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Viaggio nei borghi abbandonati dell’Appennino, dal Cusna al Cimone

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Laura Bardelli
Laura Bardelli

La scintilla è scoccata visitando il borgo abbandonato di Santonio 4 anni fa.

Da quel giorno, Laura Bardelli, ventiseienne di Villa Minozzo, ha deciso di percorrere sentieri dimenticati, fotografare borghi diroccati e documentarsi tramite interviste delicate e archivi ormai impolverati per far rivivere il passato di tutti noi.

Il lavoro è sfociato in un libro, molto piacevole da leggere, “Viaggio tra i borghi abbandonati dell’Appennino. Dal Cusna al Cimone” che ha lo scopo di far rivivere il passato delle nostre terre per darci sia maggiore consapevolezza di chi siamo e da dove proveniamo che per fornirci spunti di riflessione per migliorare il nostro quotidiano.

Un libro che rappresenta un lavoro di ricerca unico nel suo genere e che rappresenta un punto di vista alternativo ad un mondo che è sempre proiettato verso il futuro e nel quale il passato è sempre più riposto in un angolo nascosto della nostra vita.

  • In un mondo proiettato sempre verso il futuro come ti è venuta l’idea di scrivere questo libro che fa rivivere diversi borghi ormai abbandonati del nostro Appennino?
Laura Bardelli, Viaggio nei borghi abbandonati dell'Appennino, dal Cusna al Cimone.
Laura Bardelli, Viaggio nei borghi abbandonati dell'Appennino, dal Cusna
al Cimone.

La passione per i borghi abbandonati è nata circa quattro anni fa, quando visitai per la prima volta il borgo di Sant'Antonio nel comune di Frassinoro. Andai dopo averne sentito parlare in televisione, senza sapere come arrivare e senza sapere cosa avrei trovato. Da quel momento ho iniziato a cercarne e fotografarne altri. All'inizio era una mia passione personale, poi ho iniziato a capire l'importanza di ciò che stavo fotografando, musei a cielo aperto della vita montana di un tempo. Il libro, che raccoglie sia le fotografie che le storie, è nato dalla necessità di mostrare a tutti un passato troppo spesso dimenticato, una vita difficile e fatta di sacrifici che ha costretto all'emigrazione.

  • Fra quelli che hai descritto, qual è il borgo che ti ha incantato di più?

Sicuramente il borgo a cui sono più affezionata è Sant'Antonio, è stato il primo e soprattutto è quello  in cui torno più spesso. La sua posizione, in mezzo a un grande prato verde, e le sue piccole casette appoggiate l'una all'altra affascinano chiunque visiti questo borgo. Un altro borgo che mi ha particolarmente incantato è Ca' di Paretto, vicino a Pievepelago. L'ho visitato in inverno, con la neve, sembrava una cartolina di Natale antica.

  • C’è un filo comune che lega fra loro questi luoghi abbandonati?

Il filo comune che per me lega questi luoghi è il forte senso di comunità. Le famiglie che vi abitavano erano tutte unite dalla solidarietà, dal sacrificio comune per sopravvivere. Anche se qualche famiglia aveva qualcosa in più di un'altra, come più campi da coltivare o più animali, le differenze non si sentivano. Tutti usavano lo stesso forno per cuocere il pane, lo stesso lavatoio per lavare i panni.

  • Come sei riuscita a raccogliere le informazioni? Come sei riuscita ad entrare nel passato altrui “senza disturbare”?

Non è stato facile. Ho sempre cercato di entrare in punta di piedi, con rispetto ed onestà, perché si tratta sempre della vita di altre persone. Alcuni si sono fatti intervistare volentieri, si sono commossi parlando della vita nel loro borgo. Mi è capitato anche di trovare persone che non ne volessero parlare e non ho insistito, mi è dispiaciuto ma ognuno ha il diritto di lasciare la propria storia fra le macerie senza essere disturbati. In questi casi ho cercato allora informazioni da altri che potevano saperne qualcosa.

  • Cosa rappresenta per te il passato?

Il passato per me è tutto, è ciò da cui proveniamo, ciò che siamo. Oggi in molti pensano solo a guardare avanti. Io stessa all'inizio mi sono ritrovata a chiedere a mio padre a cosa servissero alcune costruzioni e attrezzi agricoli che trovavo sul cammino. Credo che i giovani oggi dovrebbero sapere a cosa serviva un metato o una ghiacciaia così come sanno come si usa uno smartphone.

  • Perché anche una persona che non vive questi luoghi o che non fanno parte della sua storia dovrebbe leggere il libro?

Il libro parla dei luoghi del nostro Appennino, ma credo che le stesse storie si siano ripetute uguali in ogni altro luogo. Il passato di questi borghi è il passato di tutti noi, ognuno di noi ha qualche avo che ha dovuto abbandonare tutto per andare in cerca di un lavoro o di una vita migliore. Il libro è anche un punto di riferimento per fare delle passeggiate in mezzo alla natura.

  • Com’è cambiato il nostro Appennino in questi ultimi decenni?

Credo che l'Appennino non sia più isolato come una volta, abbiamo tutto ciò che serve per vivere. Purtroppo scarseggia la cosa fondamentale, il lavoro. Proprio per questo non è più riuscito a ripopolarsi. Oggi è sempre meno frequentato, e sempre meno valorizzato. Anche in inverno molti preferiscono andare a sciare sulle Alpi, eppure le nostre montagne non hanno nulla da invidiare in termini di paesaggio.

  • Cosa rappresenta per te l’Appennino?

L'Appennino per me è la mia casa. Non riesco a immaginarmi a vivere in un altro luogo.

  • Come vedi il futuro della nostra montagna?

Sono combattuta. Da una parte vedo un continuo abbandono, sempre più case le cui porte e finestre non si aprono più, sempre più gente che si avvicina alla pianura per essere più comoda al lavoro. Dall'altra invece vedo un crescente interesse per il ritorno alla vita semplice di una volta, forse anche a causa della crisi economica. Chissà, magari fra qualche anno alcuni di questi borghi abbandonati torneranno a vivere.

  • Hai altri progetti in cantiere?

Per il momento no, ma essendo certa che di borghi dimenticati ce ne siano molti altri, la mia ricerca continua...

Il libro è stato finito di stampare a Maggio 2015 ed ora è in corso di distribuzione presso alcune cartolibrerie e librerie dell’Appennino Reggiano e Modenese. Si può anche comprare contattando direttamente l’autrice al seguente indirizzo mail: [email protected]

(Emanuele Zobbi)