Riceviamo e pubblichiamo.
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Premessa.
L'attuale governo, d'altronde come tutti quelli che l'hanno preceduto, ha ritenuto di dover mettere mano alla scuola, per tanti versi veramente bisognosa di interventi, per farla diventare una buona scuola anzi, meglio, “La buona scuola”.
La legge 107/2015 è stata imposta alla Nazione passando da discussioni su internet e sui media, mai coinvolgendo direttamente chi opera veramente nella Scuola, ignorando che già esisteva, depositata dal 2008 in Parlamento, una Legge di Iniziativa Popolare, sbeffeggiando scioperi e manifestazioni mai così partecipati ed infine blindando in Aula la discussione e ricorrendo ripetutamente al voto di fiducia.
Con questa riforma, per i docenti si introduce il principio di “premialità” cioè di un compenso aggiuntivo per gli insegnanti che verranno considerati “migliori”.
All’interno della Scuola la valutazione e valorizzazione dei docenti non è più un tabù, se ne discute già da tempo, consapevoli sia un argomento cruciale per il miglioramento dell’offerta formativa ma anche che vada a toccare valori fondamentali come il diritto allo studio e la libertà di insegnamento.
Nulla di stravolgente, a prima vista e nel comune pensiero può attirare anche consenso. Ma concretamente chi sono questi docenti “migliori”? A quali criteri debbono rispondere per avere tale qualifica o potervi aspirare ?
Il Comitato di Valutazione dei Docenti composto da tre insegnanti, un rappresentante dei genitori, uno studente, il Dirigente Scolastico e un esperto nominato dal Ministero che nel nostro caso è un altro Dirigente Scolastico, dovrà elaborare criteri di valutazione.
Tenendo conto di questi e sulla base di una motivata valutazione il Dirigente Scolastico assegnerà il compenso ai docenti “meritevoli”.
Nel tentativo anzi nello “sforzo” di definire tali criteri, si è scatenato il festival dell'inventiva. In realtà il vero problema è che non ci sono risorse economiche adeguate. Come risaputo le retribuzioni sono tra le più basse d'Europa e non si potrà parlare di rinnovo contrattuale fino al 2019, quindi con una sostanziale, complessiva “vacatio” contrattuale di una decina d'anni.
Per la verità questo “obolo” non copre minimamente i tagli operati in questi anni sui fondi erogati alle scuole, né tantomeno quanto non percepito per l’adeguamento al costo della vita. Non è un lamento ma una semplice constatazione.
E forse, proprio per questa situazione, si è cercato di ridurre o arginare il malcontento introducendo una “premialità” che, nello specifico, ben lungi da apportare qualcosa di positivo e di incentivante al miglioramento complessivo della didattica, rischia di introdurre motivi di divisione, rivalità e per gli esclusi disimpegno, proprio tra gli insegnanti la cui azione dovrebbe svolgersi, il più possibile, in un clima di armonia e collaborazione a vantaggio degli alunni, unico obiettivo da avere presente quando si parla di scuola.
Non va poi dimenticato come, da questo incentivo, siano esclusi gli insegnanti non di ruolo, c.d. “precari”: che nessuno di loro sia o possa essere meritevole? I “migliori” dunque si restringeranno ad una fascia attorno al 20% di insegnanti di “ruolo”, il resto dovrà rassegnarsi, non tanto a non avere alcun incentivo economico, ma ad essere considerata merce scadente di cui, nella realizzazione di questo progetto di “buona scuola”, si farebbe volentieri a meno. Inoltre perché uno studente non dovrebbe lamentarsi di non avere nella propria classe l'insegnante ”migliore”?
Alla luce di queste considerazioni il Collegio dei Docenti dell’I.I.S. Cattaneo –Dall’Aglio di Castelnovo né Monti ha deciso quanto riportato nel documento allegato.
DOCUMENTO DEL COLLEGIO DOCENTI
Il testo:
DOCUMENTO DEL COLLEGIO DOCENTI DELL’I.I.S. CATTANEO DALL’AGLIO DI CASTELNOVO NE’ MONTI (RE)
Il Collegio dei Docenti riunitosi il giorno 20 aprile 2016 alle ore 14:15 ha discusso della definizione dei criteri per l’assegnazione del cosiddetto “bonus” cioè della premialità del merito.
