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Di troppa fame: oggi giornata nazionale contro i disturbi alimentari

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Il fiocchetto lilla simbolo dei DCA
Il fiocchetto lilla simbolo dei DCA

"Mi hanno preso in giro, mi hanno detto che ero grassa, ho smesso di mangiare", "Volevo almeno essere magra, visto che avevo paura di essere niente", "Avevo dentro una grande rabbia a cui non sapevo dare un nome, ho iniziato a vomitare, era il mio rituale segreto, il mio modo per illudermi di poter avere tutto sotto controllo".

Spesso i racconti di chi finisce dentro  un disturbo alimentare iniziano da una paura, da un grande disagio a cui all'inizio non si sa dare un nome. Una nota stonata dentro di sé, un rapporto contorto col proprio corpo. E un mezzo a portata di mano: il cibo.

Negato o ingurgitato, il cibo non è più nutrimento ma strumento per scappare da se stessi, dalle paure e dal dolore nascosto.

La fragilità negata porta a farsi del male, ci si illude di poter vincere da soli, contro il non sapere diventare se stessi.

Magro o grasso non è il problema. Il sé negato lo diventa.

Tutti sono a rischio, prima o poi, di incontrare una dinamica distorta col cibo. La consapevolezza e ascoltare i primi campanelli d'allarme aiutano ad uscirne. Perché uscirne si può. Con l'aiuto di una voce esterna che riporti a casa, che sostenga e incoraggi a dare un nome a quel dolore negato attraverso la privazione o l'esagerazione di cibo.

Ameya Gabriella Canovi