"Nel nostro comune stiamo ultimamente assistendo ad un commercio molto 'dinamico', nel senso che alcune attività stanno chiudendo i battenti mentre altre tentano nuove aperture; e altri esercizi si collocano in nuove parti del paese".
Un'interpellanza sul commercio - che dovrà essere presa in esame dal Consiglio comunale castelnovese - viene resa nota dai componenti della lista civica "Progetto per Castelnovo ne' Monti" Robertino Ugolotti (capogruppo) e Daniele Valentini. Sono loro le parole iniziali, tratte da un documento diffuso alla stampa.
"Quando la situazione generale si mantiene su livelli normali, assistiamo per solito ai subentri nelle attività invece che alle chiusure, pur se non mancano anche queste ultime, ma il perdurante stato di crisi ancora in atto nella nostra economia spinge a guardare con più attenzione il fenomeno in corso, che sembra appunto essere un po’ anomalo".
"Di fronte a questa apparente 'sofferenza' del settore, siamo chiamati a capirne meglio le cause e a trovare possibili risposte, vuoi perché il commercio è stato sempre uno dei punti di forza e di richiamo dell’economia 'castelnovina', vuoi anche per le opportunità occupazionali che ne sono derivate; ed è proprio per queste ragioni che il nostro programma elettorale vi dedicava un apposito capitolo dove figuravano le nostre idee e proposte in proposito. E a distanza di due anni dalle elezioni comunali dobbiamo prendere atto che sono state tutte disattese dall'Amministrazione in carica".
Proseguono Ugolotti e Valentini: "Una rapida analisi della situazione porta a supporre che i cosiddetti esercizi di vicinato soffrano per una pluralità di fattori, tra i quali la concorrenza dei grandi centri commerciali e la minor capacità di acquisto delle famiglie, ma entrano sicuramente in gioco anche le spese di gestione, e fra queste i costi dei servizi, e anche del canone di locazione per chi non è proprietario dei locali e si trova a pagare un affitto. Sui costi dei servizi locali, il Comune può certo far qualcosa, per contenerli ed abbassarli, mentre il canone di affitto attiene ai liberi accordi tra privati, locatore e locatario, e qui il Comune non ha titolo per intervenire, ma potrebbe comunque assumere iniziative che possano agevolare ambedue le parti".
La materia fiscale e quella relativa alle locazioni competono al governo centrale, ma nulla vieta che un consiglio comunale possa ad esempio votare un ordine del giorno in cui si chiede al governo di valutare la possibilità che i principi dell’affitto concordato, valevoli ora per le sole abitazioni, siano estesi anche ai locali adibiti ad attività commerciale, quantomeno quelli di piccola e media dimensione, e ubicati nelle zone montane, proprio al fine di venire incontro alla crisi che queste zone stanno attraversando, e per frenare un ulteriore spopolamento che ne comprometterebbe la tenuta, anche pensando agli anni a venire".
Si tratterebbe in ogni caso di una opzione, ossia di una scelta lasciata al proprietario dell’immobile, che ne ricaverebbe tuttavia un sensibile beneficio fiscale, come la possibilità di avvalersi della cedolare secca, nonché la riduzione dell’Imu e Tasi, cioè della tassazione locale, mentre l’affittuario godrebbe di un canone per così dire calmierato. Si produrrebbero cioè condizioni vantaggiose per entrambi. I tempi per ottenere un siffatto provvedimento nazionale potrebbero non essere brevi, salvo che anche la Regione possa agire in qualche modo in tal senso, ma in ogni caso occorre partire se si crede nella cosa".
Pertanto premesso, ecco la richiesta dei due consiglieri: "A fronte di quanto sopraesposto, si chiede all'Amministrazione comunale di organizzare un incontro, così da poterne esaminare lo stato e confrontare le reciproche opinioni ed idee al riguardo, allo scopo di ridare slancio e prospettive al comparto, stante la sua importanza".
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Anche a me pare ragionevole e sensata l’idea che la facoltà di stipulare un contratto di affitto concordato, ossia l’opzione vigente per le abitazioni, possa venir estesa, adeguando i relativi criteri, anche agli immobili ad uso commerciale, quantomeno quelli che ospitano gli esercizi cosiddetti “di vicinato” – se non fosse possibile farlo in modo generalizzato – i quali possono dare un buon aiuto a tenere in piedi il tessuto sociale di un territorio, specie dalle nostre parti. E’ un po’ come quando, passando al settore zootecnico, si è mantenuto lo stesso patrimonio di animali, sul piano numerico, pur se sono diminuiti gli allevamenti e le aziende anche in modo significativo, il che è certamente un buon risultato sul piano economico, ma la presenza delle aziende agricole distribuite nel territorio, così come la presenza degli esercizi “di vicinato” ha anche una valenza sociale (almeno a mio modesto avviso).
(P.B., 25.4.2016)