Risultano evidenti le responsabilità del Governo più volte ampiamente gridate nelle piazze, attraverso i media e nelle discussioni pubbliche: improvvisazione, mancanza di dialogo o almeno confronto con il mondo della scuola e con i sindacati, informazioni fuorvianti date in pasto all’opinione pubblica e infine il voto di fiducia su un maxiemendamento che ha reso tutto più incerto e complicato da gestire, come quotidianamente vediamo.
Questo si aggiunge al fatto che da molti anni non viene rinnovato il Contratto Nazionale e gli stipendi sono bloccati senza nemmeno l’adeguamento all’inflazione.
Le nostre retribuzioni sono tra le più basse d’Europa.
Tutti i Ministri dell’Istruzione hanno denunciato questa situazione a cui si sono aggiunte le dichiarazioni del Premier Renzi sulla centralità della Scuola per lo sviluppo sociale ed economico della nazione; di fatto, nessuna risorsa aggiuntiva è stata stanziata per la scuola e quanto viene destinato al sistema per premiare l’impegno e la competenza viene tolto dagli scatti prima previsti dal contratto.
La definizione dei criteri per l’assegnazione del “bonus” crea numerosi interrogativi e perplessità: le scuole che hanno tentato di elaborare un sistema di valutazione delle competenze si sono trovate a dover gestire innumerevoli questionari e autocertificazioni per qualunque attività formativa o professionale con il risultato, probabilmente, di vedere alla fine premiati quanti sanno ben gestire il mercato dei crediti.
Ma anche qualora si volesse superare l’approccio razionale, come si può pensare che la decisione presa da un qualunque soggetto, dirigente o comitato, sulla base di impressioni o valutazioni soggettive, di premiare una parte dei docenti, non provochi danni irreparabili in una comunità che, al di là delle differenze di età, idee, formazione ha comunque la capacità di gestire collegialmente l’educazione e la formazione degli studenti?
E quei docenti non premiati quale credibilità avranno nei confronti dei loro studenti?
Ci pare evidente che si stia tentando di esportare anche nel mondo della scuola il modello dirigistico, di competizione e divisione tra lavoratori che, come già successo nelle imprese, ha messo gli uni contro gli altri in una vera e propria guerra tra poveri.
Si invita pertanto la componente docente in Comitato di valutazione a esercitare uno stretto controllo affinché i criteri elaborati dal Comitato non creino danni al proficuo rapporto di collaborazione attualmente esistente tra colleghi.
Per questi motivi il Collegio delibera:
- di astenersi dall’elaborare criteri di valutazione dei docenti invitando i propri rappresentanti in Comitato di Valutazione ad attenersi a tale direttiva;
- invita quanti saranno premiati a donare alla scuola quanto percepito, finalizzandolo, con modalità da definire successivamente dal Collegio, a progetti di sviluppo dell’offerta formativa.
Vorrei ricordare lo scenario che ha portato all’adozione di criteri di premialità all’interno della scuola. Riporto alcuni passi della famosa “lettera segreta” della BCE del 5/8/2011 al governo italiano (nel caso, la si trova qui: http://www.corriere.it/economia/11_settembre_29/trichet_draghi_italiano_405e2be2-ea59-11e0-ae06-4da866778017.shtml). “Caro Primo Ministro, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori”. (…) “Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio. 3. Incoraggiamo inoltre il governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione)”. Dunque, l’adozione di indicatori di performance nel sistema dell’istruzione serve a rimediare alla “gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari” e a “ristabilire la fiducia degli investitori”. Prendo atto che nella “lettera segreta” non si parla di didattica innovativa o di un progetto complessivo rivolto al miglioramento della scuola italiana. Devo pensare, quindi, che la sostanza di queste decisioni non sia legata alla qualità dell’insegnamento quanto a sostenere la fiducia dei mercati finanziari che devono acquistare il debito pubblico italiano (fiducia significa che si accontentano di interessi più bassi). Cosa devo pensare, allora? E tutte le parole spese a riguardo delle innovazioni didattiche della “Buona scuola” che senso hanno? Se non altro, potrò essere fiero di aver contribuito ad abbassare, con il mio lavoro di insegnante, la spesa per interessi sul debito pubblico nazionale. Fiero e “meritevole”, spero. Nonostante tutto questo, e nonostante che dal 1980 i vari governi di vario colore che si sono succeduti abbiano smesso di investire sull’istruzione pubblica, l’IIS “Cattaneo-Dall’Aglio” si è piazzato secondo nella competizione nazionale di Automazione. Meritevoli, seppur privi di mezzi, come direbbe la Costituzione.
