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Quelli che vogliono Lunezia, regione dell’oro bianco

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Lunezia

Quelli che... vogliono Lunezia. Una macro-area che "segnerebbe" i nostri luoghi, anche quelli delle scampagnate, dei percorsi naturalistici, della storia dei ducati emiliani, del granducato di Toscana, della Lunigiana, della Garfagnana, di una montagna come l'Alta Val d'Enza che altrimenti scomparirebbe dalla faccia della terra. Una nuova costellazione potrebbe brillare sui cieli dell'Alta Val d'Enza, sul comprensorio del passo del Lagastrello & dintorni, rivalutando paesi dalla bellezza inusitata come Valcieca, vero scrigno di tesori naturalistici: panorami mozzafiato, prodotti gastronomici a km zero, torrenti dall’acqua pulitissima, fontane da cui sgorga l’”oro bianco” delle terre alte: chiare dolci e fresche acque apprezzate anche da chi abita lontano che ne fa scorta per poi berla in città: si tratterebbe appunto di Lunezia, la nuova macro-area che nei "sogni" del presidente dell'omonima associazione, Rodolfo Marchini di Borgotaro, potrebbe diventare realtà, tramutandosi da Bella Addormentata nella burocrazia “italiota“ anche in una vera e propria regione amministrativa, sul cui progetto si insiste da anni, per unire la pianura padana alla montagna tosco-emiliana ed arrivare alla costa, lambendo il mare dell'antica Luni. Come sottolineano molti fautori dell'idea di Lunezia, questa idea è fattibile perchè riunirebbe territori e gente simili da millenni, una terra fatta d’erba e di argini, di pioppi e di fiumi, di roccia e di castagne che nelle cime lascia spaziare lo sguardo dalle alte vette alla pianura da una parte e al mare dall’altra e che si chiamerebbe Lunezia. I cui abitanti ne percepiscono le arcane emanazioni e sono consapevoli che un territorio può anche essere una riga dritta su di una carta geografica, ma Lunezia non è una carta geografica e le righe non sono dritte ma seguono il percorso di fiumi, di crinali, di orizzonti ora piatti, ora scoscesi. I confini veri sono solo quelli in cui l’invadenza altrui e la perdita di sicurezza ti fanno arroccare sulle tue certezze alla ricerca di simili che nella forte territorialità vedono una salvezza all’incertezza e al fatalismo per sposare la determinazione a restare se stessi. E Lunezia può essere il sogno che diventa realtà, la salvezza per l'Alta Val d'Enza e il passo del Lagastrello, antica porta da e per i “Toschi”. Creando Lunezia anche l'Alta Val d'Enza farebbe la sua parte perchè il passo del Lagastrello diventerebbe centrale ed autorevole, quel baricentro territoriale dove altri comuni possano riconoscersi e sentire una forza centripeta verso concreti e riproducibili servizi di eccellenza che ad oggi mancano per la dispersione dell’Alta Val d’Enza in tanti comuni, tante province e tante regioni. Ergo: Bisognerebbe pensare più in grande, con misure più estese, con indole consorziale e collettiva verso i nostri vicini. Dove possibile bisognerebbe creare una sinergia per avere i servizi essenziali sul territorio (sanità -vedi ad esempio il mantenimento del punto nascite a Castelnovo, o i servizi domiciliari agli anziani in difficoltà; la viabilità , la banda larga estesa soprattutto ai più piccoli e lontani borghi). Si potrebbe persino partite con un piccolo segnale come l'adozione in “multiproprietà” di un Canadair per gli incendi boschivi, di un elicottero per le altre emergenze in grado di intervenire per molteplici eventi, una rete di informazioni in tempo reale sulle emergenze climatiche, sulla disponibilità di servizi, di competenze professionali, del commercio, della ristorazione e quant’altro possa ragionevolmente essere di utilità alla collettività luneziana che, per la sua disposizione, si presta molto bene ad un utilizzo condiviso di mezzi e risorse. Si dovrebbe lavorare insieme per il benessere e la sicurezza delle comunità montane creando attività coerenti con la situazione paesaggistica preservando i luoghi, come quelli del crinale, dal punto di vista ambientale creando opportunità legate al turismo e alle produzioni limitate e peculiari. Un sogno così impossibile? Forse no, se si riesce a fondare Lunezia. Un sogno che è capace ancora di infiammare uomini che la politica nazionale ha disilluso e deluso; un’ utopia che possiamo adesso, insieme, fare diventare realtà. Ora o mai più. E' lo slogan che sempre più persone pronunciano per un avvenire migliore per le terre alte dell'Enza. Questo particolare