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Mio figlio ha 5 anni e sono 3 anni che, una volta all’anno, in agosto, partecipa a una gara podistica per bimbi nel nostro paese.
Il primo anno, a 3 anni, abbiamo saputo che c’era una gara per bimbi passando per caso in piazza, dei suoi amici partecipavano e gli ho chiesto ‘Vuoi partecipare anche tu?’, lui, tutto entusiasta, ha detto di sì. Non sono una fanatica della corsa, non vado a fare le gare di corsa, ma mi piace correre, e quando riesco vado sempre a correre, forse per questo, vedendomi correre, anche a mio figlio piace correre, o forse gli piace correre semplicemente perché è un bambino e a tutti i bambini piace correre, competere e cercare di arrivare primi. Credo che lo sport sia importante fin da piccolissimi, perché permette di imparare a stare con gli altri, seguire delle regole, mettersi in gioco, avere un obiettivo, visualizzarlo, sforzarsi per raggiungere un traguardo e comportarsi onestamente, o così dovrebbe essere... per questo l’ho lasciato partecipare, l’ho anche spronato a farlo.
Il primo anno tutti potevano partecipare senza distinzione. Mio figlio ha corso con me che gli correvo vicino, per sostenerlo e stare attenta che non cadesse o si facesse male. Per tutto il tempo ha corso con me al suo fianco. Lui e un altro bimbo, accompagnato dal nonno, erano i più piccolini di tutti (anche se mio figlio per altezza e struttura fisica è sempre sembrato più grande di quel che è), e sono arrivati fino alla fine sulle loro gambe. Grandi complimenti del presentatore all’altro bimbo, che sembrava più piccolo, niente a mio figlio, che era altrettanto piccolo ma sembrava più grande. Quando ha chiesto se c’erano altri bimbi di 3 anni, mio figlio si è fatto avanti, ma non è stato neanche considerato, non importa. Durante la gara, due bimbi più grandini di un anno, in un punto dietro le case, dove non c’era nessuno ad osservare, sono stati presi in spalla dai loro rispettivi padri, uno italiano e uno marocchino, e hanno fatto un bel pezzetto sulle loro spalle, i genitori volevano farli passare per forza davanti ad altri bimbi... no comment. Non ho fatto casini, quella volta, ho lasciato perdere, ma non è così che si fa in un gioco per bimbi, è altamente diseducativo, nonché scorretto.
Mio figlio è arrivato penultimo e l’altro bimbo di 3 anni ultimo, ma è stato un risultato grandissimo. Hanno corso per tutto il percorso e sono arrivati al traguardo con le loro forze, senza imbrogli. I loro nomi erano nei risultati, quando glieli abbiamo indicati erano contentissimi. Hanno ricevuto tutti una medaglia e tutti i bimbi erano la faccia della soddisfazione in persona. Basta vedere le foto di quel momento per capire quanto erano contenti e orgogliosi di quella medaglia. Mio figlio voleva subito partecipare a un’altra gara. Gli ho spiegato che c’era solo una volta all’anno e per tutto l’anno, ogni tanto, ha continuato a chiedermi quando sarebbe stata la gara.
L’anno dopo, l’anno scorso, mio figlio ha partecipato di nuovo. Gli hanno dato la pettorina, ma, non so perché, non è stato messo in classifica. Al momento dell’iscrizione nessuno ci ha parlato di tesseramento a squadre o necessità di mostrare il libretto verde. La spiegazione che mi hanno dato era che quelli del 2010 non entravano in classifica... mah... (l’anno prima sì, quest’anno no, come al solito in Italia ogni mese cambia qualcosa...). Non sapevamo quindi il tempo impiegato né di mio figlio né di un nostro amico, comunque, alla fine, sono stati premiati tutti, assieme agli altri dei rispettivi livelli di corsa, e tutti hanno ricevuto una medaglia. Una grande soddisfazione per loro.
