Riceviamo e pubblichiamo.
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Domenica 13 dicembre, a Bologna, presso la Cappella Fernese di Palazzo D’Accursio, in piazza Maggiore, il Parco Appennino Tosco-Emiliano ha ricevuto, dopo Parigi, l’attestato che lo pone tra le Riserve dell’Uomo e della Biosfera dell’Unesco.
Un riconoscimento di indubbia rilevanza, che rimarca maggiormente il valore dei nostri luoghi, un territorio che ci fu consegnato in ottime condizioni dal Creato, e conservato in uno stato quasi perfetto dai nostri Padri, e sarà ora responsabilità nostra il mantenerlo tale, senza cioè snaturarne caratteri e vocazioni ma anche facendo sì che l’uomo rimanga a vivervi.
Nella sostanza, pare essere su questa linea anche l’invito rivolto dal presidente Giovanelli perché si divenga un po’ tutti parte attiva di questo patto tra l’Uomo e la Biosfera e ci si impegni a rafforzare le qualità dell’Appennino che siamo e che vogliamo.
Sia come Lista Civica Progetto per Castelnovo, che come Associazione “Vivere in Montagna“ Appennino 2.0, abbiamo contribuito a questo percorso, vuoi col voto in Consiglio comunale vuoi cercando di promuovere Convegni tematici sulle attività primarie e sulle vocazioni del nostro Appennino, e la “medaglia” ricevuta dall’Unesco non può che farci piacere, ma non può essere di certo questo il punto di arrivo.
Il traguardo cui miriamo è, infatti, quello di potere arrestare lo spopolamento della nostra montagna, e abbiamo sempre inteso il Parco Nazionale, fin dal suo atto di nascita, come uno dei soggetti che doveva concorrere a mantenere nel giusto equilibrio la salvaguardia ambientale e la presenza dell’ Uomo, con le sue attività, come avvenuto nei tempi passati, cioè quell’insieme che ci ha fatto meritare l’encomio dell’Unesco.
In questa ottica il Parco poteva essere anche il motore di uno sviluppo “sostenibile”, come oggi si usa dire, contribuendo a crear lavoro e occupazione, ma in questi anni, a nostro modesto avviso, forsanche per difetti di comunicazione, il Parco non è stato visto come un’opportunità ma piuttosto come un vincolo, e questa percezione non si è ancora dissipata, anche se adesso potrebbe venire in aiuto una nuova sensibilità ambientale, da un lato, e, dall’altro, un po’ di svolta nella politica del Parco, vedi qualche “porta” in meno e qualche “concretezza” in più, perché le “porte” hanno simboleggiato il primato dell’immagine rispetto ai contenuti.
Essere poi diventati parte e patrimonio dell’Unesco, non vuol dire a nostro giudizio omologarsi agli altri territori che con noi vi sono inclusi, ma significa valorizzare il nostro particolare ambiente, le nostre peculiarità e specificità, il nostro modo di vivere in Montagna contraddistinto da tradizioni, consuetudini e Valori umani tramandati da generazioni, che vanno custoditi e preservati, come si fa oggi, ed opportunamente, per la biodiversità.
Noi crediamo che questa nostra speciale “identità”, dai tratti materiali e immateriali, possa indurre i nostri giovani a restare dando continuità all’esistente, ma possa altresì aprirsi a un mondo nuovo e diverso attirando quanti possono riconoscere in questi luoghi un terreno fertile per le proprie speranze ed aspirazioni, non solo turistiche ma anche occupazionali ed economiche, a patto di poter conservare servizi efficienti, sia alla persona che alle imprese, ed è questa la sfida che potrà fare la differenza per invertire la rotta dello spopolamento e dell’invecchiamento del nostro Appenino, e solo se saremo amministratori lungimiranti potremo far sì che il riconoscimento ricevuto dall’Unesco si trasformi in qualcosa di veramente utile per dar futuro al nostro Vivere in Montagna, altrimenti avremo perso un ennesima occasione .
Temiamo anche che questa sia l’ultima chiamata per dare risposte concrete e avvedute per le nuove generazioni, le quali si trovano sì con un Patrimonio importante ma che tutti insieme dovremmo riuscire a far “fruttare” al meglio, proprio per non sprecarlo.
Nessuno ha ovviamente la ricetta magica e soluzioni pronte, anche perché l’argomento è complesso, ma non possiamo in ogni caso sottrarci a questa sfida, difficile ma pure stimolante. Il riconoscimento ricevuto va aldilà delle appartenenze politiche e delle persone che oggi sono chiamati a guidare le istituzioni, quindi dobbiamo sentirci impegnati a dare il nostro fattivo contributo per ottenere il risultato più confacente, sia per lo sviluppo che per la salvaguardia del nostro splendido Appennino.
(Robertino Ugolotti e Daniele Valentini, lista civica “Progetto per Castelnovo ne' Monti”)
Proprio stamattina una persona non più giovane, ma ancora in piena attività, ricordava con nostalgia gli anni in cui l’economia della nostra montagna era molto vitale e florida, domandandosi se fosse possibile ritornare o riavvicinarsi a quella prospera stagione, e come arrivarvi, e su questo tema ci siamo poi scambiati le reciproche valutazioni. Nessuno di noi ha in proposito la “sfera di cristallo” e non sappiamo di certo cosa ci riserverà il futuro, anche per l’eventuale sopravvenire di fattori imprevisti, ma si ha non di rado la percezione che vi siano al riguardo due linee di pensiero, per così dire di fondo, pur con relative varianti e sfumature. Per riassumerne l’essenza, l’una mette al centro e al primo posto la presenza dell’uomo e vorrebbe dunque frenare l‘esodo dalla montagna e invertire anzi la tendenza allo spopolamento col far nascere posti di lavoro ed opportunità occupazionali nell’ovvio e doveroso rispetto dell’ambiente e delle vocazioni territoriali, mentre l’altra è meno preoccupata di questo aspetto, poiché ritiene che pure una montagna meno abitata e meno “sfruttata” rappresenti oggi una buona risorsa, anche sul piano economico, su cui poter investire. Se la percezione di cui dicevo non è sbagliata, a me pare che chi si trova a ricoprire ruoli decisionali – nel senso che ai vari livelli è chiamato a fare scelte “politiche” che possono incidere in qualche modo sui destini della nostra montagna – debba porsi innanzitutto il problema su quale delle due strade incamminarsi.
(P.B., 18.12.2015)