivazione è quella (…) che nella piccola corte di Vallisnera rispetto a quella ben più grande del re Giovanni Senzaterra c’è un netto vantaggio: l’azione dei Signori è spontanea mentre in Inghilterra il re agisce sotto la costrizione di una rivolta dei baroni”. Ma c’è di più: “a Vallisnera: la stesura dello Statuto viene elaborata dai Signori che, convocato il ‘parlamento’ (l’arengo), glielo presentano per la discussione, l’eventuale revisione e l’approvazione. Qui la fonte del potere è chiaramente nel parlamento, dunque nel popolo. I Signori, al contrario, esercitano prerogative di governo in senso moderno: hanno potere d’iniziativa legislativa, ma la legge varrà in quanto approvata dal parlamento. Siamo in una democrazia”.
Per Giuseppe Giovanelli, storico felinese e redattore di Memoria Ecclesiae questi studi “più che una scoperta sono una importante riflessione su contenuti e significati dello Statuto di Vallisnera, soprattutto in rapporto al paragone corrente fra Statuto e Magna Charta inglese. Un paragone molto grosso, ma che rivela come sul nostro Appennino, ci fosse una cultura giuridica che riconosceva nel popolo (allora gli "homines", cioè i rappresentanti delle singole famiglie) la fonte del potere e nel "Signore" non un despota, ma un "governatore" che doveva rispondere a questo potere”. Un nuovo “valore” quindi, per lo Statuto di Vallistenra. “che viene fatto conoscere nel suo significato autentico di democrazia, studiando le sue origini e, anche, la molto probabile influenza dei monaci, da circa un secolo a contatto con le popolazioni di quel crinale appenninico”.
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L’ARTICOLO DI MEMORIA ECCLESIAE
Nel 1992 veniva stampata una breve biografia di don Giuseppe Donadelli, il parroco di Vallisnera ucciso in una rappresaglia tedesca il 2 luglio 1944. A pagina 30 vi si affermava che «nel 1207 i nobili e potenti signori di Vallisnera Nicolò e Zibello elaborano e concedono uno statuto con modalità e contenuti tali da fare della loro corte una culla della democrazia europea».
La frase veniva a contrapporre la piccola corte di Vallisnera alla corte di Giovanni Senzaterra «Re d’Inghilterra, signore d’Irlanda, duca di Normandia e di Aquitania e conte di Angiò», ritenuta culla della democrazia europea per via della “grande carta delle libertà” che questo re era stato costretto a concedere ai suoi baroni in rivolta.
Negli anni seguenti, e tutt’ora si apriva quindi un dibattito che metteva a confronto lo Statuto di Vallisnera con la Magna Charta Libertatum inglese. Ma su quali termini veniva a basarsi il confronto?
Andando alla sostanza dei vari interventi una prima motivazione addotta è quella cronologica: «Lo Statuto di Vallisnera emanato nel 1207, di fatto il primo statuto democratico a livello europeo otto anni prima della Magna Charta». Questa motivazione sembra aver preso molto piede, ed è stata ripetutamente accennata in diverse manifestazioni celebrative. Giustamente, infatti, lo Statuto può e deve costituire un motivo di orgoglio non solo per Vallisnera, ma anche per l’intera provincia Reggiana, tenuto conto che i Vallisneri sono stati tra i primi giuristi che hanno messo mano agli statuti cittadini di Reggio e gli statuti di questo periodo, si sa, sono la radice e la linfa dei liberi comuni medievali.
Una seconda motivazione è quella della pattuizione: un accordo discusso e stretto tra Signori e sudditi, un discutere insieme i problemi emergenti nella vita del feudo o del regno e insieme cercare i mezzi per risolverli. Sotto questo profilo appare una certa uguaglianza di comportamento sia nella piccola corte di Vallisnera che in quella ben più grande del re Giovanni Senzaterra, ma con un netto vantaggio per Vallisnera, dove l’azione dei Signori è spontanea mentre in Inghilterra il re agisce sotto la costrizione di una rivolta dei baroni.
