Una bocciatura con poco margine d'appello. Nonostante le firme, le attività a contro la chiusura, le proteste e anche le polemiche pare ormai segnata la chiusura del reparto di Ostetricia dell'Ospedale Sant'Anna.
E' quanto emerge dall'illustrazione dove è stato presentata la bozza del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera, illustrati presso palazzo della Regione nel corso della commissione sanità. Un piano che l’assessore regionale alle politiche per la salute Sergio Venturi aveva già presentato ai sindacati, confederali e di categoria: l’obiettivo è chiaro, arrivare entro Natale all'approvazione in giunta della delibera che dà il via alla manovra.
L'assessore regionale Venturi ha comunicato che in tutta la regione «tra il 2012 e il 2015 la dotazione di posti letto si è ridotta di 1.725 unità», e che «entro dicembre 2016 dovrà realizzarsi un calo di almeno 815 posti letto in tutta a regione, passando dai 18.145 attuali (tenendo conto del tetto in riduzione per privato accreditato) a non più di 17.330».
Come raggiungerlo? Se da un lato si parla di efficienza (miglioramento dell’efficienza degli ospedali, riconducendo, laddove sia possibile, le attività di day hospital, day surgery e ricovero di un giorno in attività ambulatoriale), dall'altro si parla di riorganizzazione che deve passare attraverso parametri precisi: l’occupazione media dei posti letto, il volume di attività, l’esito delle prestazioni. Nel merito della complessa tematica sulla riorganizzazione e sui tagli, emerge che posti letto da tagliare sarebbero ricavati dalla riconversione di attività oggi in day hospital e day surgery in ambulatoriale. La stima dei letti convertibili è di 590, ma saranno le singole aziende a lavorarci, così come sugli ospedali di comunità. I processi già in corso (a Borgo Val di Taro, San Secondo Parmense, Castel San Pietro, Bondeno, Comacchio, Copparo, Forlimpopoli, Mercato Saraceno, Savignano sul Rubicone) saranno completati, ma non saranno gli unici. Nella riorganizzazione vanno tenuti presenti due indici: i volumi di attività e gli esiti (mortalità, ma anche percentuale di cesarei nel totale dei parti e tempestività dell’intervento). Nel mirino finirebbero così anche i punti nascita. Quelli con meno di 500 parti all’anno andrebbero chiusi (Borgo Val di Taro, Castelnovo ne’ Monti e Ospedale del Delta), ma sarà la Commissione regionale nascita a decidere, così come su quelli che hanno meno di 1.000 parti ma soglie rischiose di cesarei (32,2% di cesarei primari, secondo i dati diffusi, il Sant’Anna è invece secondo in regione, superato solo dal punto nascite di Borgo Val di Taro, dove la percentuale raggiunge quota 35,3% su 166 parti).
Alcune indiscrezioni citate dalla stampa, però, riferiscono che lo stesso assessore Venturi avrebbe escluso possibilità di deroghe per strutture che non superano i 500 parti l’anno e che non rispettano determinati requisiti.
Si scopre una piccola frana e si apre una voragine - come molti prevedevano ndr - dato ora con riferimento agli altri servizi emerge che il Sant’Anna non risponde nemmeno al requisito richiesto per il trattamento chirurgico delle fratture di femore, non raggiungendo, assieme a Scandiano e Montecchio, la soglia minima dei 75 casi l’anno. Se la situazione non fosse tragicomica, verrebbe quasi da sorridere: ci si rompe poco le gambe in Appennino...
Appuntamento alla ritorno del piano tra un paio di settimane in commissione.
