Riceviamo e pubblichiamo.
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In risposta all’articolo di Redacon, uscito nella giornata di ieri 20 maggio, ci sentiamo in dovere di avanzare innanzitutto alcune questioni di metodo prima ancora di passare al merito della vicenda sollevata.
Crediamo infatti che certe tematiche non debbano portare al contrasto sterile e alla strumentalizzazione politica, ma si debba al contrario ricercare quel dialogo indispensabile per capire le posizioni delle parti e coordinarle nella maniera più efficace e mirata per il fronte ambientalista.
Quello che ci stupisce e ci rattrista nella lettera dei consiglieri del Movimento 5 Stelle, è invece proprio come questa cada nel silenzio più totale delle comunicazioni tra le parti in causa. A maggior ragione stupisce quindi il tono di questo articolo quando a monte non ci risulta essere stato fatto alcun tentativo per affrontare insieme la questione in maniera seria e costruttiva.
Ci teniamo a sottolineare come il circolo Legambiente Appennino Reggiano, che ricordiamo è una realtà di recente formazione, si sia costituito intorno ad alcune proposte di politica territoriale che crediamo travalichino i confini dell’ambientalismo tradizionale, ancora troppo incentrato sulla conservazione dello status quo. La sfida che ci siamo posti è stata quella di rilanciare ad un livello più alto la battaglia ambientalista, diffondendo una cultura ecologica nuova, non contrapposta allo sviluppo economico, ma attenta a creare le condizioni perché questo coincida con uno sviluppo sostenibile ed inclusivo del territorio e dei suoi insediamenti. L’obbiettivo concreto che ci siamo dati in questi primi mesi di vita è stato quindi quello di individuare e stimolare alcune alternative virtuose a processi che finora indisturbati hanno portato ad evidenti segnali di degrado e declino della nostra montagna.
Siamo consapevoli come questo programma così ambizioso abbia finora assorbito la quasi totalità delle poche risorse umane a disposizione in questa fase di incubazione del circolo, ed è per questa ragione che il dialogo con altre realtà dell’associazionismo e della politica locale risulterebbe per noi così fondamentale. Il caso dei platani è emblematico in questo senso. Se ci fosse stato quello sforzo di coinvolgerci, saremmo stati ben lieti di investirci quelle poche forze di cui al momento disponiamo.
Cerchiamo pertanto di sopperire ora, a posteriori, provando ad avanzare alcune osservazioni sul merito di questa questione che possano orientare il dibattito in una direzione che crediamo più fertile.
Dal nostro punto di vista il tema non è tanto l’abbattimento degli alberi, specialmente in un contesto come quello di Castelnovo ne’ Monti che mantiene una forte dotazione di verde.
La prospettiva che vorremmo introdurre è piuttosto quella di guardare al verde come una infrastruttura urbana che, come tale, può essere manipolabile e riprogettabile. In questo senso la domanda che vorremmo porre non è tanto se l’abbattimento sia stato lecito o meno, domanda a cui peraltro non sapremmo rispondere per mancanza di dati in nostro possesso. Quello che ci domandiamo e su cui vorremmo discutere è piuttosto se queste trasformazioni siano accompagnate o meno da un progetto di incremento dei valori di qualità complessivi dell’insediamento e della sua infrastruttura.
Se l’abbattimento dei platani è di fatto giustificato da un adeguato progetto per rafforzare la mobilità ciclo-pedonale su un asse importante come Viale Bagnoli, ci sembra allora che il danno all’infrastruttura del verde possa essere commisurato ai benefici sul sistema nel suo complesso. Altro tema fondamentale, che rimane da valutare e che si pone nella logica di un verde pubblico inteso come infrastruttura riprogettabile, è quello dell’intervento compensativo che si andrà ad effettuare.
Su queste questioni ci sarebbe piaciuto confrontarci con i nostri interlocutori del Movimento 5 Stelle con i quali speriamo in futuro ci saranno possibilità più fruttuose di dialogo.