Ma sono proprio queste le vere motivazioni per cui lo Statuto di Vallisnera “batte “ la Magna Charta? Basta davvero l’anticipo cronologico? E non ci sono forse altre pattuizioni, nello stesso territorio reggiano, prima di questa? Esaminiamo i due testi, prendendone il nucleo sostanziale:
Magna Charta:
« Giovanni, per grazia di Dio, Re d’Inghilterra, signore d’Irlanda, duca di Normandia e di Aquitania e conte di Angiò, agli arcivescovi, abati, conti, baroni, funzionari della foresta, sceriffi, giudici, intendenti, servitori ed a tutti i balivi e fedeli sudditi, salute. Sappiate che noi, per timore di Dio e per la salvezza dell’anima nostra e di quella di tutti i nostri predecessori ed eredi, per l’onore di Dio ed il prestigio della santa Chiesa, e per la riforma del regno nostro, su consiglio dei nostri venerabili padri, Stefano arcivescovo di Canterbury, primate di tutta l’Inghilterra e cardinale della Santa Romana Chiesa [...] ed altri nostri fedeli sudditi: (1) In primo luogo abbiamo concesso a Dio ed abbiamo confermato con questa nostra carta, per noi ed i nostri eredi in perpetuo, che la Chiesa inglese sia libera [...]. Abbiamo anche concesso a tutti gli uomini liberi e consenzienti del nostro regno, per noi ed i nostri eredi di sempre, tutte le libertà sottoscritte, che essi ed i loro eredi ricevano e conservino, da noi e dai nostri eredi».
Statuto di Vallisnera:
IN CHRISTI nomine Amen. Anno Circuncisionis Mille dosente sette il quarto giorno di Maggio, a laude et riverenza et invocatione di Dio et della Madre sua Gloriosa Vergine Maria è di tutta la corte del cielo, e di S. Pietro Apostolo Patrone di Valisnera, e ad esaltatione, honore, et stato delli Nobili, e Potenti Signori, Messer Nicolò e Zibello Consorti di Valisnera, e ad essaltatione e bon governo regimento, e pace de tutti gli Huomini, e persone del Commune e corte di Valisnera, et altri luoghi sottoposti al lor dominio; conuocati, e congregati in un dì martedì, li predetti Signori, et etiam di lore voluntate tutti gli infrascritti huomeni rapresentanti, che sono alla renga Comunita, e universita d’essa Corte di Vallisnera in presenza delli prefatti Sig/ri e secondo nella chiesa di S. Pietro, ut sup. dove si soleno e debano fare simile congregationi. Cioè Lombardo da Valisnera, Jacopino Nodare di Valisnera, Guido di Pedro Paulo dalla Fontana, di Ziliolo dal Cereto, Gioanni di Pedro da Levaio [..,], alli quali furno dati, preposti et eletti gli infrascritti statuti, provisione, et reformatione fatti, è ordinati p. essi Nobili, e Sig/ri et essi huomeni ut supra vulgarizzati p. esso Massimo Nodare, che se detto statuto e provisione, e reformatione ad essi piacevano, e nò et tutti o in parte, che debbano aggiongere, o sminuire, correggere, et emendare, secondo il bisogno, o meglio reformare, reformare o prouare, e doppo quelli corretti approvargli, ricevergli, tenerli et observargli p. loro lege municipali statuti, e ordinamenti di detta corte di Valisnera in ogni tempo, come sarano, et stano, li quali tutti olduti, e con diligenza intesi p. essi Sig/ri et huomeni ut sup/a rifermo con verita presenza, e autorita agli prefati Sig/ri gli predetti statuti con tutte le loro parti e membri, come meglio pono di ragione, hano approvato, e spontaneamente hano promesso d’osseruare, e così vogliono, è consentano p. l’avenire in essa corte p. suoi statuti, e lege municipiali, statuti, consuetudini inanzi fatti e lege municipali e decreto e che si farano non obstante, vogliono che questi infrascritti siano osservati, è provargli salva la volonta de tutti gli predetti, è lore megliore conseruazione disposizione, aut ordinamenti».