C’era da aspettarselo. I presupposti c’erano tutti e guardandosi intorno si può purtroppo dedurre come questo sia solo l’inizio di un percorso definito. Parlandone con la gente sento che in tanti abbiamo la sensazione che sia già in atto una smobilitazione del nostro ospedale e non solo per il reparto ostetricia; stanno succedendo tanti piccoli fatti che ne portano a screditare l’operato e così si farà in modo che la gente rassegnata accetterà qualsiasi scelta verrà loro imposta. Ad onor del vero, va detto che molti di noi montanari riponevano già scarsa fiducia in alcuni reparti della struttura in oggetto e le voci circolanti di reparti non in sicurezza ed inadeguati faranno il resto. Non c’è nessuna volontà di far crescere di qualità questo ospedale; anzi, da questi ultimi fatti se ne può dedurre proprio la volontà, non ancora manifestata, di chiuderlo, riducendolo a poco più di un pronto soccorso, il tutto purtroppo confortato dalla situazione demografica montana ormai drammatica e dalla scarsa lungimiranza di governi che accelerano il declino dei territori come il nostro. Se le cose stanno come sembra da questo articolo, avremo modo di vedere come i nostri rappresentanti politici, come promesso, difenderanno il nostro ospedale, ma non mi aspetto grandi battaglie, troppe cose portate avanti sottobanco, troppe riunione semi-segrete mi fanno pensare con amarezza che i giochi siano fatti e spero davvero con tutto il cuore di dovermi ricredere.
(Antonio Manini)
Ma questo qui chi diavolo lo ha votato? Chi lo ha messo al suo posto? Ma soprattutto cosa si aspetta a mandarlo a casa. Tipico esempio della politica di oggi figlia dei numeri senza alcun rispetto delle situazioni e delle persone. D’altronde è più facile così: se si dovessero tenere presenti le persone, le situazioni, le circostanze si dovrebbe essere costretti a ragionare, non solo a fare di conto; e a questo punto capisco che il solo termine “ragionamento” accostato a certi personaggi è un ossimoro.
(Mauro Moretti)
Buongiorno, ma di quale mannaia parlate? Non è cambiato nulla da quando ci siamo incontrati con l’assessore regionale e i dirigenti dell’azienda provinciale, il presidente della Provincia e i 10 sindaci. Commissione di esperti che inizierà a lavorare per verificare i punti nascita sotto i 500 parti, consegna del lavoro nell’estate 2016. Per gli altri reparti si lavorerà appena uscito il documento regionale sul riordino ospedaliero, gruppo di lavoro (chiesto da Venturi) dove direttori generali e sindaci col compito di mostrare il futuro dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti e la sanità sul territorio. Questi sono gli impegni presi, nessuna decisione diversa ad oggi ci risulta. Esiste una contingenza che dovrebbe risolversi entro il 6 gennaio dovuta all’adeguamento dell’orario europeo che mette a dura prova la tenuta di tutti gli ospedali pubblici, non solo il nostro. Come già detto, stiamo tenendo costantemente sotto controllo la situazione.
(Enrico Bini)
P.S. – I numeri che riguardano i reparti sono numeri noti da tempo. Io non so, questi titoli e queste notizie aiutano il lavoro che i montanari (comitato, sindaci e partiti di opposizione) stanno facendo per portare a casa il risultato voluto?
Sono certo che il sindaco Bini si rammaricherà, scrivendo loro, anche con i quotidiani che oggi dedicano spazio (e dubbi di uguale tenore) al medesimo argomento. A meno che il problema non sia il titolista del vostro sito. Se fosse così, cambiatelo. In tal modo sicuramente cambierà anche la realtà delle cose. Naturalmente la speranza è sempre l’ultima a morire (fino a che non ci toglieranno pure i servizi cimiteriali perchè i decessi non sono compresi nei parametri stabiliti…).
(Luci)
Non mi stanco di ripetere che, oltre a discutere degli effetti (i tagli) è necessario identificarne le cause (le politiche di austerità). L’euro (un sistema di cambi fissi in aree economiche disomogenee) e i trattati europei (vedi Fiscal compact) conducono inevitabilmente a politiche deflazionistiche (taglio dei salari e dei servizi pubblici). Non c’entra la corruzione e non c’entrano i politici che “si son magnati tutto”. Quindi, se ci piace l’euro, teniamoci anche tagli ai salari e alla spesa pubblica. Aggiungo anche ciò che diceva Chomsky a proposito delle privatizzazioni: “Questa è la strategia standard per privatizzare. Togli i fondi, ti assicuri che le cose non funzionino, la gente si arrabbia e tu consegni al capitale privato”. Prossimo passo: la sanità privata. Stiamo americanizzando i musei dello Stato (vedi Uffizi); americanizzeremo anche la sanità.
(Commento firmato)