(Giorgio Bertani, RSU IIS “Cattaneo-Dall’Aglio”)
Bravi per la vostra correttezza e professionalità. E per essere riusciti a condividere le vostre idee. Non vi siete lasciati comprare da due soldi che andrebbero a premiare solo una minima parte di lavoro che appare. Mentre sappiamo che il vero lavoro degli insegnanti è sistematico, quotidiano, sostanziale e agisce sui ragazzi e non si può né misurare né esternare in modo burocratico e formale. Complimenti!
(Insegnante dell’IC Castelnovo ne’ Monti)
Sono contenta che un intero collegio la pensi come me. Conosco i miei colleghi e gli insegnanti che lavorano con i miei figli. Non si può quantificare il lavoro di un docente. Anzi, so per certo che chi lavora con coscienza ed impegno non può quantificare i risultati che rimangono nel tempo nelle menti e nei cuori dei ragazzi. Le belle parole, le lunghe relazioni o i progetti svaniscono, come i soldi del bonus a cui i docenti professionisti rinunciano. Perchè seri e corretti. Bravi!
(Genitore ed insegnante)
Giusto così. Un insegnante non può essere valutato perchè prende un altro incarico oltre all’insegnamento (incarico peraltro già retribuito) nè per dove si aggiorna (se lontano dal proprio istituto (potrebbe farlo on line o su testi…) o perchè fa progetti… Un insegnante per prima cosa lavora sulla propria classe. Difficile, quasi impossibile trovare dei criteri per valutarlo (troppi o pochi compiti. Voti alti?). Correttissimo lasciare questo bonus assurdo alla scuola per attività che favoriscono il benessere degli alunni.
(Docente in imbarazzo)
E chi dice che gli insegnanti non hanno e non trasmettono più valori? Bell’esempio che date ai ragazzi. Questo vale più del bonus scuola. Lasciate oltre mille euro in nome del valore che ha per voi la scuola, quella vera, quella buona.
(A.M.)
Continuiamo così, rallentiamo, boicottiamo, conserviamo. A parole tutti favorevoli a premiare il merito, ma quando ci si prova queste sono le risposte. La credibilità con gli studenti la si perde impedendo a chi svolge il proprio lavoro, con impegno e competenza, di essere premiato con pochi o tanti euro che siano.
(Francesco Benassi)
Complimenti al collegio docenti. Mi auguro che il “documento” possa fare scuola anche in altri ambiti della pubblica amministrazione, dove indicatori, valutazioni e premi si sono rivelati strumenti idonei a soddisfare, non già i più meritevoli ma, piuttosto, i più accondiscendenti. Credo che il “documento” meriti di essere diffuso e divulgato.
(R.E.P.)
Ci dica, signor Francesco, su quali criteri valuterebbe un insegnante. Se sono obiettivi e seri, li accettiamo molto volentieri. Se per gettare euro, no.
(A.M.)
E’ da anni che si parla di valutare il lavoro degli insegnanti, ma appena ci si dà un metodo scatta la protesta: valutati dal preside? Non è competente e fa favoritismi! Da un comitato eletto dai docenti? Come, devo farmi valutare dai colleghi? Magari mi odiano! Da coloro che educo e dalle famiglie? Scherziamo? Cosa ne sanno loro? Così finiamo sotto ricatto di studenti lazzaroni e di genitori permissivi!; la soluzione del sindacato è sempre la stessa: premi uguali per tutti, prof. capaci e prof. meno capaci.