(Legambiente Appennino reggiano)
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- Vicenda taglio platani di viale Bagnoli / “Toc, toc, Legambiente Castelnovo ne’ Monti, dove sei?” (20 maggio 2015)
Bello leggere qualcosa che va oltre le sterili polemiche, finalmente dettato da una cosa di cui si necessita veramente e che qui è stato usato: il buon senso. Grazie.
(Corrado Parisoli)
I miei nonni mi insegnarono a rispettare la Natura e in modo particolare gli alberi, mi dissero, che l’uomo doveva adattarsi a loro per vivere in armonia. Credevo anche che Legambiente difendesse la Natura e gli alberi. Invece vedo che l’uomo non si adatta alla natura ma cerca di modificarla e che, chi dovrebbe difenderla, la sacrifica per un ciclo-pedonale inutile, in quanto Castelnovo non ha una vocazione a 2 ruote (troppe salite!) e di pedoni in viale Bagnoli ne ho sempre visti pochi. Inoltre un marciapiede non rialzato lungo una statale mi lascia molto perplesso. Sarà che i miei nonni non avevano buon senso e io ancora meno di loro.
(Alex)
Al contrario del lettore precedente a me questo articolo rattrista davvero moltissimo, infinitamente.
(Commento firmato)
Dispiace rilevare come il documento pubblicato incorra in una vistosa contraddizione. La presidente del vostro circolo del cui silenzio il Movimento 5 Stelle chiede conto altri non è che l’assessore che la scorsa legislatura ha approvato il progetto di “ammodernamento” di viale Enzo Bagnoli. Quel progetto lo conoscete dunque bene e quindi stupisce non poco vedere questa manfrina ponziopilatesca. Sempre riguardo della questione platani rilevo come certe affermazioni siano di una superficialità disarmante. Dal nostro punto di vista il tema non è tanto l’abbattimento degli alberi, specialmente in un contesto come quello di Castelnovo ne’ Monti che mantiene una forte dotazione di verde: ma qualcuno di voi ha mai pensato che i platani di viale Bagnoli sono (erano) cosa altra da un bosco coltivato per legna da ardere? Di percezione del paesaggio, urbano in questo caso, avete mai sentito parlare? E la “percezione affettiva” che concorre a determinare il senso di appartenenza di un individuo al suo territorio (cit) vi sembra tema astruso? Più in generale denoto nello scritto da voi pubblicato una superficialità di analisi accompagnata da tematiche come “lo sviluppo sostenibile” ormai datate al secolo scorso. Bisogna avere lenti davvero fuori fuoco per non capire come la crisi che stiamo attraversando abbia definitivamente messo in soffitta i sogni di industrializzazione che si potevano immaginare negli anni ‘70 del secolo scorso. Il problema ormai atavico della crisi sociale ed economica delle aree marginali montane non è legato alla accettazione o no di insediamenti produttivi industriali di forte impatto nè al momento sono ipotizzabili forme di agricoltura intensiva devastante come abbiamo potuto vedere anche recentemente grazie a trasmissioni televisive come Report. Su di un altro piano invece la bomba ecologica di Poiatica avrebbe meritato e meriterebbe maggiore attenzione, divenuta caso grazie alla azione costante ed infaticabile dei comitati di cittadini. Allora sarebbe il caso di andare oltre “un riformismo” sterile fatto di temi ed argomenti dettati dai padroni del vapore. Credo, per concludere, che le scelte politiche di Legambiente, che ha visto una migrazione incessante di suoi dirigenti verso incarichi di potere (da Chicco Testa a Ermete Realacci a Giovanna Melandri) abbia spento ogni ardore ed afflato verso una società altra, adagiandosi in una comoda posizione fiancheggiatrice di un governismo fine a se stesso.
