"Le parole di Massimiliano Genitoni, che leggiamo oggi (ieri, ndr) sulle pagine di questo giornale, sembrano voler dire che il M5S sta sempre e comunque dalla parte dei cittadini, mentre c’è un’altra politica un po’ sorda e che gira la testa e insegue altre logiche, guardando soprattutto alle proprie 'convenienze' di parte". E' l'incipit di un intervento di Robertino Ugolotti, capogruppo consiliare di "Progetto per Castelnovo ne' Monti".
Che così prosegue: "Vorremmo ricordare a Genitoni che anche il nostro gruppo consiliare ha chiesto al sindaco che in Consiglio comunale si porti il documento inviato dal Comitato ‘Salviamo le cicogne di montagna’ e lo ha fatto il giorno innanzi rispetto a loro, vale a dire il 29 maggio, e in altre precedenti occasioni non abbiamo mancato di esprimere le nostre preoccupazioni per la 'questione ospedale'".
"Ma il punto non è quello di arrivare primi e battere gli altri sui tempi, per annunciarlo poi alla stampa in modo da appendersi la medaglia dei più veloci, dal momento che qui l’obiettivo primario non è la bravura nella corsa ma il trovar la migliore soluzione al problema, e la funzione della politica è proprio quello di ricercare il giusto equilibrio tra le varie esigenze in campo".
"Appartengo a quella politica che allora, vale a dire quasi vent’anni fa, aveva contribuito alla predisposizione di un piano sanitario che faceva del S. Anna uno dei tre poli ospedalieri provinciali (insieme a Reggio Emilia e Guastalla), che aveva saputo cioè realizzare una condizione di garanzia per il futuro del nostro nosocomio; e ritengo che anche oggi la politica debba farsene di nuovo carico, mettendo insieme le diverse criticità della montagna, che riguardano l’ospedale nel suo complesso, e non solo questo, per non doverci ritrovare con il continuo pericolo di 'chiusure', nel senso di tamponare una 'falla' e vedersene aprire un’altra il giorno dopo e in quelli a seguire".
Continua e conclude Ugolotti: "Quanto poi al 'dirigente sanitario distrettuale, che, come detto dall’assessore regionale, sembra essere la persona in grado di prendere questa decisione': secondo le parole di Genitoni lo avevamo chiamato in causa in un nostro articolo qui pubblicato il 20 aprile scorso col titolo 'La montagna deve riscoprire un po’ di senso unitario', ma non ci risulta che sino ad ora abbia fatto sentire la propria voce in proposito; e ce ne dispiace non poco".
Sì, sì, continuate a litigare tra di voi, come fanno i vostri colleghi di Roma. Intanto il punto nascita chiuderà e dopo di lui altri servizi, nella discesa verso il baratro che la nostra amministrazione locale e provinciale ha iniziato già anni fa. Bravi, ci siamo tutti lasciati infinocchiare da Fausto Nicolini, che si rimbalza la palla con i nostri assessoroni regionali, nell’attesa che venga deciso chi sarà l’agnello sacrificale che si immolerà a falce nera e metterà i sigilli al reparto. Intanto, invece che asfaltare la variante del Ponte Rosso stanno asfaltando il personale medico e paramedico che, per legittimare la decisione di chiudere (e non ce ne sarebbe neanche bisogno, visto che c’è una legge), viene descritto come il peggio dell’universo, che non sa neanche da che parte ci si infila una divisa. In poche parole, il Fausto, invece che dire: “Signori miei, c’è una legge e (purtroppo o per fortuna) deve essere applicata e non ci si può fare niente”, sta dando la colpa della chiusura all’incompetenza del personale. Mi scusi, Fausto, ma questi sono diventati “scemi” tutto d’un colpo? No? Ma se lo sono da un po’, da anni, come ci vuol dire lei, scusi sa… ma perchè non l’ha chiuso prima questo luogo di pericolo e distruzione? Se il problema sono i pochi parti, le poche competenze, i troppi cesarei (e non è da ieri, ma da anni, perchè mai, mai, si sono fatti più di 500 parti al Sant’Anna) mi viene da dire che a Lei, prima della legge, non gliene interessava molto se le donne erano a rischio a partorire lì. Allora, mi scusi, mi scuso ancora, ma è Lei che in tutti questi anni ha messo a rischio le donne della montagna, non il personale.