(Francesco Benassi)
Rimane che l’intervento del signor Francesco non chiarisce su quali criteri dovrebbe essere valutato ciascun insegnante. Si limita a ripetere le solite banalità da bar, in buona parte non vere. Lo sappiamo tutti che la situazione della scuola è difficile in questo periodo. I miei complimenti ai colleghi del Cattaneo-Dall’Aglio per le decisioni prese. Vorrei che tutti i collegi avessero avuto lo stesso coraggio!
(Francesca D.)
Il problema non è trovare o meno i criteri di valutazione per un insegnante, ma il fatto è che una scuola non cresce attraverso la premiazione di un singolo, ma attraverso lo sforzo comune di professori e studenti, poichè la scuola è di tutti e deve essere un luogo di collaborazione, non di competizione.
(Alex Lombardi)
Premetto che non so se mi esprimerò proprio in maniera corretta, ma purtroppo il mio pensiero sulla scuola di oggi è molto negativo, non si fa altro che creare confusione, di norme, di regole, di modalità di reclutamento dei docenti, ogni anno va sempre peggio; peccato per gli studenti e mi riferisco a tutti, dai più piccoli ai più grandi, il futuro del nostro bel Paese! Per fortuna c’è ancora una parte di buoni lavoratori nella scuola che ogni giorno si impegnano direi al massimo delle loro possibilità per garantire che la “buona scuola” vada avanti, ma vi assicuro con tanta fatica. Purtroppo non tutte le persone hanno la stessa sensibilità e capacità.
(Collaboratore scolastico)
Complimenti. Sono d’accordo con chi propone la massima divulgazione di questo documento. Esprimo profonda stima al Collegio Docenti per la capacità di riappropriarsi del proprio ruolo e di rimanere unito a difendere i pochi spazi di partecipazione democratica e professionale che ci sono rimasti! C’è una gran confusione nella società e credo che spetti a noi docenti far capire che i problemi partoriti da questo insieme di commi (L. 107) non siano solo della scuola. Il problema è che stiamo assistendo ad una pericolosa restrizione degli spazi di libertà, in un processo che investe tutta Europa (il prof. Bertani ha spiegato molto bene). Ebbene, attenzione: oggi a me, domani a te! I docenti non hanno solo il dovere di insegnare, ma anche quello di tramandare dei valori di libertà e democrazia che ci sono stati consegnati attraverso un processo duro e anche doloroso. Signor Benassi, vorrei tranquillizzarla: i docenti non hanno né bisogno, né paura del merito: il problema è che questa “legge” è stata pensata male, scritta peggio e ora rischia di essere applicata in modo pessimo!
(Gemma Spadacini, RSU ic Carpineti Casina)
Tutti i ministri dell’istruzione hanno fatto grandi affermazioni sulla centralità della scuola per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Di fatto nessuna risorsa aggiuntiva è stata stanziata (spesa per l’istruzione pubblica nell’Ue: Italia al 21° posto; rinnovo del contratto bloccato ormai da 7 anni, ecc.). La scelta di premiare alcuni docenti con un “compenso accessorio”, non essendo state destinate risorse adeguate (i precari ne sono esclusi così come non hanno ricevuto nemmeno il bonus per l’aggiornamento), non è da considerarsi incentivante, ma per l’ennesima volta mortificante, inadeguata e poco seria. Siamo abituati a lavorare in modo collegiale con fiducia piena nel lavoro degli altri, al di là delle differenze di età, idee e formazione, con un occhio di riguardo nei confronti dei ragazzi più deboli ma anche sostenendo i colleghi più in difficoltà, respingendo ogni atto destinato a creare frizione o a compromettere il clima di relazione. Anche noi docenti dell’IIS Nelson Mandela ci stiamo interrogando su come porci di fronte al comma 129 della Legge 107 perché siano salvaguardate le prerogative pedagogico-didattico-organizzative del Collegio.
