Home Cultura “L’invidia del cinghiale” di e con Silvano Scaruffi e Riccardo Finelli

“L’invidia del cinghiale” di e con Silvano Scaruffi e Riccardo Finelli

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Locandina L'invidia del cinghiale

Intervista a Silvano Scaruffi, ascolta i file: Prima parte   Seconda parte   Terza parte.

Un teatro a Ligonchio è difficile da gestire e da mantenere. Si cerca così di proporre cose nuove e alternetive come ‘L’invidia del cinghiale. Sguardi provvisori su luoghi obliqui’  di e con Silvano Scaruffi e Riccardo Finelli alle letture, Pierluigi Hofer Baracchi alla chitarra e dobro.

Un viaggio nei viaggi, di andate e ritorni, frammenti fissati in poche righe in alternanza di letture. Da Roccamena a Salvador, da Civago a Chicago, da Singapore a Ligonchio, una discesa o risalita Appenninica, un andirivieni tra i continenti, campi in fiore, scogliere, boschi, umanità disadorna, mari mossi, sconvolti, genti in movimento.

“C’è una teoria.

Una teoria secondo la quale tutti i guai accadono perché ci ostiniamo a uscire di casa. 

E poi c’è un’altra teoria secondo la quale se viaggi, di qua e di là, avanti e indietro, secondo questa teoria, se sai dove sei non puoi sapere come ci starai. Ma se sai come stai, a volte, non sei sicuro di essere proprio lì.

C’era poi un tizio, Daniil Charms si chiamava, che un giorno disse: ‘Quando si viaggia non bisogna andare troppo lontano, perché si possono vedere cose tali che poi sarà impossibile dimenticare. E quando qualcosa rimane troppo ostinatamente nella memoria, l’uomo dapprima comincia a sentirsi a disagio, poi gli diventa difficile conservare la propria forza d’animo.’

Ci sono altresì persone che invece escono di casa, e vanno lontano anche, in regioni trasversali, da viaggiatori sghembi, collegando punti scoordinati. Persone come me, magari, e Finelli, che quando andiamo in giro e poi torniamo a casa, ci rimangono in testa dei frammenti, delle cose che son successe, dei fatti, dei colori e dei rumori, un po’ obliqui. Che delle volte ci ripensi e rimani un po’ così, come Billo, con una faccia da pellegrino discosto, in escursioni diagonali, attraverso luoghi sbiechi, su e giù dalle scalinate del mondo, uno zaino in spalla e poco altro.

 Ci succedono delle cose, in giro, a me e Finelli.

E forse anche a Billo”.

Collettivo Strolgatori
Collettivo Strolgatori

Collettivo Strolgatori è un branco di scappati di casa, che leggono cose da scappati di casa e suonano musiche da scappati di casa. Gente che gira e guarda, passa le giornate sedute su marciapiedi a mille mila chilomeri da casa e si scorda di visitare i musei, le mostre d’arte, le cattedrali, lì con dei foglietti o calepini a scribacchiare delle sagattate. Un manipolo di persone che mette nero su bianco delle cose, altri che le aggiustano e danno a quelle cose un senso grafico, altri ancora le musicano. Poi, gli Strolgatori, strolgano delle serate, magari su un palco, e leggono le cose. Sarebbero anche lì lì per scrivere un manifesto d’intenti ma tribolano a decidersi. Una volta, sarà stato il duemila e qualcosa, il Collettivo Strolgatori si è riunito in un prato e si son fatti scattare una foto con anche una bandiera del Mutuo Soccorso, che non c’entra niente, ma la bandiera del Collettivo Strolgatori non ce l’avevano. La foto, in virato seppiato demodè, è l’unica immagine della quale si abbia notizia che li ritrae tutti, a parte Billo.

Riccardo Finelli: emiliano, 41 anni, è giornalista e scrittore. Per vivere ha (quasi) sempre scritto. Appassionato di confini, terre di mezzo e luoghi insoliti in genere, ha scritto per Incontri Editrice "Storie d'Italia" (2007), "C'è di mezzo il mare" (2008) e "150 anni dopo" (2010). Per Neo Edizioni ha pubblicato "Coi binari fra le nuvole" (2012) e "Appenninia" (2014). Il suo sito internet è www.riccardofinelli.it. Nella foto del Collettivo Strolgatori è in terza fila.

Strolgatori
Strolgatori

Silvano Scaruffi: vive a Ligonchio. Il suo ultimo romanzo “Un problema di creature mannare a Ligonchio” è uscito per AbaoAqu edizioni, e non ha vinto neanche un premio. Nella foto del Collettivo Strolgatori è seduto in prima fila.

Pierluigi Hofer Baracchi: ha sogni grandi come il seimila con cui batte le strade dell'Appennino. Geometra per dovere, chitarrista per missione, liutaio per passione. Non si separa mai dai suoi Volkl. Qualcuno giura di averlo visto con le pelli di foca, affrontare in solitaria, la parete nord del Monte Pizzicano. Ma è solo una leggenda. Nella foto del Collettivo Strolgatori è in piedi, con cappello e baffoni, vicino la bandiera.

Billo: è tranquillo come uno in coma, mai una protesta, una lagna, Billo viaggia stando fermo, immobile, impassibile. Nella foto del Collettivo non c’è perché è arrivato tardi allo scatto. E Billo, quieto come non mai, non si è offeso anche se non l’hanno aspettato.