“Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere”: così Paolo Bargiacchi, candidato sindaco al Comune di Ventasso, commenta “con grande serenità” il duro attacco ricevuto dal Partito democratico montano, per voce del suo coordinatore, Guido Tirelli.
“Purtroppo in questa vicenda elettorale - spiega l’ex sindaco di Collagna - il Pd ha perso il contatto con la realtà. Sono state infatti negate le primarie richieste da oltre settecento persone, iscritti e simpatizzanti, che da soli rappresentano un quinto degli elettori di Ventasso. Di fronte a questo incomprensibile rifiuto mi sono sentito in dovere di accettare la candidatura che il comitato che li rappresenta mi ha richiesto con forza, alla guida di una lista civica popolare, autonoma e indipendente”.
Continua Bargiacchi: “Francamente da Guido Tirelli mi aspettavo di meglio. Però questa è la conferma che in montagna il Pd sta brancolando nel buio e può tentare di reagire solo arrampicandosi sugli specchi, come è avvenuto in questo caso. Comunque un politico di lungo corso come lui, che non è né una faccia nuova né un giovane di belle speranze o una promessa per il futuro (medico dirigente, già pensionato, amministratore e consigliere comunale a Carpineti per una ventina d’anni), non può, e glielo dico amichevolmente e da antico amico, lasciarsi andare a spiegare le vicende politiche di questi giorni evocando il demonio o la favola di Esopo di scolastica memoria. Tanto meno può abbandonarsi a polemiche spicciole di corto respiro che mi definiscono ‘sindaco per sempre’, oppure spettatore (o protagonista) di film o telenovelas ambientate in quel di Ventasso”.
Puntualizza il candidato sindaco: “Guido Tirelli sa bene (e se non lo sapesse sarei seriamente preoccupato per lui e per il Pd) che l’accordo tra il sottoscritto e il suo collega, nonché coetaneo, Antonio Manari è stato contestato dagli elettori del comune, e ancor di più da quelli del centro sinistra e del Partito democratico, che reclamavano il diritto di avere un candidato sindaco scelto da loro e non designato dal partito. A quel punto Bargiacchi non ha chiesto di essere designato lui come candidato sindaco, ma di consentire agli elettori, attraverso le primarie (o anche in ogni altro possibile modo), di scegliere il candidato a primo cittadino tra una rispettabilissima figura scelta e designata dal partito nell’ambito della società civile e un’altra figura, di lunga militanza nel partito e di lunga esperienza nell’amministrazione degli enti territoriali dell’Appennino, che si è impegnato e ha creduto nella fusione come mezzo di promozione e sviluppo del territorio e per il bene comune della sua popolazione”.
Chiarisce quindi Bargiacchi: “Insomma, ho reclamato, come tanti, le primarie. E il Partito democratico non le ha concesse. A suo dire per la mancanza di almeno due candidati. Tuttavia, se così fosse, si dovrebbe dedurne che il rifiuto delle primarie sarebbe venuto dal candidato designato dallo stesso partito, di cui Guido Tirelli è coordinatore. Lo stesso Tirelli queste cose le sa bene. E mi stupisce che non le dica. E che voglia vendere come un successo la circostanza che ‘il Pd sta perdendo i pezzi, ma meglio così’ (sic!)”.
In sintesi “voglio ribadire - conclude Paolo Bargiacchi - che il sottoscritto non ha mai sollecitato di essere investito dal proprio partito, ben sapendo che la designazione era già caduta su altri, in particolare su una figura della società civile estranea al Pd. Ho chiesto solo che venisse rispettata la volontà popolare che, attraverso un considerevole numero di cittadini, chiedeva le primarie. Dopo che il partito aveva già fatto la sua scelta”.
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Speriamo che tra i 2 litiganti il 3° goda 🙂
(Alessandro)
Con tutto rispetto per il signor Bargiacchi, che sarà pure stato un buon amministratore e comunque possiede esperienza, voglio dire: ma la politica quando si rinnova? Possibile che dobbiamo sempre assistere ai soliti volti “noti”? Perchè non si capisce che un buon passaggio del testimone è maggiormente premiante di un cattivo accanimento “terapeutico” politico? Io, signor Bargiacchi, non la voterò di certo pur essendo un elettore del centrosinistra!
(Commento firmato)
Per il rinnovamento vanno create le condizione e soprattutto i giovani candidati. Con meno di 100 iscritti: dove si vuole andare? Se l’espressione massima del rinnovamento nel Pd è candidare un “pensionando”, beh, qui si dice e si scrive tutto e il contrario di tutto. Tra esperienza e totale digiuno amministrativo: io preferisco l’esperienza e la disponibilità immediata! Non me ne voglia. Buona giornata.
