Richard Penhaligon, site manager e responsabile della costruzione del padiglione del Regno Unito a Expo Milano 2015, e che vive vicino a Toano già da qualche tempo, ha tenuto, venerdì 18 dicembre 2015 nell’aula magna dell’Istituto "Cattaneo-Dall’Aglio", una conferenza per il triennio del Liceo Linguistico dello stesso Istituto.
Simbolo del padiglione era l’Alveare, una costruzione disegnata dall’artista Inglese Wolfgang Buttress, che accompagnava il visitatore in un viaggio immaginario a seguito del volo delle umili api. All’alveare si giungeva dopo aver attraversato il giardino, costruito su livelli rialzati proprio per dare al visitatore la visione che di un giardino ha un’ape. Le piante e i fiori erano tutti esemplari della flora presente nei campi inglesi, così da immergere il visitatore nell’atmosfera delle campagne britanniche.
Perché scegliere l’ape come simbolo di Expo? Perché le api, specialmente la varietà presente nel Regno Unito, sono in pericolo, ed era importante far sapere quanto queste modeste creature siano importanti per l’impollinazione delle piante di cui ci nutriamo e, quindi, per la nostra stessa sopravvivenza.
Oltre al significato del padiglione sono stati illustrati anche gli aspetti tecnici della costruzione: i tempi, i metodi, i materiali, mostrando anche alcuni dei pezzi utilizzati per l’Alveare. Il padiglione è attualmente in fase di smontaggio per essere poi rimontato nei Kew Gardens vicino a Londra.
Tra gli ostacoli che Penhaligon ha dovuto affrontare, oltre alle sfide giornaliere di una costruzione così unica e articolata, ci sono state la complessità e le lunghe tempistiche della burocrazia Italiana: nonostante ciò egli ritiene che Expo sia stato una grande opportunità per tutto il nostro paese, non solo per Milano.
Tutto questo Richard Penhaligon lo ha raccontato interamente in lingua Inglese, così da rendere la conferenza una perfetta prosecuzione del lavoro svolto quotidianamente. L’incontro ha avuto un grande successo tra gli studenti, che sono stati così in grado di comprendere le difficoltà di un tale lavoro, ma anche di capire alcuni aspetti chiave di Expo grazie a chi, come Richard, l’ha vissuto in prima persona.