(Luigi Bizzarri)
Io veramente Luigi mi sento di ringraziarla. Sono una parte coinvolta nel problema Poiatica (ricordiamo che anche se chiude le terre lì ormai sono malate, c’è sempre tempo per svegliarsi, Legambiente Val D’Enza a parte, che fu l’unica a dire cose sensate a suo tempo dissociandosi). Mi fa sperare che ci sia anche gente informata che ragiona con testa propria e davvero si appassiona ai problemi. Esistono eserciti ormai di urbanisti sociali esperti in progettazione partecipata che avrebbero potuto elaborare strategie condivise, magari salvando capra e cavoli. Ma la condivisione cittadina sembra non essere il pezzo forte nel nostro Appennino. La psicologia di comunità oggi asserisce da tempo che il senso di appartenenza ai luoghi è un insieme di fattori affettivi, sociali e di effettivo empowerment, ossia reale equilibrio di poteri di scelta (invece è un continuo “voi non capite noi sì”, “noi abbiamo scelto sulla base di…”, “la riunione era chiusa on line c’è un verbale”, ecc.). Se si vuole evitare un’emorragia di giovani dalla montagna bisognerebbe trovare altre strategie che non siano quelle di puro opportunismo. Bisogna alzarsi e chiedersi cosa ne pensano davvero gli altri di questo problema e trovare insieme le strategie per affrontarlo. Io vedo che per salvare la montagna spesso stanno facendo molto di più gruppi auto organizzati di cittadini che istituzioni. E spesso non c’è vicinanza di questi ultimi ai primi. Sennò poi non facciamo lamentele retoriche sull’impoverimento, l’abbandono, il disimpegno, ecc. Anche il non fare è una responsabilità.
(V.)
Buongiorno Bizzarri, grazie per la sua risposta che, come tutte, ci aiutano ad orientare meglio l’azione del Circolo. Proviamo solo a risponderle parzialmente su alcuni punti. Il nostro modo di intendere lo sviluppo sostenibile non è quello a cui fa riferimento lei. La presentazione del Circolo alla cittadinanza del 16 febbraio a Palazzo Ducale era incentrata proprio su questo tema e, probabilmente, siamo più vicini alla sua idea di quanto non creda. Cercando di evitare semplicistiche identificazioni con alcune ideologie salvifiche dell’ambientalismo, ci stiamo interrogando piuttosto sulle resistenze e le condizioni di fattibilità di quel progetto di transizione verso una economia e una società che usa in maniera più efficiente ed inclusiva le risorse naturali che ci chiede l’Europa. Un altro punto del suo testo sul quale consiglieremmo di usare più cautela è quello in cui utilizza alcuni concetti della “convenzione europea del paesaggio”, quelli sì datati nel loro essere legati ad una lettura e analisi percettiva del paesaggio. Le consiglieremmo di prendere in considerazione anche altre prospettive ermeneutiche, che emergono principalmente intorno al dibattito sulla Landscape ecology (si vedano gli studi di Vittorio Ingegnoli), che interpretano il paesaggio come livello biologico specifico e si aprono quindi ad una lettura olistica dei valori di questo. Passare dal dettaglio (viale Bagnoli) all’insieme (un’idea urbanistica da ridiscutere e mettere in gioco per Castelnovo), è forse la prospettiva che ci siamo permessi di indicare nel testo.
(Legambiente Appennino reggiano)
Purtroppo il progetto di viale Bagnoli non porta al rafforzamento della mobilità ciclo pedonale, perchè a Castelnovo questa non esiste. Il progetto cerca di abbattere barriere architettoniche, cerca di risanare marciapiedi in pessimo stato di manutenzione e cerca di “far girare” l’economia con il solito intervento (vedi rotonde) che magari non serve ma facciamo lavorare qualcuno con i fondi europei. Un ambientalista moderno pretenderebbe per ogni albero tagliato la messa a dimora di nuovi alberi e per ogni mq asfaltato metri quadri di verde urbano (dentro la città e non fuori). Per due legislature l’assessore all’ambiente ha accettato, avallato e sostenuto l’abbattimento di alberi in tutto il Comune e ora giustifica l’abbattimento dei platani come adeguato progetto per rafforzare la mobilità (ma qualcuno di voi ha visto i dati che indichino e misurino il miglioramento?). Mi auguro che il nuovo assessore con viale Bagnoli chiuda una triste pagina e sappia aprire un vero dialogo di costruttivo confronto con tutti i suoi cittadini senza movimenti, leghe e commissioni.
