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La commemorazione di Vetto

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Vetto 1"Qualcuno non aveva mai potuto parlare o ricordare… Ora, come 'Associazione culturale Marianna e Pietro Azzolini', diciamo che è bellissimo aver potuto fare questo con l’accoglienza e la disponibilità dei vettesi, che hanno permesso con grande amore, ormai diversi anni fa, anche di posizionare sui loro terreni la croce di Volpara, in ricordo di Pietro Azzolini e, dal 2013, anche a ricordo di Franco Rinaldi, Roberto Rinaldi (il cui corpo non fu mai ritrovato), Luigi Azzolini  e Bernardo Genitoni e poi  la croce di Costaborga, in ricordo di Ostilio Ferrari". Così si è espressa Laurenzia Azzolini, nipote di Pietro, nel ringraziare  a nome di tutti i familiari i numerosi convenuti alla commemorazione dello scorso 20 giugno.

Vetto 2Toccanti le testimonianze prodotte, alcune spontanee da parte dei presenti, come quella di Umberto Gianferrari, che ha affermato, non senza commozione, parlando di Pietro Azzolini: "Io sono innamorato di una persona straordinaria che ho conosciuto attraverso le parole di mia madre, persona anche di una simpatia straordinaria e… le persone straordinarie sono quelle che sanno fare cose ordinarie straordinariamente…”. O come quella della figlia di Lucia Bassi in Genitori (classe 1905) che ripeteva: “Non avevano fatto niente di male, per cui erano tranquilli e non si proteggevano… Tanti che si sono nascosti ci sono ancora…”.

Vetto 3"Uccisi da persone senza scrupoli che si imponevano con le armi: si presentavano armate in un paese disarmato e riuscivano ad uccidere con una certa libertà… Piccoli gruppi ideologici, emanazione del partito comunista, sguinzagliati a fare queste uccisioni”, ha affermato Luca Tadolini.

C’è una sensibilità ancora vivissima in questi paesi toccati dalla violenza partigiana: come a S. Valentino con Rolando Rivi, così a Vetto.

Terre molto ferite le nostre.

Memorie sensibili quelle di Marianna Azzolini, che escono dal romanzo presentato nella stessa giornata nella sala polivalente di Vetto: “Calvario Rosso-Storia di una violenza partigiana”, di Elena Bianchini Braglia (Edizioni 900 Storia).

Femminicidio come uccidere dentro, stupro come metodo politico, violenza sulla donna  come umiliazione e annichilimento.

Vetto 4Fra gli orrori della guerra civile nell’Appennino reggiano, in pieno triangolo della morte, nell’inverno del 1944 succede anche questo.

Marianna viene arrestata. Violentata, seviziata, costretta  a camminare seminuda nel gelo della montagna. Sulla neve tracce rosse di femminilità violata segnano il percorso del suo calvario. Il calvario di una bellissima donna, colta, intelligente, incominciato qui, sulle nostre montagne, e mai terminato perché da quelle ferite lei non guarirà più, anche dopo i lunghi anni trascorsi a Desenzano sul Garda, ove insegnava, e col dolore di non essersi fatta una famiglia e di non aver avuto figli, rinunciandovi per una lacerazione profonda. A Vetto, dove la situazione allora non era pacificata, lei non poteva continuare a vivere, pur amandola moltissimo, insieme alla sua casa, alla sua terra, a sua madre…

Gian Luca Marconi è intervenuto per sottolineare la profonda amicizia della sua famiglia con Marianna e la sua grande bontà d’animo: "Grande donna della nostra Vetto 5montagna che facciamo bene a ricordare”. Anche oggi non può esserci pace in un Paese dove ci sono morti insepolti. Un Paese poi ha bisogno di ricucire gli strappi e se vuole avere identità deve dire la Verità sulla vita delle persone e sulla Storia... “Proprio queste vittime sacrificali potrebbero servire per aprire un dialogo, essere anelli di congiunzione per preparare ancora  il futuro di questo Paese”, ha concluso Marconi.

E’ necessario rendere loro onore e giustizia perché si possa far pace con la propria storia, come è successo a Vetto.

Il sacerdote che ha benedetto le croci, don Alberto Nava, leggendo il Vangelo delle Beatitudini e pregando poi per la nostra Patria, ha chiesto di tenere saldi i fondamenti di civiltà ed ha invocato l’intercessione dei due patroni d’Italia: S. Francesco d’Assisi e S. Caterina da Siena.

(Maria Alberta Ferrari)

 

1 COMMENT

  1. “Vittime sacrificali” è la terminologia giusta! Uomini veri, con inculcato nella mente il senso del dovere, della famiglia, della Patria, con il Vangelo stampato nel cuore! Ragazzi pieni di vita, strappati alle madri, alle mogli, ai figli in tenera età, con l’inganno, con la violenza, col malsano desiderio di eliminare la persona scomoda: colui che un domani avrebbe potuto dare fastidio ai subdoli piani di un regime oltre confine. Sì, la storia dell’ultima guerra deve essere riscritta! Dobbiamo ricordare con orgoglio e convinzione tutti quei martiri dell’ultimo momento che, rimasti nell’ombra fino ai giorni nostri, si erano distinti nelle loro brevi esistenze come individui ricchi di ideali e di slanci fraterni. Un grazie sentito all’Associazione Culturale Pietro e Marianna Azzolini, che ci aiuta a mantenere vivo il ricordo dei nostri cari strappati prematuramente alla vita e lasciati per troppo tempo nell’oblio.

    (Liliana Dazzi)

    • Firma - Liliana Dazzi