(Leandro Giordani)
Cari signori, è democratico contestare, giudicare, esprimere opinioni e avere dei punti di vista diversi, ma ci chiediamo quanti “volti nuovi” o giovani che dir si voglia si sono fatti avanti per proporsi ed eventualmente candidarsi anche solo come membri del consiglio o della giunta? Che io sappia molto pochi; ergo la provocazione del “nuovo che avanza” lascia il tempo che prova; l’importante è che chi si candida lo faccia per passione, con impegno e soprattutto al servizio dei cittadini. Tutto qui e vinca il migliore!
(Un ex elettore)
Gentilissimo ex elettore, se non erro le liste non sono ancora state presentate. Potrei sbagliarmi, ma mi auguro con Lei che la nostra montagna ci sappia riservare ancora una volta qualche inaspettata e meravigliosa sorpresa! Cordiali saluti.
(Leandro Giordani)
Proprio questo il punto, secondo lei Manari rappresenta il nuovo che avanza? Se il Pd avesse davvero trovato un giovane capace da investire per il futuro di questo nuovo comune, e avesse chiesto a Bargiacchi di aiutarlo, non ci sarebbe certo stata questa rottura. Ma Manari con tutto il rispetto per la persona non ha le caratteristiche a mio avviso per svolgere al meglio questo ruolo.
(Emiliano Pedrini)
In questa vicenda si sente parlare, con toni non proprio bonari, di “personalismi” e “ambizioni personali”, ma sembra venir dimenticato che con l’elezione diretta dei sindaci qualcosa è cambiato rispetto a quando il primo cittadino veniva scelto dal Consiglio comunale, cioè dopo le elezioni e tenendo anche conto dei risultati usciti dalle urne. Con l’attuale sistema per il voto amministrativo sono le elezioni, cioè i votanti, a decidere chi dovrà essere il sindaco, e chi concorre a tale carica, per aspirazione personale, o come espressione di una certa quota di elettori, deve fin da subito designarsi e proporsi nel ruolo, col rischio appunto di creare da quel momento tensioni e spaccature all’interno dell’eventuale partito di appartenenza. Ma se non ricordo male tra gli effetti di quella legge del 1993, che introduceva appunto l’elezione diretta del sindaco, c’era anche quello di “sottrarre” in qualche modo le candidature al “predominio” o alla “regia” dei partiti, nel senso di poter esprimere e sostenere candidati che fossero espressione più diretta del corpo elettorale, e forse, ma uso anche qui il condizionale, hanno allora preso avvio le cosiddette liste civiche, o ne è via via aumentato il numero. Nella fattispecie sembra quasi che la forza politica in causa voglia richiamarsi alla prassi dei tempi andati, che vedeva un forte peso dei partiti, ancorché il contesto sia decisamente mutato da oltre vent’anni, cambiamento di cui va preso atto pur se quel precedente modello elettorale per i comuni ha lasciato una qualche nostalgia (ma d’altronde non è la sola cosa del passato politico che viene oggi rimpianta, o comincia ad esserlo). Non dovrebbe pertanto stupire che sia nata una seconda candidatura, e in proposito io sono dell’avviso che il “bene comune” non lo si ottenga dallo stare necessariamente insieme – fino a formare una sola ed unica lista, come qualcuno talora vagheggia – ma piuttosto dal confronto serrato delle idee e posizioni, con annessi contrasti e convergenze, e in questa logica auspico che anche l’elettorato rivolto al centrodestra possa aver voce e rappresentanza in questa “competizione” elettorale.
(P.B., 22.4.2016)
Cosa vuol dire il “nuovo che avanza”? Un giovane formato alle scuole di partito con un’ottusità mentale retaggio di antichi dogmi? O meglio una persona che non abbia da dimostrare niente a nessuno ma che agisca, in cuor suo, per il bene di un territorio? Delenda Cartago? Piuttosto che mandare in pensione chi della politica da troppo tempo ha fatto la sua professione e non la sua passione!