(Angy)
Non so chi sia il signor o la signora Angy, comunque vedo con piacere che tutti si ritengono esperti e competenti in materia di sicurezza in sanità. Non so a quali fonti Angy abbia attinto le sue informazioni. Comunque provo a rispondere:
1) la struttura di Ostetricia del S. Anna è legittima e risponde ad oggi ai requisiti dell’accreditamento regionale. Essere autorizzati e accreditati dalla Regione è necessario è indispensabile;
2) tra i criteri regionali era presente anche il volume dei parti sopra i 500, ma erano consentite deroghe se si praticava una integrazione con una struttura hub di riferimento (SMN) e si garantiva una organizzazione con la guardia ginecologica H24 e la pronta disponibilità di anestesisti notturna e festiva;
3) per garantire la sicurezza noi, come Azienda, abbiamo fatto molto di più in questi anni: rotazione del personale ginecologico, guardia H24 degli anestesisti, attivazione dello STAM, attivazione dello STEN provinciale (unici in regione), primario a scavalco con SMN;
4) non solo, questo modello organizzativo è quello che la Regione ha adottato nel confronto con il Ministero della salute e come il MDS ha riconosciuto al tavolo delle adempienza LEA;
5) ora però è subentrata una normativa (l’intesa Stato-Regioni del 2010) che supera e aggiorna i requisiti passati e definisce una soglia di sicurezza invalicabile a 500;
6) questa intesa è stata sottoscritta da tutti (Governo di allora che l’ha proposta, Regioni, ANCI, UPI, UNCCEM e quindi comuni, province e comunità montane) tante firme ma di certo non la mia che non ho un ruolo politico istituzionale, ma sono chiamato a rispettare le leggi e le norme che i politici decidono;
7) un’intesa passata inosservata? No, perché l’impianto previsto per i punti nascita è stato recepito nel riordino ospedaliero contenuto nel Patto per la salute del luglio 2014;
8) quindi, se l’intesa Stato-Regioni non andava più bene si poteva modificarla, visto che sono passati 4 anni, ma non è stato fatto e non dipendeva certo da… Fausto;
9) quindi, caro Angy, noi la nostra parte l’abbiamo fatta garantendo la massima sicurezza possibile con le regole previste e valutando il contesto e certamente senza badare ai costi, visto che non serve essere ragionieri per capire che una struttura che fa 150 parti con la stessa organizzazione di un’altra che ne fa 750 produce costi per ogni parto 5 volte superiori;
10) che poi siamo ancora al 40% di tagli cesarei di cui 1 solo fatto nel 2014 in turno notturno per urgenza su 365 giorni questa è una valutazione che devono fare i veri esperti;
11) non pretendo di essere annoverato tra questi, pur essendo pediatra, perfezionato in neonatologia e con diploma di rianimazione neonatale, ma se le interessa sapere cosa ne pensano i veri esperti legga le prese di posizione delle società scientifiche nazionali di ginecologia ospedaliera, ostetriche, neonatologi e pediatri oppure il parere della commissione tecnico-scientifica regionale sul percorso nascita che annovera tutti i direttori più autorevoli della Regione;
12) infine si legga la sentenza del Consiglio di Stato sulla chiusura del punto nascita di Porretta, che faceva 140 parti quando è stato chiuso.
Questo, caro signor Angy, abbiamo fatto con coerenza e serietà, perchè siamo tecnici e lavoriamo per la salute delle persone e senza queste azioni che abbiamo implementato ben prima che fiorissero improvvisati competenti esperti di sicurezza come oggi vediamo in giro. Bene, sappia che il punto nascita di Castelnovo ne’ Monti sarebbe già chiuso da tempo, visto che da anni non si trovavano professionisti disponibili per questa sede. Cordialità.
(Fausto Nicolini)
P.S. – Dimenticavo, non per essere pedante, ma per amore di verità e trasparenza. caro sig./ra Angy io non ho infinocchiato proprio nessuno, perché il problema di questa mega-intesa Stato–regioni–comuni–province-comunità montane che stava in un cassetto del Ministero della salute l’ho sollevato in più di una occasione in incontri con le istituzioni locali e anche in eventi aperti al pubblico. Per quanto riguarda i professionisti che lavorano a Castelnovo ne’ Monti e cosa pensano non trascureremo certo la loro opinione, anche se per alcuni l’abbiamo già appresa attraverso note di uffici legali e avvocati.
