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Antonio Peretti: un anticipatore dei diritti della donna

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A. PerettiCadono quest'anno 2015 i 200 anni dalla nascita di Antonio Peretti, il letterato ed educatore cui Castelnovo ne' Monti ha dedicato la sua piazza centrale. Ed oggi, il 23 novembre di 157 anni fa, passava a miglior vita, ancor giovane. Peccato che nessuno abbia pensato - tra tante feste ed "eventi" - di ricordarlo, neanche in occasione di un piccolo buffet o di una prima serata color cremisi.

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Peretti nasce a Castelnovo il 13 giugno 1815. "La madre Giuditta Rabotti apparteneva ad una distinta famiglia del luogo, il padre Giuseppe era nativo della vicina 'villa di Felina', dove ancora oggi, nel borgo di Fariolo, si trova la casa della famiglia Peretti, e ricopriva l'ufficio di cancelliere civile e criminale", scrive Clementina Santi in una sua biografia ripercorsa in un articolo comparso su "Reggio Storia" nel 1997. Compiuti a Castelnovo i primi studi, dopo il trasferimento del padre a S. Polo per assumere l'incarico di giudice e trovandosi lontano dalla scuola elementare, "il piccolo fu ospitato direttamente in casa dell'insegnante don Natale Vologni, 'maestro e quasi padre'", come ricordò più tardi Peretti. Quel sacerdote "seppe riconoscere - annota ancora la Santi - la precoce sensibilità del discepolo e guidarne le infantili fantasie ma anche aprire la sua mente con le parole e con i libri".

Studente a Marola

Passa quindi a Marola, in quel seminario - da poco aperto, nel 1824, per volontà del sovrano estense Francesco IV - tappa obbligata per chi, lontano dalla città, volesse proseguire gli studi. Peretti vi rimane sei anni, dal 1826 al 1832, e nel secondo anno di frequenza ha l'occasione di incontrare per la prima volta il re. "Incaricato dal rettore di recitare una poesia di saluto, Peretti assolse il suo compito così bene da meritare reali elogi". Francesco IV anzi ne è commosso quando viene a sapere che il fanciullo aveva perso la mamma due giorni prima. Fa di più, con gli anni: gli perdona anche le simpatie liberali che il giovane cominciava a manifestare con le sue poesie.

L'amore

Laureatosi (in legge, per compiacere il padre, ma i suoi interessi lo portavano in tutt'altra direzione) nel 1839, a 24 anni, allaccia rapporti di amicizia con personaggi dell'ambiente letterario: Giuseppe Tonelli, Agostino Cagnoli e Adele Curti, gentile poetessa milanese alla quale fu legato da un amore intenso (più letterario che reale, dato che pare la incontrò una volta sola, ma forse non astratto, dato che "affidato alle lettere di uno struggente epistolario e, naturalmente, a tanti componimenti poetici, fu probabilmente ricambiato"), seppure "romanticamente rifiutato da lei che avvertiva quel sentimento troppo grande per la sua vita troppo breve: e breve lo fu davvero. Per Adele Curti, prematuramente morta nel 1845, e per questo suo amore solo vagheggiato, il poeta scriverà una bella pagina sull''Educatore Storico'".

La poesia

Biografia, teatro, ma soprattutto poesia. "Si trattava per lo più di componimenti di argomento religioso ("A Maria Vergine"), nell'ambito di quel filone inaugurato da Manzoni, su cui si erano mossi altri, da Pellico a Tommaseo; e anche il Peretti". "Ma le sue - annota sempre Clementina Santi - potrebbero chiamarsi piuttosto poesie civili in quanto in esse 'l'amore di Dio comprende la famiglia, la Patria e ogni cosa onesta' e prima di tutto, con sentimento tutto manzoniano, il culto del vero. Oppure erano componimenti d'occasione, che seguivano ancora una volta il gusto del tempo, ma dietro ad un repertorio convenzionale di temi ed immagini il poeta celava ben altri ideali, volgendo in sostanza la poesia ad educazione del popolo. Segno di libertà e di coraggio in un tempo, la Restaurazione, e in un luogo, il Ducato estense, in cui la censura, tanto civile quanto ecclesiastica, era severissima".

Poeta di corte

Un po' inattesa, date le circostanze, arriva la nomina a "poeta cesareo", il 21 ottobre 1840. Inattesa per i cosiddetti "reazionari", che "non capivano - sono sempre parole della Santi - come il principe potesse ignorare i sentimenti democratici del Peretti tanto da ridare vita, per lui, ad una carica ricoperta, in tempi lontani, da Ariosto e Tasso". Ma inattesa "anche per gli amici di lui, che non capivano come potesse uno spirito libero piegarsi all'ossequio che tale ruolo comportava". Probabilmente le ragioni si annidavano nel calcolo politico ma anche una reale simpatia umana provate per lui da Francesco IV, che come abbiamo visto sbocciò quando il poeta era ancora bambino o poco più. L'accettazione di Peretti? Necessità di sicurezza economica "ma anche l'illusione di potere in qualche misura guidare l'arte della politica con quella della poesia". Nel 1841 nacque "Il Silfo", giornale letterario, artistico e teatrale (che ebbe vita piuttosto breve).

La maturità

Sono gli anni da qui fino al 1846 (fin quando mantenne la carica di "poeta cesareo"), cioè la sua giovinezza, che "segnarono il periodo di maggior impegno letterario e anche della sua gloria personale. Fu segretario e insegnante all'Accademia Atestina, la più importante istituzione culturale del Ducato".