(MC)
Anch’io credevo che Legambiente rispettasse la natura e sono completamente d’accordo con quanto affermato da Luigi, da Mc e da Alex. Purtroppo quello che quest’associazione scrive e la posizione che assume sul fatto gravissimo che sta avvenendo in viale Bagnoli è a dir poco inaccettabile. Mi auguro sia solo il pensiero delle persone che in essa operano a livello locale e che profondamente legate all’Amministrazione, questo progetto l’hanno partorito. Sono poi anche sicura che chi ciecamente e ostinatamente il progetto lo sta realizzando lascerà certamente un segno indelebile del suo passaggio. Sarà ricordato come chi ha distrutto la storia di un viale e ha fortemente contribuito ad accompagnare un paese sulla via del declino.
(Commento firmato)
Legambiente Appennino reggiano, appena costituita e guidata da Nuccia Mola (ex-assessore a suo tempo definita simpaticamente “assessore motosega” per i suoi interventi decisi sul patrimonio arboreo del comune), ha già registrato un grande risultato. E’ riuscita con questa uscita sulla stampa a modificare l’articolo 1 dello statuto di Legambiente sostituendo alla frase “…opera per la tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente, del patrimonio storico e culturale del territorio e del paesaggio…” la nuova teoria che “…il verde urbano è come una infrastruttura urbana e come tale è manipolabile…” in funzione delle amministrazioni che svendono il territorio ed i suoi elementi indicativi ed affettivi per un pugno di danari da spendere e di appalti ai soliti noti. Risultato: più cemento e meno verde. Sorvolo per pudore sul rafforzamento della mobilità ciclo-pedonale e mi chiedo se Legambiente provinciale (se esiste), regionale, nazionale non ha proprio niente da dire. Va bene così? E’ già finito il tempo degli esposti in procura contro il taglio degli alberi a Pistoia, nel Lazio, in Sicilia, in Lombardia?
(Federico Tamburini)
Buongiorno Tamburini, grazie anche a lei per la sua risposta. Il verde urbano (ma non solo) è concettualizzato come “infrastruttura verde” da tutto il dibattito internazionale in materia di progetto urbano e territoriale. Non è una novità introdotta da noi. La bibliografia è troppo ampia per essere ripresa qui. Le basti digitare “infrastruttura verde” su Google per avere una prima infarinatura. C’è poi un problema logico: non si vede infatti la contraddizione tra una concezione del verde come infrastruttura e lo statuto di Legambiente quando parla di “tutela e la valorizzazione della natura e dell’ambiente, del patrimonio storico e culturale del territorio e del paesaggio…”. La storia ambientale più avvertita ci insegna che i nostri paesaggi storici, rurali ma anche urbani, devono essere letti come complesse infrastrutture il cui ciclo di vita necessita di un costante rinnovamento rispetto alle esigenze della società e dell’economia di un’epoca. Sulle modalità e l’opportunità di questo rinnovamento bisogna discutere.
(Legambiente Appennino Reggiano)
“La prospettiva che vorremmo introdurre è piuttosto quella di guardare al verde come una infrastruttura urbana che, come tale, può essere manipolabile e riprogettabile.” Ah però! Meno male che avete ancora poche risorse, in caso contrario la Pietra sarebbe già completamente asfaltata… così, per arredamento urbano, e per favorire la circolazione ciclo-pedonale.