Anche quest’anno mio figlio ha continuato a chiedermi della gara e qualche giorno prima mi ha chiesto di venire a correre con me per allenarsi. Quando è stato il momento della gara era felicissimo. Siamo andati in piazza e ci siamo recati al tavolo per le iscrizioni. A me e a una mia amica hanno chiesto di che società erano i nostri figli, di che società? a 5 anni?...allora mi hanno chiesto se avevo il libretto verde, gli ho detto di sì, ma a casa, mi hanno risposto che non potevano dargli la pettorina e non poteva partecipare alla competitiva ed entrare in classifica. Potevo andarlo a prendere, ho proposto io, e in modo tutt’altro che cortese mi hanno risposto che la gara iniziava tra poco e non c’era tempo, ho chiesto se potevo portarlo dopo e, in modo ancor più scortese, mi hanno detto di no, al ché, dato il modo di fare, mi ero già stra-irritata. Al tavolo delle iscrizioni e informazioni ci dovrebbero stare delle persone sorridenti e accoglienti, che spiegano e informano, non persone a cui bisogna tirar fuori le parole e le spiegazioni con le tenaglie, come se gli desse fastidio informarti sulla cosa che loro stessi organizzano... Comunque abbiamo preso il cartellino giallo e ci siamo allontanati, non capendo la novità. Ho chiesto a una mia amica, nipote dell’organizzatore locale: anche lei non sapeva ci volesse il libretto verde. Allora abbiamo chiesto ad alcuni genitori, i cui figli avevano la pettorina, se sapevano di questa cosa, se avevano il libretto o come avessero fatto ad averla: uno ci ha detto che era andato la mattina a farsi fare un certificato dalla guardia medica (che non equivale certo al tesserino verde che implica elettrocardiogramma e visita dal pediatra), un altro ci ha detto che ha dato il nome della sua società e, automaticamente, i bimbi hanno ricevuto la pettorina. Ora se noi avessimo dato il nome di una società (anche a caso), avrebbero dato una pettorina anche ai nostri figli. Così funzionano qui i controlli, sulla parola. Ma non per tutti… Non ci ho più visto, mi sono stra-arrabbiata. Possibile che in Italia anche a una gara per bimbi piccoli siamo messi così? Sono d’accordo che se ci sono delle regole devono essere rispettate, ma devono essere rispettate da tutti e nei confronti di tutti nello stesso modo. Se ci si fida di chi dice che il proprio figlio è iscritto a una società e non gli si chiede di mostrare niente e di chi porta un certificato fatto all’ultimo dalla guardia medica (che non è né il medico di base del bimbo, né il pediatra di base né uno specialista della medicina dello sport), allora ci si può fidare anche di chi dice che il tesserino ce lo ha a casa a 5 minuti di distanza e si impegna ad andarlo a prendere appena finita la gara.
Comunque i bambini con il cartellino giallo hanno corso ugualmente, ma i loro nomi non sono stati messi in classifica, è già questo li ha rattristati. Poi al momento delle premiazioni, non sono stati chiamati con gli altri bimbi con cui hanno corso, ma, per avere la meritata medaglia, hanno dovuto aspettare che venissero premiati tutti i bambini e i ragazzi più grandi della gara competitiva, prima di sentirsi chiamare a loro volta. Premiare i bambini piccoli non competitivi solo alla fine di tutti, in separata sede staccati da quelli che hanno corso con loro, dato che si trattava di bimbi di 4-5-6-7 anni, mi sembra discriminante, ingiusto, demotivante per i bimbi, bruttissimo a vedersi e super-stancante per loro. Poteva starci che chiamassero prima quelli che hanno messo in classifica per la premiazione, ma visto che le medaglie erano previste per tutti, subito dopo avrebbero dovuto però chiamare anche gli altri, che stavano lì da un’ora ad aspettare la medaglia. Vincere una medaglia per i bimbi è molto bello e gratificante, ma aspettare e aspettare e non sentirsi mai chiamare, così piccoli, è frustrante e stancante. Bastava, con un po' di buon senso, capire che, così piccoli, erano stanchi e chiamarli con gli altri, permettergli di andare a casa, perché loro aspettavano solo la medaglia.
Se fossero entrati in classifica, mio figlio sarebbe arrivato quinto, il figlio della mia amica primo. Prova a immaginare la delusione quando una coppa che sarebbe spettata a te va a un altro per un motivo un po’...strano... spiegalo al bimbo piccolo che è arrivato primo, che la coppa per il primo deve però andare a un altro perché non ti è stata data la pettorina bianca perché il tuo libretto verde era a casa, un po’ difficile da spiegare... Poi mi sorge una domanda: quel bambino che ha vinto la coppa pur non essendo arrivato primo, ce l’aveva il libretto verde o il tesserino dell’associazione per davvero lì con sé, o i suoi avevano detto sì e magari l’avevano lasciato a casa come noi? Non si sa, perché veniva controllato solo chi diceva di non averlo o non averlo lì. Se la mia amica avesse detto di averlo in borsa, suo figlio avrebbe ricevuto la coppa del primo posto.
