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Bulli, cyberbulli e citrulli

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Proviamo a capire il problema, dapprima dalla definizione. Dalla rete apprendiamo:

Cyberbullismo: sostantivo maschile
Atto aggressivo, prevaricante o molesto compiuto tramite strumenti telematici (sms, e-mail, siti web, chat, ecc.).

Da Wikipedia:"Il cyberbullismo o ciberbullismo (ossia «bullismo online») è il termine che indica un tipo di attacco continuo, ripetuto e sistematico attuato mediante la rete.Il termine cyberbullying è stato coniato dall'insegnante canadese Bill Belsey. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment ("cybermolestia") che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne. Tuttavia nell'uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e del Codice penale e, per quanto riguarda l'ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003).Oggi il 34% del bullismo è online, in chat, quest'ultimo viene definito cyberbullismo. Pur presentandosi in forma diversa, anche quello su internet è bullismo: far circolare delle foto spiacevoli o inviare mail contenenti materiale offensivo può costituire un danno psicologico. In Inghilterra, più di 1 ragazzo su 4, tra gli 11 e i 19, anni è stato minacciato da un bullo via e-mail o sms. In Italia, secondo l’Indagine nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza pubblicata nel 2011 [fonte: Eurispes, Telefono Azzurro, 2011] un quinto dei ragazzi ha trovato in Internet informazioni false sul proprio conto: “raramente” (12,9%), “qualche volta” (5,6%) o “spesso” (1,5%). Con minore frequenza si registrano casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi, ricevuti “raramente”, “qualche volta” o “spesso” dal 4,3% del campione; analoga percentuale (4,7%) si registra anche per le situazioni di esclusione intenzionale da gruppi on-line."

Cosa possiamo fare noi adulti? Proviamo a riflettere

cyberbullismo
Immagine presa dal web

Se on line vediamo un messaggio offensivo verso qualche adolescente, scriviamo privatamente alla persona che ha prodotto l'offesa, portiamola a riflettere e mettiamola di fronte alla gravità del suo gesto, a quanto sta facendo. Chi agisce aggressività on line si sente protetto, con la scusante di un video non si rende ben conto a volte del danno che può causare, pensando di fare semplici bravate. Invitiamo a mettersi nei panni di chi subisce il "flaming", operazione di aggressività e denigrazione on line. L'empatia va coltivata, ribadita, perseguita incessantemente. Se i nostri figli non capiscono quanto dolore causano sono a loro volta al buio, privi valori.

Praticare la crudeltà è un modo per scappare dalla propria fragilità

Il branco ha bisogno di un capro espiatorio contro cui allearsi, posizionandosi nel "giusto" contro chi viene percepito portatore di errore.

Noi adulti abbiamo il dovere di vigilare

Alcune pratiche utili in caso di sospetto o certezza di comportamenti aggressivi on line:

  • Chiediamo consiglio a un esperto, un educatore, una persona che si occupa di questo tema
  • Informiamo ai genitori dei persecutori se sappiamo chi sono
  • Creiamo una rete allerta
  • Informiamo i genitori dei ragazzi perseguitati segnalando un comportamento, chiedendo loro se sono a conoscenza di quanto sta accadendo
  • Occorre non ignorare i commenti offensivi, tirandoci fuori poiché non sono affari nostri
  • Passiamoci le informazioni sia on line che dal vivo in caso notassimo offese gravi e fotografie offensive
  • Cogliamo i segnali e schieriamoci, senza aggredire a nostra volta, ma chiedendo agli autori delle offese pubbliche ponendo, privatamente, domande del tipo: "come mai dici questo?" "E' una frase pesante, cosa ti ha fatto questa persona?" "Non pensi che sia molto doloroso per lei/lui?" "Come pensi che stia questa persona?" "Se fosse il tuo migliore amico? Tuo fratello/sorella?"
  • Magari possiamo invitare la persona che ha espresso l'offesa a ripensarci, a togliere un'immagine, a cancellare la frase che potrebbe diventare virale
  • Chi subisce l'aggressività spesso viene rifiutato, isolato e non ha strumenti da solo per fronteggiare l'aggressore, tanto meno il branco. E si sente molto solo
  • Segnaliamo a chi di dovere, oltre alle famiglie interessate, possiamo informare i docenti, i servizi in caso di evidente gravità
  • Incoraggiamo comportamenti pro sociali
  • Offriamo modelli di tolleranza
  • Rinforziamo atteggiamenti empatici
  • Premiamo chi difende la persona in difficoltà e denuncia comportamenti scorretti

Un tempo il cortile era vigilato dal mondo adulto che proteggeva coralmente la comunità. Ora sono i social i cortili odierni. Facebook è diventata la pubblica piazza. E se leggiamo pubbliche offese pertanto non esitiamo a intervenire, con delicatezza ma determinazione e fermezza se necessario. Se percepiamo adolescenti vessati, esclusi, isolati prestiamo attenzione.

A scuola ognuno è responsabile, dai collaboratori scolastici ai docenti, ai tecnici:  chi vede può intervenire, riferire, segnalare. Nei contesti virtuali, sui social le informazioni scorrono veloci sotto forma di immagini o scritte, pertanto dobbiamo cogliere i segnali discriminanti che vediamo passare sulle bacheche nostre o dei nostri figli in caso ci accorgessimo.

Parliamone spesso, chiediamo opinioni ai nostri figli, agli adolescenti

Se chiediamo agli adolescenti che assistono in modo passivo ad atti di bullismo, o cyberbullismo, ci risponderanno probabilmente che la vittima se l'è cercata, per come si atteggia, per come si veste, o perché "va con tutti", o è semplicemente antipatica, o "senza carattere".

Occorre educare gli adolescenti (e gli adulti) a tollerare anche chi non è omologato. Ribadiamo con forza che, al di là delle simpatie o odi personali, non esiste un diritto ad aggredire, ad esercitare la prepotenza, la presa in giro feroce e crudele. Questa modalità giudicante e sprezzante è appresa, in famiglia, nei gruppi. Se educhiamo i nostri figli ad opporsi al pensiero dominante, a discernere ciò che ferisce da ciò che è lecito, allora forse avremo figli meno fragili, più coraggiosi di opporsi a chi fa la voce grossa, a non soccombere vittime o complici di un bullo.

Facciamo attenzione a come ci poniamo nei confronti degli altri

Se siamo noi in primis giudici perenni, sempre pronti a svalutare, denigrare, criticare, passeremo questo modello. Insegniamo ai nostri figli a a non vivere nella paura, a denunciare, a disinnescare, a disincentivare l'aggressività piuttosto che fomentarla. Ridere di fa male, ed è diverso da ridere con. Non tutti sono bulli, e ci sono adolescenti propositivi, positivi, ricchi di risorse. Ma i bulli sono supportati da qualcuno, spettatori passivi, se non da veri e propri vili fedeli, disposti a ridere delle battute atroci del bullo, incoraggiandolo.
I bulli, come le vittime, sono figli di qualcuno, e urlano al mondo la loro vulnerabilità mascherata da violenza verbale o fisica.
Non serve dire "mio figlio non c'entra".
Anche chi resta a guardare e non dice niente è figlio di qualcuno.

(Ameya Gabriella Canovi)