(Marco Gatti, RSU IIS “N. Mandela”)
A parte che basta leggere con un po’ di attenzione il commento del prof. Bertani per capire qual è il vero senso della parola meritocrazia e di come essa sia di fatto funzionale alla formazione di un sistema sociale ed economico oppressivo, vorrei aggiungere che in una realtà articolata e complessa come quella della scuola, che è un luogo di formazione e non di produzione, l’insegnamento può dare i suoi frutti solo se le scelte sono determinate non in un’ottica competitiva ma collaborativa: gli studenti non sono una merce da utilizzare per dimostrare i meriti del proprio lavoro rispetto a quello dei colleghi. Introdurre logiche di mercato nel campo della conoscenza non solo è aberrante ma è antiscientifico: la scuola è un luogo di conoscenza e quindi della circolazione libera delle idee, per cui lo sforzo individuale ha senso solo nell’ottica della crescita collettiva. In questo senso non esiste una scala gerarchica laddove le diverse professionalità che compongono la scuola danno vita a differenti prospettive che arricchiscono l’insieme dell’offerta formativa. Da questo punto di vista per migliorare la situazione della scuola si dovrebbe puntare sulla formazione e non sulla premialità, ma per questo servirebbero investimenti veri e non briciole, quegli scarti sui quali dovremmo farci competizione per assecondare il progressivo smantellamento della scuola pubblica.
(Gian Luca Malatrasi)
In questi giorni si sono svolti numerosi collegi docenti con lo scopo di individuare i “criteri per la valutazione del merito”; un veloce giro su internet permette di riscontrare come questi criteri siano risultati i più vari e, a volte, discutibili. Riporto, sul tema del “merito” e della “valutazione”, l’opinione di Giorgio Israel, docente universitario ed esperto di fama internazionale in tema di istruzione, recentemente scomparso. “Quanto all’ideologia dell’impresa come modello universale, anche qui il trionfo è andato oltre ogni aspettativa. Non si tratta davvero di rimpiangere certi atteggiamenti ostili al mondo imprenditoriale in voga nell’estrema sinistra, ma di qui a bere la favola che l’impresa sia un modello perfetto di promozione del merito ne corre: basta guardarsi attorno e pensare alla crisi che stiamo attraversando. Ma neppure questo è il punto ed è penoso dover ripetere un concetto di elementare evidenza, rischiando di far la figura degli smemorati. Il mondo non è unidimensionale. Il criterio che presiede alla promozione del merito nell’impresa è intrinsecamente e radicalmente diverso da quello che presiede alla valutazione e promozione dei meriti intellettuali e culturali. È evidente che nel primo caso il criterio debba essere quello della soddisfazione del consumatore (“customer satisfaction”): se acquisto uno smartphone e non funziona, una scatola di alimenti che risultano guasti, ho il pieno diritto di protestare, essere rimborsato e poi rivolgermi alla concorrenza. In questo ambito sono utili quei confronti del rapporto qualità/prezzo che possono orientare il consumatore verso la scelta migliore. Ma se il ragazzo torna a casa con un 4 in matematica non è detto affatto, anzi è assai improbabile, che l’interessato e la famiglia abbiano il diritto di protestare con l’istituzione o il professore. Il 4 può, e spesso è, frutto di nullafacenza, trasandatezza, cattivo modo di studiare, e questo non può essere imputato alla scuola o università che sia. Lo slogan del “successo formativo garantito” è una solenne sciocchezza che mira alla formazione di persone tutte uguali, e chi lo avanza nel contesto di una società liberale è fautore di un grottesco connubio tra le ideologie del turbocapitalismo e del vecchio comunismo sovietico. La scuola può e deve tendere a far andare avanti tutti, però nella consapevolezza che si tratta di un principio orientativo, non conseguibile in modo pieno nella realtà, e che promozione del merito significa appunto premiare i migliori a svantaggio dei peggiori, che esistono, piaccia o no. Per questo, chi si straccia le vesti quando si dice che impresa e istruzione non possono essere accostati (e propone di omologare la seconda alla prima) sbaglia e di grosso. Anzi, non fa che propugnare un punto di vista che è all’origine dell’impossibilità di un’autentica promozione del merito nel campo dei beni immateriali e della conoscenza.” (…) “Questa lunga premessa conduce a spiegare perché il timido tentativo del piano della “buona scuola” di introdurre una progressione stipendiale degli insegnanti legata alla valutazione del merito stia miseramente fallendo. Nessuno può seriamente contestare la validità di un simile approccio rispetto a quello della progressione per anzianità, ma l’approccio di tipo imprenditoriale ha vanificato tutto.”