(Fredo)
Scusate ma io non ho capito. Allora, prima c’erano due candidati, si sono messi d’accordo con il Pd per fare sindaco e vicesindaco (bella spartizione!). Bargiacchi non ci sta e fa una sua lista (come fece altre volte, mi par di ricordare). E adesso?! Polemiche su polemiche su polemiche. Ma non siamo stanchi?! A me non frega nulla se si chiama Bargiacchi, Manari o Rossi, a me importa che si dia una spinta a questa montagna ferma, ferma, ferma! Si è fatta l’unione, bene. Arriveranno altri soldi, speriamo. Ma bisogna proporre cose da fare, investimenti, e quant’altro! Basta!
(Sergio Pedrozzi)
Caro P.B., chiedere in una competizione elettorale… perché questo è… l’aiuto degli antitetici nemici pur di rieleggere una vetusta vestigia di un passato politico è quanto meno patetico, se ne rende conto? Che poi uno non riesca a trovare un accomodamento politico col proprio partito è altrettanto strano. E’ vero che l’elezione diretta è incontestabile ma deve essere pur altrettanto vero che nessuno si possa sentire al di sopra delle regole guida dello schieramento che lo rappresenta… o dice di farlo. Diversamente non è democrazia, è anarchia!
(Fredo)
Scambiare la richiesta di primarie.. come richiesta di candidatura… a furor di popolo.. è ancora una volta.. malafede! Lo dimostra il fatto che ora nessuno le chiede più! Chissà chi c’era dietro questa fantomatica raccolta… colui che ancora una volta si è dimostrato estremamente inaffidabile!!!
(C.A.)
Caro (Fredo), dal come si esprime debbo pensare che il mio auspicio di vedere rappresentato nella “competizione” elettorale chi guarda al centrodestra sia stato un po’ frainteso, ossia inteso come la presenza di un qualche esponente di tale parte politica nella “lista Bargiacchi”, ma si tratta di una forzatura interpretativa, non fosse altro perché non sta certo a chi osserva gli eventi da fuori il decidere come l’elettorato che si richiama idealmente al centrodestra possa essere rappresentato in questo momento di voto (l’importante è che abbia i suoi “alfieri”). Circa il fatto che “uno non riesca a trovare un accomodamento politico col proprio partito”, non mi sembra poi tanto strano e sorprendente, e qui esco dal caso specifico, dopo che per anni ci siamo sentiti dire che non contano più le appartenenze “ideologiche”, ma piuttosto, soprattutto a livello locale, le proposte che vengono avanzate sul piano programmatico, e la capacità a realizzarle (il che porta inevitabilmente verso la “personalizzazione” della politica e di quanto alla medesima è connesso). Personalmente sono rimasto concettualmente attaccato alla stagione dei “partiti identitari” di un tempo, ma forse (Fredo) è troppo giovane per ricordare quando in tanti facevano a gara nel “delegittimare” i partiti, o meglio taluni partiti, con effetti che si sono poi allargati, forse inaspettatamente, all’intero sistema, talché nessun partito ne è rimasto immune, e oggi ne vediamo i risultati che non devono stupirci perché erano tutto sommato prevedibili (la risposta, a chi non è molto soddisfatto al riguardo, potrebbe essere che bisognava pensarci prima).
(P.B., 23.4.2016)
Il problema per molti, soprattutto nel ramisetano, sembra che sia la mancata esperienza amministrativa pregressa di Manari. A me sembra invece che giudicare un candidato sindaco solo da questi dati sia molto riduttivo poiché non si prendono così in considerazione altri aspetti quali esperienze umane e professionali in altri settori che potrebbero invece arricchire il nuovo Comune di Ventasso. Volevo poi chiedere ad “esperti del settore”… ma è così difficile fare il sindaco ovvero gestire l’aspetto amministrativo dell’incarico? È qualcosa che un comune cittadino non può apprendere? Pongo questi quesiti perché mi pare che anche nel piccolo della nostra provincia hanno assunto questo incarico persone con solo il vecchio diploma di terza media (ora scuola secondaria di primo grado), quindi mi chiedo perché una persona con una laurea specialistica non dovrebbe esserne in grado, secondo il parere di alcuni.
(Cittadina del Ventasso)
Signori, i cittadini del Ventasso hanno ora l’ultima parola, con un’ampia possibilità di scelta. Le primarie non le ha inventate Bargiacchi ma il Pd che addirittura vuole inserirle nello statuto del partito. Il resto sono solo parole. Il rinnovamento o si fa sempre e non solo quando fa comodo a qualcuno, conosco nel nostro panorama provinciale politici longevi tanto o forse anche di più di Bargiacchi, abbiamo bisogno di un sindaco che sappia farlo dal giorno dopo la sua elezione, che conosca territorio e problemi; per la mia personale esperienza ho trovato in Bargiacchi un autorevole amministratore, capace, onesto e leale!