Egregio dott. Nicolini, interessante la sua argomentazione per punti, quindi la “colpa”, andando al famoso gioco dello scaricabarile, non è sua, ma in ordine: Stato, regioni, province, comuni e comunità montane. Ho anch’io un pensiero da esprimere nel merito ed è il seguente: essendo residente in un comune della montagna reggiana trovo veramente scandaloso che nessuno che ha responsabilità (in questo caso lei come direttore generale Ausl) e che ha voce in capitolo possa tentare di sollevare il problema ai tavoli di concertazione pubblici, facendosi tramite per le tante persone che hanno firmato la famosa petizione, ma si limiti a fare il ragioniere dicendo “non è stato fatto e non dipendeva certo da… Fausto”. Gentile dott. Nicolini, è medico, vero, ma in questo caso, come direttore generale Ausl assolve un “incarico politico”, non sono stati certo i cittadini a assegnarLe questo incarico ma “la politica” e come tale dovrebbe impegnarsi per risolvere anche questi problemi che sono in questo caso di sicurezza e garanzia sanitaria per i residenti dell’Appennino reggiano.
(MB)
P.S. – Rammento che se si vuole provare a far ripartire l’economia montana, incrementare ed invogliare i giovani a restare, non si inizia togliendo servizi e sicurezza sanitaria. Oppure, visto che siamo diventati riserva della biosfera Unesco, qualcuno, “politico di lungo o corto corso”, ci dica che siamo anche riserva indiana e come tali saremo trattati.
Egregio “MB”, rispetto il suo punto di vista, ma onestamente ho un’altra visione dei diversi ruoli tra politici e manager. I politici, attraverso la programmazione politico-istituzionale a diverso livello, sono chiamati a decidere le politiche sanitarie attraverso leggi e norme. I manager (lo dice il nome) sono chiamati a tradurre queste scelte in gestione delle organizzazioni che sono chiamati a dirigere. Se Lei avesse letto con più attenzione la mia “argomentazione per punti” (che vedo non contestare nel merito) avrebbe già alcune risposte ai suoi quesiti ed alle sue affermazioni.
1) Come il “tentare di sollevare il problema ai tavoli di concertazione pubblici”. Ora non so a quali tavoli Lei faccia riferimento: il problema per quanto mi riguarda l’ho discusso in tutti i tavoli cui ho partecipato tra Ministero, Regione, conferenza territoriale, comitato di Distretto, convegni pubblici nazionali, commissione tecnico-scientifica regionale sul Percorso Nascita, associazioni mediche. E ho cominciato a farlo dal dicembre 2010 dopo l’uscita dell’intesa Stato-Regioni, in tempi non sospetti, quindi ben prima che diventasse un argomento caldo per l’opinione pubblica. Forse Lei non c’era a questi tavoli, io sì.
2) Quando una intesa di questo tipo viene sottoscritta da tutti i soggetti istituzionalmente competenti (Ministero, Regioni, Comuni, Province, Comunità montane), perchè così vuole il nostro sistema sanitario nazionale e viene confermata in termini di legittimità dal Consiglio di Stato, non riesco a comprendere quale debba essere il ruolo del Direttore Generale di una azienda, a meno che Lei pensi che l’autonomia decisionale debba configurarsi nel mancato rispetto e nel disattendere leggi e norme. Le regole, le norme, le leggi sono stato educato ed abituato a rispettarle, anche quando non mi piacciono.
3) Per quanto attiene alla sicurezza dei pazienti e dei professionisti Le confesso che me ne occupo da numerosi anni, anche costruendomi le competenze necessarie che sono attestate dal mio curriculum. Sappia che la sicurezza dei nostri servizi è l’obiettivo che ritengo più importante del mio lavoro e non solo per il Punto Nascita di CNM.
