Travaglia-Zanella 2004 (foto FOTOSPORT)
Una storia griffata da grandi nomi ed imprese indimenticabili. Le 36 edizioni del Rally Appennino Reggiano disputate tra il 1968 ed il 2012, costituiscono altrettanti capitoli di un’epopea agonistica tra le più appassionanti: un’eredità che Grassano Rally Team ha raccolto nei mesi scorsi, per ridare lustro ad una delle gare più amate del panorama rallystico nazionale. Così, mentre la clessidra scandisce il lento avvicinarsi dell’appuntamento autunnale con il ritorno dell’Appennino Reggiano, è venuto il momento di rispolverare l’album dei ricordi.
A partire da quel 23 maggio 1968, giorno in cui va in scena la prima edizione del rally: una gara vissuta sull’onda dell’emozione per l’ancora troppo fresca scomparsa di Luciano Lombardini, uno dei ‘padri’ della manifestazione: l’incidente stradale di Skopje, nel percorso di avvicinamento al rally di Montecarlo, toglie al navigatore di Sandro Munari la gioia di veder realizzato un progetto nel quale credeva con tutte le sue forze. A ragione, come conferma la storia di questa competizione che viene scritta in particolare dal 1980, quando l’ingegner Marco Franzoni, instancabile anima dell’Automobile Club Reggio Emilia nonché grande appassionato di rally, riporta in auge la gara a dieci anni dalla sua terza ed ultima edizione.
I PLURIVITTORIOSI. Scorri l’albo d’oro e, ovviamente, spiccano immediatamente i nomi più ricorrenti. A partire da quello del trentino Renato Travaglia, sei volte re dell’Appennino Reggiano dal 1995 al 2000 con la Peugeot 306 Rally, negli anni ruggenti del Trofeo Due Litri (ma il più vittorioso in assoluto è il suo navigatore, Flavio Zanella, che annovera due sigilli in più, arpionati con Bossini e Cavallini). A quota quattro si attesta il modenese Daniele Bandieri, splendido protagonista con la Subaru Impreza nei primi anni Duemila (dal 2001 al 2003 e poi, di nuovo, nel 2005), mentre tre sono i sigilli dei lariani Felice Re e Mara Bariani (nel 2008, e 2009 su Citoren Xsara, nel 2012 su Citroen DS3). Due le vittorie per il mitico piacentino Franco Leoni (nel 1981 su Lancia Stratos e nel 1983, su Porsche 911), per i leggendari reggiani ‘Ragastas’ (nel 1980, al volante di una Stratos, e, nel 1984, su Lancia 037) e Giuliano Maioli (1986 e 1987, entrambe conquistate su 037) e, infine, per il bresciano Giacomo Bossini (nel 1990 su Lancia Delta e nel 1991 con una Peugeot 405).
LE EDIZIONI DA RICORDARE. Le pagine più indelebili del rally vengono scritte negli anni ’80, l’epoca d’oro della gara. Si corre di notte (lo si farà sino al ’98), con percorsi che vanno a toccare tutti i versanti dell’Appennino. Il 1980 vede il primo trionfo di Francesco Ferretti, meglio noto come ‘Ragastas’, Il 1983 è ricordato per il furioso duello Leoni-Maioli, vinto dal piacentino per un errore al timbro di un controllo orario del navigatore del pilota di casa. L’anno dopo, ecco la prima sfida ‘Ragastas’-Maioli, con il primo a bissare il successo dell’80 ed il secondo a fare da spettatore nel finale causa noie al cambio. Quella del 1985 è l’edizione più controversa e discussa (le polemiche infiammeranno la provincia per diversi mesi): dapprima Giovanardi - schierato dal team Bora al posto di ‘Ragastas’ - colpisce con la sua Lancia 037 una pietra in piena traiettoria, restando attardato a tutto beneficio di Giuliano Maioli; quest’ultimo porta la sua Porsche 911 al tanto sospirato successo, ma la gioia è di breve durata, visto che il forte pilota di Castelnovo Monti viene squalificato su reclamo dello stesso Giovanardi per un’irregolarità riguardante i materiali con i quali sono costruite le portiere.
La vittoria a tavolino va dunque a Giovanardi. Dodici mesi più tardi, però, la gente dell’Appennino, tutta per Maioli, può festeggiare il primo hurrà del portacolori del Team Lupo, il quale poi si ripete nel 1987 al termine dell’epica sfida con ‘Ragastas’ (entrambi su 037). L’Appennino Reggiano del ’99 verrà ricordato non solo quale prima edizione disputata alla luce del giorno, ma anche per l’acceso confronto tra Travaglia e Piero Longhi: un’uscita del piemontese spiana la strada al quinto successo del trentino in quella che Travaglia ricorderà come la vittoria più sofferta delle sei centrate nel Reggiano, mentre Longhi si deve accontentare di un amaro bronzo.
GLI ANEDDOTI: QUELLA VITTORIA… PERDENTE. Una storia così lunga non può che essere costellata da episodi di ogni genere. Ricordi più o meno lontani nel tempo, in ogni caso per nulla sbiaditi, autentico sale di un rally mai scontato, soprattutto nelle sue edizioni in notturna. Tra i tanti aneddoti, ne ricordiamo due, partendo con il brivido a lieto fine vissuto da ‘Ragastas’ nel 1983: “corro con la Lancia 037 e, ad un certo punto, finisco in testa-coda – ricorda il più giovane dei tre fratelli da corsa -. Mentre volo in un prato, vedo negli specchietti due spettatori proprio sulla mia traiettoria. Mi si gela il sangue, convinto come sono di averli investiti. Invece, niente: scendiamo dalla macchina le giriamo intorno, ma di loro non c’era traccia. Un autentico miracolo, non so come abbiano fatto a cavarsela: a distanza di oltre trent’anni, mi piacerebbe tanto incontrarli per scoprirlo…”.
Infine, una curiosità che risale al 2000, l’anno dell’ultimo successo di Travaglia. A due prove dalla fine, la doppietta delle Peugeot 306 Maxi condotte dal trentino e da Deila è una certezza, così il direttore sportivo ‘Popi’ Amati impone ai suoi piloti di percorrere le frazioni conclusive in un tempo prestabilito, aggiungendo che chi vi si fosse allontanato di più avrebbe pagato la cena a tutta la squadra. E in questa mini-gara di regolarità sui generis a vincere è Deila, mentre a Renato Travaglia – che sulla penultima speciale sgarra spingendo un po’ troppo sull’acceleratore - non resta che offrire la cena a tutti…