(Emiliano Pedrini)
Mi scusi, signor C.A., ma di cosa sta parlando? Secondo lei oltre 700 firme con una richiesta ben precisa è sintomo di malafede… e le primarie dopo che uno dei due candidati ha deciso di intraprendere un’altra strada formando un’altra lista con chi le avrebbe fatte? E colgo l’occasione per ribadire che questa volta la spontaneità e la volontà espressa dalla popolazione abbia avuto la meglio su decisioni prese a tavolino.
(Marco Galeazzi)
Da ex impiegato in un ente locale e soprattutto come semplice cittadino mi permetto di dire che forse il Pd questa volta aveva davvero proposto un nome nuovo, una persona stimata. Devo dire che però c’è una parte che di società che non lavora per il rinnovamento ma per la restaurazione e lo si vede anche in ambito nazionale non lasciando fare il proprio corso alle riforme. La montagna ha già poche speranze, senza rinnovamento sarà ancor peggio. Bargiacchi lasci. Il suo contributo è stato prezioso in tempi diversi, ora però tentiamo e, diciamo pure, rischiamo qualcosa di nuovo. Cordialmente.
(Massimo)
Esimio P.B, non siamo, come lei ha ricordato evidenziando i prodromi del fenomeno, in un momento felice per la politica italiana in generale e specifica per la nostra zona: in questo concordo con Lei. Una cosa Le concedo: la politica seria non è solo rinnovamento; è soprattutto serietà di comportamento. Gli ideali sono volubili, a quanto pare, l’importante è continuare sulla vecchia strada… e questo a molti non va più bene. La presunta delegittimazione dei vecchi partiti è nata dalla incapacità degli stessi di rappresentare quei valori dei quali si erano fatti portavoce al popolo, loro sono collassati sotto il peso dei loro errori, quindi ritengo che chi ne abbia fustigato il malcostume, che sia un magistrato, un semplice cittadino o quant’altro abbia agito in conseguenza del vuoto etico e morale che questi hanno lasciato. Il tempo, purtroppo ha dimostrato che il fenomeno della corruzione politica era stato addirittura sottovalutato. Con questo appunto non voglio lanciare strali contro nessuno e neppure intendo paventare una nuova candidatura di Bargiacchi (usiamo l’impersonale) o sottolineare quella di Manari a cui lo stesso Pd – e non certo un povero diavolo come me – ha posto il segno. Chiedo: c’era la necessità di una nuova lista civica? E questa chi rappresenta davvero? C’è, come al solito, chi guadagna in tutto questo oppure è solo l’ennesimo atto di campanilismo tra rappresentati dello stesso partito ma di un comune che non si sente rappresentato nella candidatura di un abitante di Busana? L’odio è una forza molto potente per l’uomo, tanto che lo costringe spesso a farsi male da solo. La mia vera paura è una “non riforma” come quella di Solone, un rinnovamento di facciata assolutamente inutile e improduttivo per le parti sociali che mescola solo le carte. Meglio quella di Clistene, forte dei suoi quattro baluardi: controllare l’operosità e l’onestà dei rappresentanti politici; valutare le leggi e rivederne i fini, vigilare sulla sicurezza e sui confini e infine gestire con oculatezza le finanze pubbliche. Chiunque possa garantire questo, di qualunque schieramento sia, è l’uomo da votare.
(Fredo)
P.S. – Sulla quinta voce della riforma; controllare l’esercito e le relazioni estere non ho parlato in quanto per noi ininfluente.
Non penso che il rinnovamento, al quale sarei favorevole, si possa attuare con queste modalità presentando un candidato senza nessun passato a livello politico e amministrativo della cosa pubblica, il rinnovamento non si improvvisa e men che meno in una fase così delicata come l’avvenuta unione di quattro comuni. In questo frangente preferisco di gran lunga l’esperienza e le qualità dimostrate a livello personale e politico di un professionista della politica come Bargiacchi. A livello nazionale anche Renzi doveva rappresentare il nuovo ed il giovane che avanzava e i risultati sono sotto gli occhi di tutti…
(Marco Galeazzi)
Non sono d’accordo. L’esperienza di chi si propone come candidato alla guida del nuovo Comune non va valutata solo in termini di politica e incarichi annessi ma anche di esperienze lavorative e di studio personali, e in questo credo che Manari sia uno dei migliori che il nostro territorio potesse esprimere.