(Cosimo Pagliara)
Non dovevano essere tolti, punto e basta. Non serve scrivere pergamene con termini complicati per provare a giustificare qualcosa di sbagliato (classico metodo italiano). Veramente un peccato.
(N.T.)
Assolutamente vergognosa la replica di Legambiente Castelnovo, come è ancor più assurdo che la presidente del circolo sia lo stesso ex assessore che ha autorizzato in origine il progetto. Ridicoli, non serve aggiungere altro!
(Pamela)
Esatto.
(N.T.)
Forse sarebbe stato meglio disboscare un po’ la Pietra, viste le foto del passato e i danni che radici e arbusti creano alle rocce (ultimi crolli lo dimostrano) e magari lasciare qualche albero in più sul viale. O sostituire gli esistenti con altri meno impattanti a livello di radici e danni a marciapiedi e/o tratti stradali.
(Anonimus)
Non volevo entrare in polemica, ma viste le cose scritte da alcuni che rasentano il ridicolo, mi va di ridere un altro po’: visto e appurato che vi era l’esigenza di rendere fruibili i marciapiedi, perchè non si è valutato di fare l’intervento di ammodernamento a misura “diversamente abili ” solo su un lato ( SX direzione RE)? Visto che l’intervento di manutenzione non era più procrastinabile non si è andati a prendere 50 cm ai frontisti? Tanto bastano, basti guardare i marcapiedi realizzati nella rotonda con via Morandi. Mi pare che il viale in sè sia penoso, è sotto gli occhi di tutti, traffico, 100 stili diverse nelle abitazioni. Senza gli alberi sarà peggio, molto peggio, ma la cosa più grave è che nessuno ammette di aver sbagliato e tanto meno si ha il coraggio di ascoltare le lamentele e le richieste di “fermare” lo scempio messo in atto. Ma tanto nulla cambia e la memoria è corta… Lascio con una domanda a chi è al timone, quando si prenderà in considerazione una variante al paese, ma non un aborto come quello di Ponte Rosso? Cordialmente.
(Roberto Malvolti)
Ottima domanda Roberto e siamo in molti a farcela, ma credo che un opera così importante e costosa fosse da pensare 10/15 anni fa, quando le vacche erano grasse e si poteva accedere a fondi economici senza molti problemi. Ora non ci rimane che aspettare che la Provincia ritrovi i 2 ml di Euro persi per finire la variante del Ponte Rosso e vedere se porterà miglioramenti.
(Alex)
Ma, ragazzi, di cosa ci preoccupiamo? adesso che abbiamo come Ministro alle Infrastrutture Del Rio vedrete, voi, quanto verrà stanziato per gli ammodernamenti della SS63: varianti del caso, ecc. Ma come sempre andrà a finire che politici di altre città fanno anche il bene dei loro territori,oltre al proprio (autostrada a Parma, strade sugli Appennini modenesi, ecc, ecc.). Da noi invece il nulla e gli esempi precedenti si sprecano!
(Anonimus)
È stato detto che le radici dei platani cominciavano ad essere un problema per i marciapiedi, ecc. Non capisco tutte queste polemiche! Se a casa vostra le radici cominciassero a danneggiare le fondamenta voi cosa fareste?! Condivido le idee di Corrado. Penso che siano altre le cose su cui discutere. Cordiali saluti.
(Laura)
Infatti fra le prospettive ermeneutiche della Landscape ecology si trova in chiave olistica l’indicazione di asfaltare e pavimentare l’intera città, perchè anche le radici delle margherite potrebbero essere pericolose per la casette di Barbie con cui giocano i bambini: ma rileggete quello che scrivete?
(MC)
Che discorsi, signor “MC”! Io posso credere che un platano di quelle dimensioni possa avere radici che comincino a danneggiare i marciapiedi. Anche a me sa e capitata una cosa simile e non parlo di sciocchezze, ma cose reali. Pensi lei ad informarsi prima di scrivere.
(Laura)