4) Penso di averlo dimostrato nei fatti dapprima come Direttore del Presidio Ospedaliero e del Programma Materno Infantile e poi da Direttore Generale. Se il Punto Nascita di CNM è una struttura accreditata dalla Regione, pur con tutte le difficoltà di contesto, penso che qualcosa sia stato fatto o Lei ritiene che l’attivazione dello STAM, di una guardia ginecologica notturna e festiva, di una guardia anestesiologica notturna e festiva, dei PL di rianimazione, lo STEN, la rotazione dei professionisti con l’Hub, le linee guida per il benessere in travagli di parto, il primariato a scavalco, tutte queste azioni organizzative finalizzate alla sicurezza si siano attivate da sole? Non so dove fosse Lei in questi anni, personalmente ero in prima linea con tutte le responsabilità connesse al mio ruolo.
5) Questo è stato fatto negli ultimi 15 anni per garantire la massima sicurezza possibile quando i requisiti dell’accreditamento richiesti erano addirittura inferiori a quelli che abbiamo attivato. Senza badare certamente ai costi, ma solo alla qualità dell’assistenza. Che rimane l’obiettivo principale per il quale lavoro tutti i giorni. Cordiali saluti.
(Fausto Nicolini)
E’ sempre il solito balletto dello scaricabarile, il palleggio delle competenze che ai politici e relativi incaricati riescono a meraviglia. In tutta questa storia sarebbe bene anche capire come mai un reparto che, per legge, era da chiudere da tempo è stato ristrutturato completamente e inaugurato un paio di anni fa. E bisognerebbe anche chiedersi se la problematica dei numeri, vale solo per i reparti maternità o per qualsiasi tipo di reparto, perché in tal caso, in montagna essendo in pochi, abbiamo pochi infarti, pochi interventi chirurgici, pochi incidenti e così via, solo le camere ardenti rientrano nei numeri che i nostri politici stabiliscono per legge. Questo comunque è l’ennesimo segnale che spesso si vota senza sapere cosa si vota; alla leggera o per istruzioni di partito e questi sono i risultati. Luigi Einaudi, uno dei padri della Costituzione, diceva: “Non si delibera senza conoscere”, purtroppo non è così. Come faranno i politici ora a contestare una legge che prima hanno approvato? E dopotutto ci si creano problemi per portare e votare, nei Consigli comunali, un documento presentato dalla gente, da un comitato di cittadini che si sono mobilitati, preoccupati del problema. Non si mette il documento all’ordine del giorno per presentarne uno, politico, che non fa altro che seguirne la traccia; allora tanto valeva cogliere l’occasione di valorizzare ciò che la gente chiede, anziché tentare di valorizzare un modo di fare politica che come miglior risultato vanta un’astensione dal voto diventata maggioranza. Ancora una volta la politica vuole seguire una strada propria, diversa da quella che la gente, la nostra gente, ha tracciato, dimostrando come questa politica sia sempre più lontana e irriconoscente.
(Antonio Manini)
Lei dice che i politici non possono rinnegare ciò che hanno votato. Questa affermazione è falsa, perchè in buona fede si può decidere una cosa ritenuta giusta, poi nei fatti impraticabile, oppure con risultati troppo diversi da quelli attesi. Questa è la vera maturità politica; è anche su questo punto che si gioca il futuro!
(Il fumoso)
Gentile dottor Nicolini, da un “evento aperto al pubblico”, seppur ristretto, di sole due settimane fa, mi risulta che la ristrutturazione del S. Anna ha un disegno già ben definito. A turno elettorale è ormai avvenuto, se mai fosse stato quello il motivo per rimandare l’ufficializzazione di decisioni prese, potrebbe dire anche a noi montanari che leggiamo questo giornale, “per amore di verità e trasparenza”, quali saranno i reparti del S. Anna a rimanere attivi e che Lei, “chiamato a rispettare le leggi e le norme che i politici decidono”, ha avuto il compito di individuare?