(Cittadina del Ventasso)
Da estraneo, non credo che si possa guardare al nuovo Comune di Ventasso come un qualcosa che riguardi solo la gente che andrà a votare, ma vedo quel territorio come l’80% della nostra montagna che, oltre ai contributi che riceverà, si ritroverà sommati tutti i problemi dei quattro comuni. Non credo che il nuovo comune possa avere “solo un sindaco”. Il sindaco del Comune di Ventasso, per me, deve essere una persona capace di guardare con un’ottica nuova.
Quando ero giovane,
avevo ali forti e instancabili,
ma non conoscevo le montagne.
Quando fui vecchio,
conobbi le montagne,
ma le ali stanche non tennero più dietro alla visione.
(Edgar Lee Masters)
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Riguardo al “rinnovamento” generazionale, è sicuramente vero che lo richiede ormai gran parte della nostra società, spesso a gran voce e ad ogni costo, ma vi sono anche “anziani” – o diversamente giovani, come oggigiorno si usa dire – che si sono “ritirati” di propria e spontanea iniziativa, perché avvertivano di non poter rappresentare un “mondo” in continua trasformazione, che genera ed alimenta aspettative fuori dalla loro portata, ossia dalla loro capacità di saperle interpretare. Ovviamente non resta che assecondare la volontà dei tempi, cioè adeguarsi, ma capita nondimeno di pensare a come venisse considerata e ricercata, nelle antiche comunità, l’opinione degli “anziani”, per la loro esperienza e saggezza, specie quando si dovevano affrontare situazioni delicate e complesse, il che può anche indurci a qualche riflessione e interrogativo – in questo confronto tra presente e passato – a meno di non pensare che gli “anziani” di allora erano diversi da quelli attuali. Di certo il passato, vicino e lontano, ci ha pure trasmesso esempi di “anziani” che non volevano “mollare”, ma anche di giovani che puntavano a “scalzarli” col solo scopo di prenderne posto, e restarvi altrettanto a lungo, per arrivare a dire che su questo piano non ci sono modelli e prototipi fissi, cui far riferimento, ma ogni situazione ha le sue peculiarità, che la distinguono dalle altre, e come tale va affrontata (anche in tema di candidature).
(P.B., 24.4.2016)
Sono molto contento per il notevole interessamento: sicuramente, visto l’alto numero di persone in grado di fornire soluzioni, non si avranno difficoltà a comporre le liste.
(W. Orlandi)
… magari! Non sarebbe forse questa la democrazia? Il rapporto tra gente e politica e successiva mediazione? Mi auguro che L’ascoltino.
(mv)
Esimio (Fredo), a chi ritiene che i vecchi partiti “sono collassati sotto il peso dei loro errori”, e reputa che chi ne ha “fustigato il malcostume” abbia agito “in conseguenza del vuoto etico e morale che questi hanno lasciato” – concetto peraltro non nuovo nei suoi tratti general – si potrebbe replicare che, come spesso sentiamo dire, la politica è per solito lo specchio della comunità che la esprime, ma è una risposta troppo generica e scontata. Viene invece da osservare che quel “collasso” è inspiegabilmente avvenuto dopo un decennio, gli anni ottanta, di diffusa prosperità economica per il nostro Paese – basti pensare all’inflazione ricondotta a valori di una sola cifra e al prestigio guadagnato sul piano internazionale – mentre oggi l’economia pare in affanno e i livelli etici e morali non sembrano essere alle stelle, nel senso che volendo fare un confronto, tra il presente e quel passato, i tempi attuali non ne uscirebbero probabilmente vincenti. C’è chi ancora continua a chiedersi, o comincia a farlo, perché mai sia allora successo quello che sappiamo, con effetti sproporzionati, e fors’anche inaspettati, rispetto agli “errori” che i partiti potevano aver commesso, ma capita talora, nei cicli della storia, che sul vivere di una società prenda a spirare un vento “giacobino”, che ne trasforma le sembianze in maniera accelerata e non graduale, salvo poi accorgersi che il nuovo non è meglio del vecchio, e viene semmai la voglia di fare una qualche “retromarcia”, ma non c’è più chi possa guidarla. Da ultimo, convengo sul fatto che “l’odio è una forza molto potente”, tanto da avere conseguenze imprevedibili, e non andrebbe dunque mai fomentato, ma un poco di “risentimento”, o quantomeno di amarezza, può essere forse concesso a chi, per causa dell’anzidetto vento, ha visto allora scomparire il partito in cui aveva a lungo militato.