L'esilio

Il 1846 è l'anno della morte di Francesco IV. "In suo onore scrisse un carme, che suscitò tante polemiche e che gli valse accuse di incoerenza e adulazione, alimentate da invidie personali e da rancori politici, e che va visto invece - a parere della Santi - come l'ultimo ossequio leale di un uomo libero all'urna di chi in fondo gli aveva consentito la sincera espressione del suo sentire". I rapporti col nuovo re, Francesco V, si fanno subito difficili. Lascia, Peretti, l'incarico di "poeta cesareo". Si fa sempre più attento ai fatti sociali e politici. "Il governo provvisorio del 1848 apprezzò la sua competenza ed il suo impegno civile, ma l'anno successivo, cadute le speranze dei liberali, il poeta deve riparare in esilio a Bologna". A nulla era valso il sostegno degli amici modenesi. Dopo aver lasciato l'incarico, a questo punto è Francesco V che lo destituisce ufficialmente da poeta di corte ed anche da professore all'Atestina. "Riparò allora nel libero Piemonte, prima a Pinerolo come ispettore scolastico e poi a Novara, dove condusse un'intensa attività d'insegnamento e di organizzazione di scuole e istituti. E mentre il comune di quella città straniera per onorarlo faceva stampare tutti i suoi scritti, a Modena il Duca lo bandiva dal suo Stato, trasformando pertanto in una situazione di fuoriuscito la sua volontaria scelta d'esilio. Era il 1851". Nel 1853 viene chiamato a Ivrea come preside del liceo ginnasio e direttore e insegnante del Regio convitto. Qui lo coglie la morte, la sera del 23 novembre di 5 anni più tardi.

Poeta ma non solo

"Antonio Peretti - annotano Giovanna Bottazzi Salimbeni e Ilaria Giovanelli nel loro libro sulla scuola parrocchiale "Mater Dei" - è generalmente ricordato a Castelnovo ne' Monti come poeta. In realtà egli era un attento studioso di problematiche sociali, particolarmente quelle attinenti ai ceti più poveri. Tramite articoli e poesie, e in corrispondenza con personaggi quali Ferrante Aporti e Nicolò Tommaseo, egli solleva il tema del pieno diritto del popolo alla scuola e alla educazione. E, prima di tutto, rivendica tale diritto alla donna del popolo, chiedendo per lei un'educazione ed una istruzione che la rendano protagonista della sua vita e della sua famiglia e, a sua volta, educatrice dei figli. Di tal diritto fa un problema sociale, facendo dell'educazione femminile un problema di primaria rilevanza sociale, in contrasto con quanti - come il Filangieri - ritenevano che l'educazione della donna dovesse essere privata 'poichè privata è la sua vita'". Ed ancora: "Quanto alla maternità, egli afferma che essa, ben lungi dall'essere una 'imposizione', debba procedere da una scelta libera della donna. In questo contesto egli ritiene normale per la donna anche il mondo delle lettere fin nei più alti gradi, purchè frutto di reali capacità e di libera scelta di vita. Proposte, dunque, ben più avanzate di quelle di poco successive di Edmondo De Amicis compendiate nel motto della donna 'nè idiota nè letterata'". Queste idee forse gli sono anche suggerite dall'esperienza personale, dall'osservazione della vita di giovani e infelici donne (Adele Curti, Antonietta Fantini) che si diedero allo studio e alla letteratura; oltrechè dai maggiori pensatori del suo tempo.

Piazza Peretti
Piazza Peretti in un'immagine recente (Foto Redacon)

Castelnovo lo ricorda: "grande e modesto"

Il 2 settembre 1877, a circa vent'anni dalla morte, a Italia nel frattempo unificata, viene inaugurata una lapide (ancora visibile sulla facciata del Caffè Italia) e nell'occasione tiene un discorso celebrativo l'avv. Silvio Campani - di cui il Peretti aveva frequentato a suo tempo la casa dei genitori - che si rivolge all'"egregio ed illustre italiano". Di questa circostanza rimane il testo, conservato alla Biblioteca "A. Panizzi" di Reggio Emilia. Castelnovo poi lo onorerà anche inserendolo nella propria - allora molto circoscritta - toponomastica, dedicandogli l'importante e frequentata antica via di Lunigiana (attuale via Vittorio Veneto): nel 1871 il primo stradario registra il suo nome, nel tratto "dal Voltone al Bujo". Solo dopo che si venne formando il largo che poi divenne piazza principale del paese (paese che allora ruotava più o meno tutto lì intorno), dopo una breve parentesi come "XXIV Maggio", Antonio Peretti fu onorato nel legare ad essa il suo nome. E ciò avvenne all'aprirsi degli scorsi anni '30. Risale infatti al 1933 l'assetto che si può osservare ora.

Il testo della targa

"Antonio Peretti / di Castelnovo ne' Monti / in tempi difficili / poeta alla corte estense / cantò glorie e speranze d'Italia / vaticinò tempi migliori / a nuova servitù antepose l'esilio / valente scrittore di cose d'arte / educatore del popolo / fu grande e modesto / morì di soli 43 anni in Ivrea / il 23 novembre 1858 / Governo municipi e cittadini / posero / 1877".

(GDP)

 

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