(MV)
Ha ragione dott. Nicolini, io a quegli incontri non ero presente, perché non avevo titolo per esserci. Lei che c’era cosa ha fatto in concreto? Il ragioniere? Il “signor sì”? Perché non ha sollevato immediatamente il problema con chi adesso questo lo vive? Mi riferisco come detto da Lei nel 2010. Troppo comodo fare lo scaricabarile o il saccente superiore con atteggiamenti del tipo “io c’ero e lei dov’era?”; a proposito a lavorare per pagare anche il suo stipendio. Io come ho detto, egregio dott. Nicolini, risiedo in montagna e vivo il problema in prima persona. Per questo faccio una proposta sia Lei che ai suoi colleghi di partito, perché, ripeto, il suo ruolo è di nomina politica: trasferitevi solo per un anno a vivere, non dico a Succiso, perchè forse troppo distante, ma lì vive e lavora gente che ama l’Appennino, ma almeno a Cervarezza. Poi fate i pendolari per almeno 120-130 km giorno come la maggior parte dei montanari, forse dopo imparerete ad apprezzare e difendere il poco che è rimasto in montagna. Saluti cordiali.
(MB)
Gentile “MB”, prendo atto del suo punto di vista e lo rispetto, anche se non lo condivido. Cordiali saluti.
(Fausto Nicolini)
Gentile Dottor Fausto Nicolini, questo commento lo poteva evitare. Mette in luce i criteri con i quali la politica conferisce incarichi di dirigenza. Ho sorriso (per non piangere). Mi creda, nessuno pensava che lei avrebbe potuto condividere (per iscritto) il pensiero di MB! Siamo montanari ma non tonti. Cordiali saluti.
(Luisa Valdesalici)
Un aforisma di Oscar Wilde, ripreso in uno dei primi western di Sergio Leone, diceva: “Non ci sono domande imbarazzanti, a volte lo sono le risposte”…
(MV)
Cara signora Valdesalici, il mio non voleva certo essere un commento ironico ma un segno di cortesia verso un interlocutore per il quale porto rispetto nonostante la pensi diversamente da me, soprattutto se colgo nei toni una critica aspra ma legittima. Come Popper non pretendo di aver ragione sempre e comunque, inoltre credo nel dialogo e nel confronto come crescita di tutti. Anche quando ciascuno rimane sulle sue posizioni. Vedo però che c’è sempre qualcuno che interpreta in modo diverso anche semplici frasi che vorrebbero essere un segno di attenzione e visto che si citano aforismi, come Celine constato che il mondo è pieno di gente che ha ragione. Probabilmente appartengo alla categoria di quelli che hanno sempre e comunque torto. E come tale mi taccio. Stia bene.
(Fausto Nicolini)
Vorrei fare una proposta: parliamone nelle sedi appropriate!?
(Enrico Bini)
Le sedi appropriate sono quelle dove si parla quella strana lingua – attraverso la quale tutto si dice e tutto si nega ed attraverso la quale non si riesce mai a trovare un responsabile di ciò che accade – volgarmente definita “politichese”. La domanda dei cittadini della montagna è semplicissima: cosa stanno facendo comuni, comunità montane, province, Regione ed anche il direttore generale per evitare la chiusura del reparto? Se si sta facendo qualcosa, ditelo. Se non è possibile far nulla perchè “così è la legge” ditelo altrettanto chiaramente. In italiano, grazie.
(Elio Peri)
Non avevo nessuna idea di chi potesse essere Celine, ho cercato allora su Google e, dopo aver scoperto che con il dottor Louis Ferdinand Auguste avevo in comune l’aver lavorato in Camerun, lui in una piantagione di cacao, io a fare altro, un link mi ha rimandato ad una Lectio Magistralis di Vittorino Andreoli sul rapporto tra fragilità e potere che inizia così: “Alcuni anni fa ero stato particolarmente colpito dal potere, e mi pare di aver allora conosciuto cosa vuol dire, cosa nasconda il rapporto di potere. Mi colpì il potere come verbo. Potere in quanto io posso, tu puoi, egli può; e questo verbo talvolta porta a fare perché si può, non a fare perché serve, semmai serve soltanto a chi lo esercita, non certamente a chi lo subisce.” Ho voluto qui riportarlo perchè mi è sembrato di leggere, in questo incipit, la storia, l’estrema sintesi della storia della nostra montagna, dove ciò che sarà del Sant’Anna si ridurrà ad essere solo una cartina di tornasole.