(P.B., 26.4.2016)
L’aspetto, caro P.B. è molto più complesso di come lo si può descrivere in due righe. Ricalca lo strano sentimento del cittadino che può chiudere gli occhi sugli errori di uno schieramento nazionale ma che vede ingigantito l’errore del politico locale. Lo so, detto così sembra di un semplicismo disarmante ma, a mio avviso l’asintonia con il mondo politico proviene dalla sensazione di sentirsi più colpiti dai malsistemi dei rappresentanti locali.
(Fredo)
Il dovere di produrre i migliori risultati, di agire comunque in conformità a regole anche morali, di non causare o di evitare danni spesso irreparabili, di agire secondo aspettative raggiungibili, introduce considerazioni conseguenzialiste che potremmo definire ex-ante.
La politica delle riforme, in particolare, produce risultati positivi (in termini di costruzione di nuove regole di comportamento collettivo) solo se i problemi che risolve sono, volta per volta, maggiori (quantitativamente e qualitativamente) di quelli che crea: è un approccio che potremmo chiamare anche di maximin, nel senso che riesce a produrre risultati massimi (massimo relativo) col minor danno possibile. L’approccio politico rivoluzionario, immediato e massimalista, produce di solito conseguenze opposte, che potremmo a ragione chiamare di maximax: il massimo del cambiamento col massimo danno, e quindi con conseguenze spesso disastrose, tragiche, impreviste e imprevedibili, che potrebbero essere evitate in una prospettiva che non rinunci al cambiamento (e quindi a generare azioni di tipo politico), ma lo governi con gradualità e responsabilità, cercando di ottenere il massimo risultato (voluto) col minimo possibile di conseguenze (dannose). La prospettiva contro-riformatrice propone al contrario di neutralizzare l’azione politica giustificandosi con considerazioni di minimin: ridurre al minimo i danni derivanti dall’azione politica evitando di fare politica, evitando cioè di introdurre cambiamenti che in qualche modo modifichino l’ordine sociale, economico, istituzionale esistente. Sia il maximax del rivoluzionario e dell’utopista, che il minimin del conservatore non producono esiti soddisfacenti dal punto di vista dello sviluppo e della evoluzione positiva (costruttiva) delle civiltà umane; diverso è il caso del maximin, cioè dell’azione politica orientata alle riforme, l’unica capace di produrre miglioramenti visibili riducendo al minimo le conseguenze non volute, efficace nel tener fede alle proprie promesse, limitata e limitante negli effetti negativi e distruttivi. L’azione politica degli uomini, infatti, si qualifica non solo per la sua capacità peculiare di rispondere in modo creativo ed imprevedibile ai problemi esistenti, ma anche nella capacità di creare i problemi laddove non esistono, di produrre mutamenti anche dove parrebbe non ve ne fosse bisogno, laddove il “migliore dei mondi possibili” parrebbe aver realizzato condizioni utopistiche: l’attività politica dell’uomo, incessante ed imprevedibile, è infatti la negazione dell’utopia; come distrugge l’utopia, il modello della società felice ed immutabile, così essa distrugge anche la sua negazione (o il suo compimento, a seconda dei punti di vista), e cioè il sistema totalitario che tutto annulla e tutto congela. Come negazione del totalitarismo e dell’utopia, l’attività politica produce i migliori risultati laddove il contesto è ad essa più favorevole: democrazia e riforme sono gli abiti mentali e procedurali che più di altri favoriscono il suo sviluppo. Se consideriamo che sviluppo dell’attività politica e sviluppo delle civiltà umane sono concetti intimamente connessi, giungiamo senza difficoltà a percepire come democrazia e riforme siano i contesti migliori per uno sviluppo umanamente accettabile di ciò che chiamiamo, in generale, “civiltà”.
(Alfione)
Urge, con probabilità, una contestualizzazione dello scritto; non è vero:
A) non è possibile fare politica seguendo un risultato che già ha dimostrato di essere catastrofico o quanto meno errato (Einstein diceva che la pazzia è fare sempre la stessa cosa pretendendo risultati diversi);
B) utopicamente non si hanno risultati, l’uomo è la negazione stessa di utopia;
C) che la rivoluzione è l’unico modo di cambiare le cose.
Risultante, la politica non soddisfa il cittadino, che sia locale o nazionale, è fine a se stessa e nutre solo i propri membri. Il cambiamento unico è nel cambiamento, nuove forze in grado di mettere in campo ricontrattazioni nel rapporto uomo-istituzione!
(Alfione)