Anche al lettore inesperto di diritto balza subito agli occhi la differenza. Secondo la Magna Charta il potere (l’autorità, il governo, la sovranità) ha la sua fonte e la sua sede nel Re, il quale “concede” alcune libertà o alcune prerorogative di governo ai sudditi. E, dunque, come le concede, può anche ritirarle. E spesso, se non lo fa, è per timore di altre rivolte come quella che lo ha costretto a concedere. Fino a che punto è democrazia in senso moderno?
Più complesso e articolato il quadro a Vallisnera: la stesura dello Statuto viene elaborata dai Signori che, convocato il “parlamento” (l’arengo), glielo presentano per la discussione, l’eventuale revisione e l’approvazione. Qui la fonte del potere è chiaramente nel parlamento, dunque nel popolo. I Signori, al contrario, esercitano prerogative di governo in senso moderno: hanno potere d’iniziativa legislativa, ma la legge varrà in quanto approvata dal parlamento. Siamo in una democrazia.
Posta in tal modo, la questione suscita altre domande. In un contesto così remoto dalla città, dove i Signori di Vallisnera hanno attinto questa concezione democratica del potere? La loro storia, tra Lunigiana e Lombardia, tra Parma e Reggio, è assai complessa e rende altrettanto complessa la risposta. Ma, anche qui, c’è un elemento che emerge: il loro rapporto con i monaci di San Prospero extra muros di Reggio, che nell’alta Valle del Secchia, possiedono la “gran corte” di Nasseta e, ancor più vicini, al Cerreto delle Alpi, i monaci di Marola. Che lassù fin dalla fondazione dell’abbazia o poco dopo, hanno un priorato e una fiorente azienda agricola, con appezzamenti di terra anche in Valbona.
Il rapporto dei Vallisneri con questi ultimi risulta ripetutamente conflittuale, ma anche confluente in accordi, come quello siglato a Frassinedolo da Guglielmo di Vallisnera il 27 agosto 1198, che è difficile dire risultino estranei al formarsi della loro concezione di governo. Dopo minacce e offese fatte ai monaci da lui stesso e dai suoi figli, Guglielmo chiede perdono, dà e ottiene pace e promette di sottostare al governo dell’abate. Il quale, come prassi nei domini monastici, usa con gli uomini delle terre del monastero gli stessi criteri che vigono all’interno del monastero. L’abate, cioè, ha funzioni di governo e, tra queste, anche quella di predisporre i provvedimenti normativi o esecutivi, la cui approvazione, però, spetta ai monaci riuniti in capitolo. In breve: l’abate propone, il capitolo dispone. Esattamente quello che accade nel 1207 nella corte di Vallisnera tra Signori e parlamento (“renga”).
Un’ultima osservazione. Anche se l’abbazia di Marola, legata com’era a Canossa e quindi sotto l’influenza di Cluny, e anche in ragione del ristretto numero dei suoi monaci, svolgeva, quanto alle attività economiche, un ruolo dirigenziale e formativo, è indubbio che risentisse delle riforme che a pochi anni dalla sua fondazione stavano maturando a Cistercium (Citeaux), con la riforma benedettina detta appunto Cistercense. Qui, tra il 1119 e il 1165, viene redatta la Charta Charitatis, un documento interessantissimo che, pure, va confrontato con la Magna Charta libertatum.
Letta nella prospettiva di una sua applicazione all’ordine civile, la Charta Charitatis riguarda il rapporto governo-governati nello stile anzi esposto del capitolo; ma essa è estensibile anche al rapporto subordinato di comunità a comunità; di parlamento superiore a parlamento inferiore e vicersa. Il rapporto trattandosi sia di persone che di enti collegati, non è di “potere”, ma di “carità” e di servizio, cioè di pieno rispetto dei diritti delle persone e degli enti in quanto costituiti da persone e al servizio delle persone.