(Giorgio Bertani, RSU IIS Cattaneo Dall’Aglio)
Ma io vorrei essere valutata per la qualità del mio insegnamento! Cos’è la vostra… coda di paglia?
(Una insegnante)
Rimango letteralmente sbalordito di fronte alla profusione di argomenti da lei addotti contro il campo avversario. La qualità del suo insegnamento, si fidi, risulta già valutata.
(Studente universitario)
Spiace constatare come gli effetti previsti si stiano già manifestando: la “guerra tra poveri”. Tra poveri, perché gli incentivi economici da attribuire ai docenti meritevoli non derivano da maggiori risorse messe a disposizione. Il monte stipendi dei docenti é sempre lo stesso di prima, senza gli aumenti per anzianità, bloccati da anni. É quindi una redistribuzione delle risorse esistenti. In un collegio docenti con cento docenti certamente uno di questi avrà la coda di paglia. Come un medico tra cento in un ospedale, un giudice tra cento in tribunale, un impiegato tra cento in una amministrazione pubblica. È la vita. Siamo umani. Mi preoccupa, piuttosto, il quadro generale: la “buona scuola” é il corrispondente, nel mondo della scuola, di ciò che è il Jobs act nel mondo del lavoro. Un progetto di flessibilizzazione (cioè di precarizzazione) e di deflazione salariale (riduzione dei salari). Più sei precario, più accetterai di buon grado una riduzione del salario. Tutto questo ci é imposto dai meccanismi economici dalla moneta unica (l’Euro, cioè un sistema di cambi fissi) e dai trattati europei (Maastricht, cioè libera circolazione dei capitali, e Schengen, cioè libera circolazione dei lavoratori; le due cose sono ovviamente interconnesse). In America il liberismo c’era già; questa é l’applicazione del liberismo all’Europa. Discutere dei dettagli della valutazione e del merito non porta da nessuna parte. Anzi, porta, appunto, alla guerra tra poveri. Da questo punto di vista il rifiuto di discutere i dettagli della valutazione, deciso dal collegio docenti del Cattaneo-Dall’Aglio, mi sembra la soluzione più dignitosa. Ricordiamoci che la valutazione del merito va vista insieme al nuovo meccanismo di trasferimento degli insegnanti: non esiste più la titolarità della sede. Ogni tre anni il docente torna a disposizione nel “calderone” provinciale, poi manda un curriculum al dirigente della sede in cui desidera andare a lavorare, che potrà accogliere o meno la sua domanda. Immagino che nel curriculum metterà anche la lista dei “premi” ottenuti. Attenzione: la stesso meccanismo vale per i dirigenti. Siamo tutti sulla stessa barca. La precarizzazione é la regola d’oro. D’altra parte, il “divide et impera” l’hanno inventato i Romani duemila anni fa, e funziona sempre. La stabilità della sede era uno dei meccanismi a difesa della libertà di insegnamento, corrispondente alla stabilità dei giudici (a garanzia della loro indipendenza dal potere politico – ricordate? La separazione dei tre poteri), come pure la carriera basata sull’anzianità e non sulla valutazione dei risultati. Ricordo che la Costituzione stabilisce che l’ingresso nella pubblica amministrazione si fa per concorso: é in quel momento, che si fa la valutazione del “merito”, e la si consolida successivamente con l’aggiornamento (a cura dell’Amministrazione). D’altra parte, la banca d’affari J. P. Morgan, qualche tempo fa, ha individuato proprio nelle Costituzioni europee un ostacolo allo sviluppo del libero mercato. Ma anche su questo ci stiamo lavorando: il combinato disposto della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale darà più poteri all’esecutivo a scapito del Parlamento. C’è un referendum, potremo scegliere da che parte stare. In un precedente commento, ho mostrato come l’esigenza della valutazione del merito discenda più da motivi economici complessivi (la fiducia dei mercati), che non da motivi didattici. Se siamo convinti che i principi del liberismo vanno applicati al mondo dell’istruzione, questa é l’occasione buona. Se pensiamo che l’istruzione debba seguire logiche diverse da quelle del mondo aziendale e della “customer satisfaction”, allora c’é anche il referendum sulla “buona scuola”.
