La famiglia dei Fracassi ha avuto per moltissimi anni, per non dire per secoli, la funzione di “campanaro” delle varie chiese dove si trasferiva nella migrazione di mezzadri, in particolare a partire dalla metà dell’Ottocento alla chiesa di Villaberza e dal 1910 alla chiesa di Gombio, fino ai giorni nostri.
Finita l’era dei mezzadri e anche quella dei parroci residenti, il suono delle campane è continuato per decenni su impegno volontario legato alla tradizione e alla memoria dei padri, ma il tempo passa, le forze dei giovani diventano acciacchi dei vecchi e l’eredità di “campanaro” non prevede successori.
In passato il suono delle campane aveva, oltre alla funzione liturgica, anche una funzione sociale e la vita del paese era regolata da questo suono, sia giornalmente che nelle occasioni straordinarie. Come minimo le campane venivano suonate tre volte al giorno: in quelli feriali con le l’“Avemaria” del mattino e della sera e l’“Angelus” del mezzodì che faceva interrompere il lavoro nei campi e radunava la famiglia per il pranzo. Nei giorni di vigilia e in quelli festivi, o con i rintocchi o con il suono a distesa, le campane regolavano tutti i momenti della giornata, dalle messe del mattino ai vespri del pomeriggio. Perfino durante la Messa solenne le campane venivano suonate anche al momento dell’elevazione. Indispensabili erano poi per l’annuncio di morte con rintocchi che davano informazione sul sesso del defunto e dello stato civile: celibe/nubile o sposato. Il suono più temuto era quello della “campana a martello” che indicava lo scoppio di un incendio o qualche grave avvenimento chiamando tutti al soccorso. Il suono più bello delle poche campane rimaste sul campanile è stato quello che, il 25 aprile 1945, ha annunciato la fine dell’ultima guerra.
Il servizio del campanaro veniva ricompensato con l’offerta di una palettata di grano che ogni famiglia metteva nel suo sacco quando passava di casa in casa una volta all’anno. Per lui c’era anche qualche altro introito in occasione dei funerali o dei matrimoni; erano cose da poco, ma, allora, “tutto faceva brodo”.
Venendo ai nostri giorni, considerato il totale cambiamento delle liturgie, i moderni sistemi di comunicazione, la diversa e ridotta partecipazione della gente alle funzioni e l’avanzata età dell’ultimo campanaro, si è scelto di elettrificare il suono delle campane per evitare che il nostro campanile diventi un silenzioso pezzo da museo. Nell’occasione è stata fatta una manutenzione straordinaria a tutta la struttura in ferro coperta dalla ruggine perché dal suo montaggio, risalente al 1951, non era mai più stata riverniciata.
Sono stati messi in sicurezza i pavimenti e le scale per cui il campanile ora è visitabile.
Ognuna delle quattro campane ha una stampigliatura che indica l’anno di fusione e la dedica. Due campane, la prima e la quarta, sono state fuse nel 1951 a spese dello Stato, in sostituzione di quelle di pari tono del 1865 sequestrate dal Governo durante la guerra. La seconda e la terza sono ancora quelle originali del 1865.
Due sono dedicate a Santa Maria Assunta, una a San Vincenzo Ferrer e una a San Mauro. Tutte sono state fuse dalla “premiata fonderia Paolo Capanni di Castelnovo ne’ Monti”.
Il suono delle campane è ora programmato ad orologio e a melodie quotidiane e festive. Però è ancora possibile suonarle a mano tirando le classiche corde. Il vecchio campanaro Elio viene così messo a riposo e come liquidazione per il lungo periodo di servizio prestato viene compensato con un “GRAZIE” grande come tutto il paese e la Val Tassobbio.
(Dino Fracassi - Tratto dal "Bollettino della comunità della zona pastorale di Felina, Gatta, Gombio, Villaberza, S. Giovanni", n. 3, ottobre 2015)
Un vero piacere leggere questo pezzo di Storia che purtroppo è destinato a scomparire, se non nel ricordo. Tempi nei quali alcuni segni e segnali erano parole che attraverso lo spazio mettevano al corrente la popolazione degli eventi più importanti. C’erano anche gli orologi comunali, sui quali spesso si regolava il proprio orologio e che scandiva il tempo di un paese, di una comunità. Tutto questo svanire genera tristezza, rimpianto e perdita di identità. Grazie all’autore per averci ricordato un senso della comunità reso ancor più vivo dai riti quotidiani che davano al tempo che scorre la cadenza naturale del vivere.
(Cristina Casoli)
Col trascorrere degli anni sembra diventare sempre più difficile il comprendere – e anche il ricordare, per i meno giovani che hanno fatto in tempo ad esserne testimoni diretti – la reale portata della funzione civica, oltre che religiosa, svolta dai campanili e dalle campane nella vita e nella storia delle nostre comunità, specie durante i secoli passati ma anche fino a non tanti decenni fa, quando i loro rintocchi facevano ancora da orologio per il trascorrere della giornata e per i tempi di lavoro.
(P.B.)
Antoine de Saint-Exupéry scrisse ne “Il piccolo principe”: “Se vuoi costruire una nave non devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gente a raccogliere la legna e a preparare gli attrezzi; non distribuire i compiti, non organizzare il lavoro. Ma invece prima risveglia negli uomini la nostalgia del mare lontano e sconfinato”. Con questo articolo direi che ci siete riusciti in pieno. Oggi i campanari sono ancora vivi, pronti a tramandare la tradizione a quanti lo desiderino. http://www.campanarireggiani.it
(M.T.)