(MV)
Vedo con piacere, Nicolini, che si sta dando da fare nel rispondere ai lettori, ed è l’unica lode che le posso fare. I problemi che portano a questa situazione sono due: politici e di gestione. Politici perchè anche lei, Nicolini, sa bene che l’andare a creare due ospedali (Montecchio e Scandiano) voleva dire “sottrarre” utenza alla montagna; di gestione perchè si vuole gestire il bene pubblico come un’azienda privata (immagino che lei come manager venga valutato anche sulle performance e sui costi). Questi due elementi ci hanno portato dove siamo. Quello che però mi fa più male e che dovrebbe far meditare lei, così come tutta la classe politica, è che nessuno di voi si immedesima con chi vive questo disagio. Ma d’altronde lei cosa ne sa della montagna, non sa del sacrificio di alzarsi presto la mattina per farsi almeno un’ora di macchina per andare a lavorare e una a tornare, con strade tortuose, e d’inverno coperte da neve e ghiaccio. Perchè non prova per solo un momento ad immedesimarsi su chi domani dovrà partire da Cerreto Laghi per andare a partorire a Scandiano o Montecchio? Vede le risposte del “io ho fatto” o il “io c’ero” non sono sufficienti, non bastano e a dire il vero poco mi interessano. Se lei ha fatto, l’ha fatto perchè pagato da noi contribuenti. Così come ognuno di noi tutti i giorni fa il proprio lavoro senza ricevere lodi o applausi. Se vuole lodi o complimenti la inviterei volentieri a scendere dal trono della politica, di chi guarda il prossimo dall’alto, di immedesimarsi e di fare di tutto per far si che il nostro ospedale rimanga quello che è sempre stato, cioè l’unico punto di riferimento per la montagna.
(Alessandro Torri Giorgi)
Caro A. Torri Giorgi, cercherò di essere sintetico. Un DG della sanità si occupa di servizi sanitari e non di politica sociale e dei territori. Il tema che mi riguarda è quello ormai noto dei requisiti e della sicurezza del percorso nascita. Su questo ho titolo a discutere, sul resto posso avere opinioni personali che però non hanno rilevanza alcuna. L’altro tema è interessante. Da tempo sono a conoscenza dell’idea che circola nel distretto montano per cui gli ospedali di Montecchio e Scandiano sottraggono risorse a quello di CNM e sarebbe opportuno chiuderli o ridimensionarli. Cosa voglia dire “crearli” non lo so: esistevano già ai tempi delle mutue, poi delle USL e molto tempo prima ancora come ospedali pubblici anche quando CNM era invece una clinica privata. Comunque qui il discorso è chiaro e strettamente politico-istituzionale: tutto quanto in termini economici a disposizione per i servizi sanitari della provincia deriva dalle risorse trasferite ogni anno dalla Regione in quota capitaria per ognuno dei 530.000 abitanti. Ora le faccio presente che Scandiano ha un distretto di 80.000 abitanti e Montecchio di 65.000. Se si ritiene che in questi due distretti i servizi sanitari siano da ridimensionare per spostare risorse sul distretto montano che di abitanti ne fa 35.000 (con le motivazioni che tutti conosciamo: disagio territorio, distanze, demografia, capitale sociale, economia di contesto) la sede per discutere queste operazioni c’è: è la Conferenza socio-sanitaria dove sono rappresentati tutti i 45 sindaci della provincia, compresi quelli di Scandiano e di Montecchio. E’ in quella sede che sono da discutere le politiche di solidarietà e sussidiarietà tra i territori. Cordialità.
(Fausto Nicolini)
Sa qual è la differenza, Dott. Nicolini, fra l’ospedale privato che c’era a Castelnovo ne’ Monti e l’ospedale pubblico che c’è ora? Che prima contavano le persone in quanto tali, indipendentemente dai numeri e dal colore della tessera politica. Buon lavoro.
(Elio Peri)
Caro A. T. Giorgi, ho dimenticato un particolare. Personalmente ritengo che questa solidarietà e sussidiarietà sia già oggi espressa dal fatto che un distretto con meno della metà degli abitanti abbia a disposizione un ospedale delle stesse dimensioni. Anzi vorrei chiarire una volta per tutte una cosa che gli amministratori sanno benissimo ma forse i cittadini no: il S. Anna ha servizi e funzioni che non sono presenti negli ospedali di Montecchio e Scandiano e men che meno a Correggio. Sono la cardiologia-UTIC, la riabilitazione cardiologica, la pediatria, la urologia, la chirurgia del rachide, 2 PL di rianimazione, la RNM (non presente a Montecchio). Questo è stato fatto proprio tenendo conto del contesto territoriale al di là del numero di abitanti e dei costi di gestione. Se questo non basta sono le istituzioni a doverlo discutere. Cordialità.