(Giorgio Bertani, RSU IIS Cattaneo-Dall’Aglio)
E’ abbastanza verosimile che la “valutazione e promozione dei meriti intellettuali e culturali” sia materia piuttosto delicata e complessa – una sorta di terreno accidentato, se non ad ostacoli, stante la pluralità degli aspetti e implicazioni – materia che si presta ad avere opinioni diverse e distanti, specie se si ragiona in termini assoluti, senza avere cioè un modello di riferimento. Non a caso, proprio a quest’ultimo riguardo, c’è un commento relativo ad altro articolo di Redacon dal titolo “Scuola aperta anche in estate?”, dove si fa cenno alla “scuola finlandese”, commento al quale si potrebbe rispondere che ogni Paese ha la propria storia, anche sul piano scolastico, ma quando avviene che ci si interroghi sulla validità del modello di casa propria, fino a metterlo in discussione, può tornare utile volgere lo sguardo anche a quanto succede fuori confine, nel caso ci fosse qualcosa da poter “importare”. A me viene invece da fare un’altra comparazione, a fronte delle parole “La scuola può e deve tendere a far andare avanti tutti, però nella consapevolezza che…”, concetto che non riesco a comprendere fino in fondo quanto a ricaduta pratica, e che mi fa comunque pensare alla scuola frequentata dalla mia generazione, molto impegnativa e selettiva, nel senso della percentuale di alunni promossi a fine anno, da come almeno la ricordo, ma che mi sembra non abbia sfigurato guardando ai risultati prodotti in termini educativi e didattici. Se la memoria non mi tradisce, visto il tempo trascorso, gli insegnanti godevano allora di molto prestigio, né vi erano da parte loro motivi di insoddisfazione, e neppure venivano avanzate particolari rivendicazioni, tanto che più di una volta mi sono chiesto perché mai quel modello scolastico, che se non erro era figlio della cosiddetta “riforma Gentile”, sia stato abbandonato o fortemente trasformato.
(P.B.)
Mi viene da ridere. Per gioia… Ci sono ancora insegnanti con del coraggio! Dopo che da noi genitori vengono ridimensionati, dai ragazzi ignorati (nella migliore delle ipotesi) ci sono ancora professori che non piegano la schiena e rivendicano il loro diritto alla libertà. Vorrei che i miei figli da grandi avessero dei docenti così e non docenti che entrano in classe impauriti perché saranno valutati da dei ragazzini o da un dirigente che in classe non entra da anni! Perché parliamoci chiaro, quando si tratta di ricevere dei soldi si fa presto a chinar la testa: la libertà si compra eccome, la storia lo ha dimostrato più volte. E se crediamo in una scuola statale, una scuola per tutti, allora vogliamo credere in una scuola con libertà di espressione e di pensiero: due ideali che non vanno a braccetto con una ricompensa. E poi ci dobbiamo chiedere: ma questi insegnanti su cosa verranno valutati? Immagino su criteri considerati oggettivi. Quindi: profitto degli studenti? (rischio di regalare voti?), progetti? Ma se l’insegnante peggiore di mio figlio non fa altro che fare dei progetti e sta sempre fuori dalla classe o per gite\scambi o perché impegnata in altre faccende… Ma non scherziamo! Non esistono criteri oggettivi per valutare un maestro o un professore! E forse gli unici che lo possono fare sono proprio i ragazzi.
(Una mamma di due bimbi)