Anna! Anna!
Sento la mamma che mi chiama, sto giocando con la mia amica Renata, davanti a casa sua, che è un vecchio mulino ad acqua (Il molino di Fortunato). C’è ancora la mola di pietra e il canale dove passava l’acqua, ma è proibito andarci anche se adesso non è in funzione perché è pericoloso (Renata me lo ha fatto vedere da una finestrella di nascosto).
Stiamo giocando alla “settimana” abbiamo disegnato con un sasso appuntito sei rettangoli sulle “piagne” del suo cortile, che rappresentano i giorni feriali della settimana, poi c’è la domenica che chiamiamo capanna che è più grande e a forma di semicerchio.
Spingendo con un piede un bel sasso piatto e con una gamba sollevata dobbiamo fare tutto il percorso. Chi arriva per primo senza mettere giù il piede vince, io sto vincendo. Uffa! Mi chiama! L’aria è dolce, ci stiamo divertendo un mondo, ma devo rispondere. La mia casa è a venti metri e mia madre sull’aia sta dando un po’ di grano alle galline.
“Sì, arrivo mamma” rispondo a malincuore. Saluto Renata e corro a casa.
“Devi andare nel pollaio a raccogliere le uova - dice mia madre - lo sai perché”.
Io vado, svelta, raccolgo tutte le uova (cinque) e le porto in cucina, nel mio cestino ormai ce ne sono un bel mucchietto. Domani le porterò a Toano, alla bottega della Dirce. Lei me le prende e me le paga. La mamma dopo che ho tanto insistito mi ha permesso di raccogliere le uova e di poterle vendere per raggranellare i soldi per comprare un paio di zoccoletti rossi che mi piacciono tanto. Li comprerò alla fiera di San Giovanni il 24 di giugno, è una bella fiera, gli ambulanti vengono da Scandiano, da Sassuolo, da Castellarano e perfino da Frassinoro e da Aulla.
C’è una bancarella che vende dei piatti e delle scodelle con una riga d’oro e un venditore che li maneggia con destrezza e chiama le signore: ”Venite donne, donne piatti così belli non li avete mai visti, sono belli come quelli che aveva il Podestà!”
Poi c’è quello che vende la tela a rotoli, bianca e grezza, per fare le lenzuola da corredo e declama: “Questa è di pelle d’uovo, ideale per le vostre figlie che si sposano, per la prima notte di nozze, infallibile, tiene l’uomo a casa dall'osteria!
Poi c’è il banchetto delle scarpe, dove ho visto gli zoccoletti rossi.
Di legno, con un piccolo tacco e una fascetta rossa di pelle, rosso vivo come un papavero, un geranio, un fuoco acceso, una fragola purpurea, una ciliegia matura da cogliere.
Vederli e volerli è stato tutt'uno. Belli ma impossibile poterli comprare, ho solo trenta lire e al massimo posso comprare un gelato o qualche liquirizia o forse un “mignin”.
Mi sono dovuta rassegnare, però quest’anno ho cominciato per tempo a mettere via i soldi e andrò alla fiera a comprarmi gli zoccoli!
Il mio papà fa il muratore, però più che altro costruisce dei forni di sassi e mattoni per cuocere il pane, infatti lo chiamano: “Carlinacc dai furne” e poi siccome nessuno ha soldi gli danno della roba per paga: grano, formaggio, salami, polli, cose così, quello che hanno.
La mia mamma invece fa i materassi, le coperte imbottite, va a fare le punture e a castrare i galli per fare i capponi, fa perfino le corone da morto con i fiori fatti di carta.
È brava, ma nessuno può pagare tanto e così siamo sempre a corto di soldi.
Allora ha deciso di aiutarmi nel mio sogno, e invece di vendere le uova, quelle che avanzano, per la famiglia, mi lascia tenere il ricavato della vendita per poter comprare gli zoccoletti rossi.
Ho ancora tempo, siamo a maggio, forse riesco a raggiungere il traguardo. Tutti i giorni guardo e conto i miei risparmi, crescono come la neve al sole (come dice mio padre).
Vado a scuola.
Dalla mia casa che è giù verso Codesino, devo salire al paese, c’è solo un sentiero che passa nei campi e poi si arriva alla “Pioppa” che è all’inizio di Casa Bonci, alla “Ca’ dla Nora” e lì c’è la strada comunale e poi ancora su, la salita dura del "Casello” e finalmente a scuola a Toano.
Ho la cartella, che ha fatto la mamma, di stoffa blu e un cestino con le uova, prima di andare in classe (quarta elementare, maestra Iori) passo dalla Dirce.