E questa è la lezione che anche i monaci di Marola diffondono nelle loro terre, dalle pianure “lombarde” al crinale appenninico.
- M. Zappi
Fa piacere leggere di altre persone appassionate alla storia del crinale, sopratutto a chi come me studia i Vallisneri e il loro Statuto da oltre un decennio, cercando di diffonderne l’importanza, oltre che con le rievocazioni storiche (la foto pubblicata la scattai io anni fa), anche attraverso gli studi universitari, le pubblicazioni storiografiche e gli scavi archeologici. Non concordo in toto con quanto scrive, poichè a parer mio lo Statuto di Vallisnera non può dirsi democratico nel vero senso del termine, ma ugualmente mi auguro un giorno di conoscere Umberto Maria Zappi.
(Rachele Grassi)
A Vallisnera, dal 2007, anno in cui è ricorso l’ottocentenario dello Statuto di Vallisnera, ogni anno ne viene ricordata l’approvazione con una rievocazione storica. L’associazione culturale “La corte di Vallisnera”, da tempo impegnata nella promozione del territorio e della storia locale, lo scorso maggio ha coinvolto le classi dell’Istituto comprensivo di Busana in un percorso didattico al fine di portare i giovani studenti a conoscenza di questo importante documento.
(Massimo Fantolini)
“Vallisnera: culla della democrazia europea? Lo statuto di Vallisnera del 1207”. Questo il titolo dell’articolo pubblicato sul periodico parrocchiale “Oltre la Sparavalle” nel dicembre 2006, redatto dal sottoscritto. Molto modestamente, lo scrivente, nel descrivere lo statuto, ne evidenziava l’antecedenza rispetto alla famosa “Magna Carta”, proponeva di tenere un convegno che celebrasse l’800° anniversario della sua promulgazione (poi svoltosi il 15/09/2007), la rievocazione storica dell’avvenimento (che d’allora si ripete annualmente) ecc. Che 10 anni dopo, ciò venga “riscoperto” da Umberto Maria Zappi sull’autorevole “Memoria Ecclesiae” può far piacere. Farebbe altresì piacere che almeno il titolo parafrasato “culla della democrazia” venisse attribuito a chi lo ha coniato.
(Pier Giorgio Ferretti)
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NOTA DELLA REDAZIONE: Gentilissimo Pier Giorgio, ecco quanto citato da Zappi nel suo riferimento alla biografia di don Donadelli:
«Gli atti più antichi attribuiscono ai signori della corte di Vallisnera gesti magnanimi che attestano il forte mutamento civile che il Cristianesimo aveva operato sui rozzi costumi di origine ligure e longobarda. Nel 1107 Rodolfo, la moglie Matelda e il fratello Guglielmo sono ricordati per il gesto con cui offrono la libertà a un servo. E 100 anni dopo, nel 1207, i nobili e potenti signori di Vallisnera Nicolò e Zibello elaborano e concedono uno statuto con modalità e contenuti tali da fare della loro corte una culla della democrazia europea». Pagina 30 del volumetto di Giuseppe Giovanelli: “Don Giuseppe Donadelli, Un uomo di pace travolto dalla guerra“, edito dalle parrocchie di Collagna e Vallisnera nell’anno 1992.
Sono nato a Valbona nel 1941. Vivo da molti anni nel Messico. Mi sono sempre
interessato alla storia del nostro appennino. ho fatto ricerche della mia famiglia a partire dell’ anno 1610 fino ai nostri giorni. Conoscevo qualcosa circa i signori di
Vallisnera, pero adesso sono molto sorpreso positivamente del fatto che fu a
Vallisnera dove per la prima volta in Europa fu redattato e utilizzato lo Statuto nel quale si concedeva in forma per la prima volta una forma di governo DEMOCRATICO.
Qualsiasi , migliori e piu attuali notizie saranno sempre molto importanti per me
e per la mia famiglia, affinché anche per coloro che sono nati lontano dalla
nostra terra possa rimanere un legame molto importante.
SantiniP.