Allora che regola è una regola che non viene sempre verificata? Il controllo dovrebbe essere effettivo per tutti, se si vuole essere precisi, pignoli, giusti, equi. Se invece i controlli sono un po’ così, alla buona, e si chiude un occhio qui e uno là, allora si devono prendere i margini con le molle in tutti i casi. Ma in Italia si sa, va così, le regole valgono per qualcuno e per qualcun altro no. Insegniamoglielo fin da piccoli, insegniamogli pure che l’onestà pone sempre in una condizione di svantaggio eaggirare la regola o fregare avvantaggia e ripaga. Che lo capiscano fin da piccoli, a 4, 5 anni, per diventare, da grandi, il perfetto italiano stereotipato delle barzellette d’oltralpe.
Ho fatto una gran polemica per una piccolissima cosa, sì, ne sono stra-consapevole, potevo lasciar perdere anche questa volta, ma è così che si lascia annegare pian piano il senso della giustizia, lasciando perdere qui e lasciando perdere là. Più in generale, è così che si lascia andare tutto in Italia e si accetta tutto come viene, senza neanche più chiedere un’informazione, pretendere una spiegazione, segnalare un dubbio o un’irregolarità o far osservare quello che non va e che potrebbe essere migliorato la volta dopo. Per questo mi sono molto arrabbiata, per una questione di principio. È dalle piccole cose che poi derivano le grandi cose. Questi piccoli saranno i grandi di domani, e i comportamenti, il comportarsi nel modo giusto o sbagliato, il concetto stesso di giusto o sbagliato, s’imparano da piccoli dall’esempio dei grandi, nelle piccole cose quotidiane di ogni giorno, anche in una semplice corsa per bimbi.
(Giuliana Sciaboni)
Sante parole, benvenuta nel mio mondo quotidiano, Giuliana.
(Corrado Parisoli)
Cara signora Giuliana Sciaboni, mi chiamo Nicoletta Cagni e sono un’insegnante della scuola dell’infanzia statale di Felina. Leggendo la sua lettera sono rimasta molto colpita e ho totalmente condiviso le sue riflessioni che solo in apparenza possono sembrare esagerate, ma che in realtà colgono in profondità la necessità di un’educazione infantile basata su valori autentici, trasmessi soprattutto attraverso l’esempio cristallino degli adulti. E volendo allargare lo sguardo, questo piccolo spaccato di vita quotidiana non ci fa inoltre riflettere sugli stessi principi e valori fondanti di una comunità? Non stiamo forse parlando in pratica di rispetto, giustizia, lealtà, cortesia, sincerità?
(Nicoletta Cagni)
Grazie per questo dettagliato sguardo sul mondo dei piccoli e dei grandi. Purtroppo siamo un popolo, splendido talvolta, tristemente vergognoso altre volte e l’educazione, che dovrebbe essere la base di una società, sta diventando un optional.
(Lù)
Mi sarei arrabbiata anch’io, signora Giuliana. Forse anche peggio di lei. In Italia si va avanti sulla parola (a volte fiducia mal riposta), altre volte sulla truffa. Meno male che i bambini che han corso e detto di avere il libretto verde sono stati bene durante il percorso. Perchè se verificavano l’autenticità delle visite mediche ecc. forse ne avrebbe viste delle belle. L’Italia è divisa in due: chi segue le regole e la buona educazione e chi no. Purtroppo. Ma suo figlio ha comunque vinto una medaglia morale: una mamma molto corretta!
(Una di un paese del comune)
Vorrei discostarmi un poco dalle altre opinioni. Naturalmente non venivano controllati i possessori del libretto: se dicono di averlo e poi non ce l’hanno è certamente una loro responsabilità, cosa che non si vuole assumere una società sportiva quando un atleta non ha il libretto. Io penso che sia stato imbastito un caso sul nulla, come diceva il grande William già tanti anni fa… “Much ado about nothing…“.
(A.)
Gentile signora, lei potrebbe avere mille ragioni, ma leggendola vedo ripetere continuamente, classifiche, cartellini, regole, differenze e mi rattrista. Non sono a fare morali ,me ne guardo bene,ma la vera gioia, armonia, serenità è prendere il proprio infante, ignaro di tutte queste regole e farlo correre, scorrazzare in mezzo agli altri, sbucciarsi le ginocchia, sdrammatizzare il tutto. Poi gli adulti, finita la gara, termine orrido a quell’età, a buttarla sul ridere, invece di aspettare la premiazione. Un bel gelato multicolore, tanti sorrisi… Non voglio riprendere nessuno ma quei valori sopracitati e sbandierati vanno in direzione diametralmente diversa; a tre anni, a gare, classifiche, cartellini, regole… Poi, per quel che riguarda regole e organizzazione, mille colpe, ma sempre viste e notate da noi adulti. Saluti.
(Luca)