La Dirce vende di tutto: la conserva, i lacci per le scarpe, le prugne secche per il mal di stomaco, il lucido, le candele, il Sassolino, l’Alchermes, la carta moschicida, l’olio sfuso, che ti devi portare la bottiglietta da casa, il caffè vero, non l’orzo abbrustolito che mia mamma spaccia per caffè è poi il baccalà salato, le saracche e i deliziosi: “Mignin” wafer quadrati ripieni di cioccolata e di crema, incartati uno per uno.
È molto comprensiva la Dirce, se qualcuno va a fare la spesa e non ha soldi (la maggior parte) lei segna su di un libretto e poi la pagano quando prendono i soldi del latte, una volta all'anno.
A Toano sono quasi tutti contadini e hanno una mucca, due i più ricchi, e portano il latte al caseificio dove viene trasformato in burro, ricotta e formaggio grana, per alcuni è l’unica fonte di reddito, anche noi abbiamo una mucca e fa veramente poco latte perché non le possiamo dare molta farina, solo fieno. È veramente un angelo la Dirce, non nega niente a nessuno, aiuta tutti i paesani e non solo, vende “a speta” ma non perde mai un soldo, non potrebbero farle questo torto, neppure i più miserabili.
Pagano quando possono, ma pagano. Le porto le uova e lei mi dà poche lire (e un confettino d’argento) preziose per me. Corro a scuola con il mio piccolo gruzzolo che sto accumulando con tanta tenacia.
Passano i giorni: lenti, interminabili, pesanti.
Nell'aria sentore d’estate.
Io sono felice, libera e felice come si può essere vivendo qui nel verde, correndo in questi prati di erba medica e di fiordalisi, in questi boschi ombrosi e pieni di misteri, passando i pomeriggi in avventure fantastiche a caccia di lucertole e di farfalle, di nascondigli segreti dove la fantasia è il gioco principe, dove l’albero di mele renette è il castello delle fate e il bosco è popolato da elfi e gnomi, da cavalieri che salvano principesse in pericolo e draghi che sono sconfitti da eroi.
Io e la mia amica Renata pensiamo di vivere in un mondo fantastico: i monti col Cusna imbiancato che vediamo da qui e che ci protegge dai venti e dalle bufere per noi sono ”Le montagne della luna”, il Dolo che sentiamo scorrere laggiù in fondo è “Il Nilo Azzurro”, il monte Castello che sovrasta Toano è “La reggia di Matilde” e noi siamo le castellane, le donzelle della sua corte.
Ci lasciamo solamente di sera.
Ognuna torna alla sua casa, ma abitiamo vicino, domani ci ritroveremo, siamo inseparabili!
Ed io aspetto… aspetto con ansia che arrivi il 24 giugno. I soldi ormai li ho risparmiati, spero di averne a sufficienza!
È arrivato il giorno 23. Domani c’è la fiera.
Non riesco a dormire, sono agitata. La mamma viene a vedermi, nella notte, sente che mi muovo, mi lamento. Mi alzo, vado in cucina, c’è il secchio con l’acqua del pozzo, ne prendo un mestolo, il rame luccica nella luce della luna, l’acqua mi rinfresca, ma sono molto accaldata e inquieta.
“Cosa c’è? Non dormi? Deve aver pazienza, vedrai che il domani arriva”
“Sì, lo so, - rispondo - non so cosa ho, non so dove stare”
“Torna a letto e pensa a qualcosa di bello, vedrai che ti calmi” dice mia madre.
Torno a letto e mi riaddormento ma dormo male, ho gli incubi e mi rigiro nel letto.
Al mattino lei viene a svegliarmi.
“Anna, ora che è arrivato il gran giorno non ti muovi? Alzati e preparati, devi andare a Toano, c’è la fiera di San Giovanni, finalmente andrai a comprare gli zoccoletti rossi che hai tanto desiderato”.
Io mi sento tutta pesta, calda, con un’arsura feroce come se avessi la febbre.
Apro gli occhi e vedo la mamma con un’espressione meravigliata e sgomenta che mi sta fissando: oh! No! Sei tutta piena di puntini rossi come se tu avessi il morbillo!
Ho il morbillo!
Mi misura la febbre, mi porta un infuso da bere, mi fa cambiare la biancheria perché sono tutta sudata, mi cura come sa e come può.
Devo stare a letto e aspettare che passi. Dopo averlo tanto desiderato, non posso andare alla fiera!