(Fausto Nicolini)
—–
Dopo questo intervento, il direttore generale ha scritto alla redazione spiegando che interrompe questo pur interessante dialogo coi lettori che hanno voluto interloquire con lui perchè – dice – “penso che ormai le posizioni siano definite e quanto si poteva dire di interessante sia stato detto, perlomeno da parte mia”. Da parte nostra lo ringraziamo per l’attenzione prestata: non capita infatti di frequente di poter porre domande, e avere risposta praticamente in tempo reale, ad un personaggio, un amministratore, che forse non sarebbe altrimenti così facile da “raggiungere”. Ringraziamo pure i lettori che sono rimasti entro la cortesia di linguaggio nonostante le critiche, anche aspre. Anche se Nicolini dice ancora che “afferma giustamente il sindaco Bini che occorre riportare il dibattito nelle sedi appropriate”, ci auguriamo ugualmente che questo non rimanga l’unico faccia-a-faccia virtuale di questo genere, aprendo la porta ovviamente ad altri responsabili della gestione della cosa pubblica, allorchè ne capiterà l’occasione, su temi particolarmente sentiti. Forse un confronto diretto di questo tipo può risultare utile a tutti.
(red)
Non ho compreso bene se il riconoscimento di “riserva della biosfera Unesco” riguardi il solo territorio del Parco nazionale o includa invece l’intero nostro Appennino, ma se valesse questa seconda opzione potrebbe farsi, a mio modesto avviso, una considerazione più ampia e complessiva. Se il nostro territorio si è mantenuto tale, da meritare appunto la suddetta qualifica, significa che anche chi lo ha abitato fino ai giorni nostri, ed ha svolto qui la propria attività, lo ha fatto in maniera del tutto consona e compatibile con gli “equilibri” ambientali, e varrebbe dunque la pena che il “sistema montano” continuasse a mantenere questa sua “fisionomia”, il che non può succedere se continua o si aggrava la tendenza allo spopolamento, essendo stata la presenza dell’uomo, nei termini di cui si diceva, a determinare le condizioni, e le “eccellenze”, anche nell’agro-alimentare, che oggi vengono apprezzate dall’Unesco. Ma perché le famiglie continuino a rimanervi occorre che qui non manchino le opportunità occupazionali, e non si indebolisca o venga meno la rete dei servizi, a cominciare da quelli essenziali, come tante volte ci siamo detti, e in questa logica l’Ospedale occupa una posizione di primo piano. Ci si può anche chiedere, legittimamente, cosa c’entri il programma Mab dell’Unesco con il nostro Ospedale, ma viene spontaneo pensare che il futuro della montagna non debba essere visto in modo “parcellizzato”, fatto cioè di settori che camminano indipendenti tra loro, bensì come un “tutt’uno”, che mette insieme ambiente-agricoltura-economia-servizi, e che va sostenuto quanto più possibile nella sua interezza, perché se cede una delle parti anche le restanti non rimangono verosimilmente “indenni”, sempre secondo il mio opinabile parere.
(P.B.)
A proposito di sedi opportune. Possibile che tutto quello che è successo a Castelnovo in questo ultimo anno sia successo per caso? Un susseguirsi di “problemi” con una scadenza concentrata nei primi mesi di inizio mandato: il mancato finanziamento, nei tempi previsti, al secondo stralcio della variante del Ponte Rosso, le due rotonde fatte in quel modo, tutti gli alberi del viale da tagliare e il PN dell’ospedale che, nel breve, ha forti probabilità (eufemismo) di essere chiuso, sempre ammesso che lì ci si fermi. Nemmeno le leggi di Murphy sono arrivate ad analizzare un modello statistico simile. Forse può essere azzardato pensare che tutto abbia alle spalle un preciso disegno, realizzato nelle “sedi opportune”, per scaricare responsabilità di scelte fatte e conseguenze di errori commessi su un’Amministrazione di transizione. Se mai così fosse, però, le sedi opportune possano essere queste, dove si può ancora trovare gente “aspra” sì, ma diretta, aperta e leale.
(MV)