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Case della carità: “Ripensarci come presenza evangelizzatrice alla luce delle nuove unità pastorali”

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Tre PaniRiceviamo e pubblichiamo.

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In seguito agli articoli apparsi sulla stampa locale a proposito della casa della carità di S. Giovanni di Querciola, riteniamo importante fornire un’informazione corretta sul cammino che nella Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla si sta compiendo con riguardo alle case della carità stesse.

È opportuno anzitutto ricordare che la prima casa nacque nel 1941 nella parrocchia di Fontanaluccia ad opera del parroco don Mario Prandi. Da subito don Mario la visse come una possibilità per ogni parrocchia, perché ciascuna comunità - facendo famiglia con i poveri, a partire dall’Eucaristia domenicale - mostrasse il volto di Dio che è amore e fosse custodita nella sua identità. Questa strada è stata intrapresa da un numero crescente di comunità parrocchiali in Italia, in Madagascar, in India, in Brasile e in Albania.

Per questo nel 1956 la Diocesi ha eretto la Congregazione mariana delle case della carità che, con vari stati di vita, anima le diverse case “parrocchiali”.

Oggi ci troviamo davanti a due sfide: il ripensarci come presenza evangelizzatrice alla luce delle nuove unità pastorali, che raggruppano più parrocchie, e l’avanzare dell’età media dei consacrati, che non permette più loro di essere in tutte le Case distribuite sul territorio.

Provocati da queste sfide, da quasi un anno il Vescovo con il suo vicario generale, le parrocchie e le unità pastorali che hanno le case della carità hanno avviato insieme alla Congregazione mariana un cammino per chiedersi come rinnovare l’annuncio del dono delle case in questo momento storico e come aprirsi a nuovi modi di animare questi segni dell’amore di Dio anche in assenza dei consacrati.

Il discernimento in atto non ha ancora maturato decisioni definitive, ma ha individuato alcune case della carità da interpellare. Una di queste è quella di S. Giovanni di Querciola.

(La Congregazione mariana delle case della carità)