La mamma cerca di consolarmi, dopo avermi sistemato e rinfrescato mi promette che andrà lei a Toano e mi porterà ugualmente gli zoccoletti rossi, però andrà di pomeriggio, prima non può.
Il tempo non passa mai.
La mamma finalmente è andata su. La sto aspettando. Ecco è tornata. Sento aprire la porta. Sale le scale. “Sono qui – dice- sai, sono arrivata tardi, aveva già venduto tutti gli zoccoli, però ti ho portato un bel paio di scarpe. Anche perché ne hai bisogno per andare a scuola quest’autunno, con tutta la strada che devi fare! Forse è meglio così, gli zoccoli rossi non ti servivano poi tanto, era una voglia, siamo seri! E tira fuori dalla scatola un paio di scarponi: marroni, pesanti, sgraziati, brutti, peggio, orrendi!
La delusione è immensa!
Io la guardo e non parlo, sento solo il sapore salato delle lacrime, non mi sono neppure accorta che sto piangendo!
Non ho più comprato gli zoccoletti rossi, non li ho voluti.
Mia madre pensava che ci tenessi tanto, ma non così tanto e allora come tutte le madri che a volte sbagliano ma in buona fede, fece di tutto per rimediare.
Andò a Morra dove vivevano i signori Notari che avevano un grande podere e dei contadini e mezzadri e chiese di poter fare dei lavoretti per la signora Gina, che la ingaggiò subito per cucire e ricamare lenzuola e federe.
Per tante notti, dal mio letto sopra la cucina (non avevo una camera tutta per me, dormivo sul ballatoio delle scale, avevamo due camere, in una dormivano i miei genitori, nell’altra i miei fratelli) sentii mia madre pedalare alla macchina da cucire, non sapevo che cucisse per me e con la noncuranza della gioventù non mi preoccupai della sua fatica o della sua stanchezza e neppure della sua perdita di sonno. Era normale per me era mia madre, tutto mi era dovuto!
Toano 2011
È passato tanto tempo.
Il mio nipotino, quattro anni e mezzo, curioso come tutti i bambini, attratto dal mio “Scrigno Segreto delle Gioie” dove tengo i ricordi più belli, tipo: una scarpetta di lana dei miei bambini, un cavallino di legno senza una zampa, un pupazzo un po’ strapazzato, una bambolina spelacchiata dal troppo uso; ha trovato una scatolina di velluto un po’ liso agli angoli, con dentro una sottile catenina d’argento con un piccolo ciondolo a forma di scarpina, quasi come quella di Cenerentola.
“Nonna che carina, era tua?”
“Sì - rispondo - me l’aveva comprata la mia mamma, con tanti sacrifici! Quando ho compiuto dieci anni. L’aveva presa a Toano nell’oreficeria della Luisa Ferrarini Diambri l’unica che vendeva l’oro, più che altro le fedi per i matrimoni.
Ho saputo che per trovare una cosa così particolare ha cercato tanto e sai perché me l’aveva comprata? Non aveva potuto prendermi, alla fiera un paio di zoccoletti rossi, io ero rimasta molto male e lei ha voluto rimediare e mi ha regalato questo piccolo gioiello.
“Ma nonna se non li ha trovati a Toano perché non era andata al Grand’Emilia?
Io ricopro di baci questo mio amore di nipotino e gli racconto la mia storia. Di quando, anche comprare un paio di zoccoli era difficile, ogni cosa te la dovevi conquistare, non c’erano tanti negozi e neppure tanti soldi o mezzi per spostarsi.
Si viveva in ristrettezze e con molta parsimonia, ogni cosa era una conquista e si gioiva per le piccole cose che per noi diventavano importantissime.
Forse però certi problemi servivano per forgiarci un carattere, ogni delusione ci faceva più forti, anche se al momento non sembrava.
“Nonna, quando c’è la fiera di San Giovanni, posso regalarti gli zoccoletti rossi?"
“Sai Fabio, la fiera di San Giovanni non esiste più, però ti ringrazio tanto, il tuo pensiero generoso mi commuove e mi scalda il cuore di più di un paio di zoccoletti rossi!".
Complimenti ad Elena Paola! Ho letto il racconto a mia mamma nata nel ’37 e si è divertita un sacco, conferma che i desideri una volta erano molto forti avendo così poco ed essendoci veramente poca offerta ma la felicità che derivava dalla libertà era tanta! Grazie per la piacevole lettura.
(Patty)
Elena non scrive, dipinge con le parole!
(Francesco Puzzello)