territorio, unico e meraviglioso pur diviso fra tre province e due regioni (nonché fra sei comuni: Collagna, Ramiseto, Vetto, Palanzano, Monchio delle Corti, Comano) è una realtà molto articolata, perché gli attuali confini amministrativi (che prima dell'Unità d'Italia erano addirittura confini di Stato) non corrispondono -se non in parte modestissima- alla sensibilità delle popolazioni. E, purtroppo, le terre alte non hanno mai avuto, in tempi moderni, un riconoscimento politico-territoriale unitario. Solo la Chiesa cattolica, nella sua saggezza, lo aveva fatto con l'antica Diocesi di Parma che non a caso non fu mai suffraganea di nessuna altra diocesi bensì immediatamente soggetta alla Santa Sede. Poi però la real-politik degli stati di un tempo riuscì persino a smembrare quell'unica realtà unitaria dividendo l'Alta Val d'Enza fra le province di Parma e Reggio con l'antica Pieve di San Vincenzo (matrice di tutte le chiese dell'Alta Val d'Enza) che con il trattato segreto di Firenze del 1844 passava dalla diocesi di Parma a quella di Reggio. I vantaggi di una regione emiliano-lunense furono già illustrati alla Costituente, quasi settant'anni fa, negli interventi dell'on. Giuseppe Micheli, che si batteva a spada tratta per la realizzazione di tale regione e sarebbero ancora oggi vantaggi economici e sociali, legati a una tradizione identitaria molto forte, che spazia dalla cultura (Luni, i ducati emiliani, le valli dei cavalieri, le corti vescovili) ai trasporti (la via Francigena, la Pontremolese, i passi della Cisa, del Lagastrello e del Cerreto), dalla portualità della Spezia e di Marina di Carrara alla gastronomia (la "spongata" cornigliese, i testaroli e i panigacci lunigianesi, i tortelli d’erbetta e di patate dell’Appennino, per esempio). Ma Micheli fu sconfitto alla Costituente su questo punto, dopo un dibattito molto acceso. La riforma delle autonomie, imposta dal passare del tempo, dalla crisi in atto e dalla riduzione della spesa pubblica, può oggi riproporre, in forme diverse, quelle proposte, peraltro mai del tutto scomparse in settant'anni di vita italiana. Non crediamo che questo sia un tema tipico di una particolare forza politica anziché delle altre. E' un tema trasversale e solo in questo modo, del resto, potrebbe essere realizzato concretamente. La spinta però deve venire dal basso e non certo dal Parlamento. Il progetto di accorpamento delle Regioni (la Liguria con il Piemonte e la Val d'Aosta, disegno di cui si parla da tempo o la recente proposta di unione fra l'Emilia e la Toscana) potrebbe rappresentare l'occasione di una svolta. Il corridoio del passo del Lagastrello, anticamente strada delle cento miglia che collegava Parma a Lucca via Luni è proprio uno di quei temi identitari che legano insieme il collegamento delle popolazioni con le prospettive di uno sviluppo economico che non sia tutto spostato sull'asse adriatico. L'autostrada della Cisa (che nacque non a caso come "autocamionale") fu sostenuta con unità d'intenti da uomini politici e imprenditori della Spezia come di Parma. Per uscire dalla crisi, del resto, ci vogliono nuovi investimenti in opere pubbliche che siano utili (ad esempio la diga di Vetto e la Fondovalle dell'Enza che collegherebbe in un attimo i comuni di Monchio, Palanzano e Ramiseto alla pianura di Reggio e Parma togliendoli dall’isolamento in cui vivono e favorendo il ripopolamento e nuove forme di turismo). La forza di Lunezia, o come si chiamerà alla fine questa realtà, starà nella capacità di essere pronta quando nuove infrastrutture si faranno davvero. Per il bene delle terre alte dell’Enza (e non solo). Chissa' se il sogno di fine primavera diventerà realtà con Lunezia che dovrebbe avere tante "capitali" tra cui una potrebbe essere proprio il passo del Lagastrello dove negli anni ottanta dal magistrato Alberto Grassi fu lanciata la prima proposta di una nuova regione Mare-Monti che si chiamasse proprio Lunezia con al centro i montanari parmensi, reggiani, lunigianesi e garfagnini. Stessa faccia, stessa razza.

9 COMMENTS

  1. Bell’articolo, ricco di storia e di tradizioni ma, secondo lei, inciderà in positivo o in negativo questa fusione di Comuni dell’Alto Appennino reggiano in cui il baricentro del potere si sposta verso la Val Secchia? I tre comuni locati sulla Val Secchia spingeranno per ridare linfa alla statale 63 e mai più verrà ad attuarsi un percorso veloce sulla Val d’Enza. E il bacino “Grisanti”, verrà mai attuato?

    (L.D.)

    • Firma - L.D.
  2. Ringrazio di cuore i due lettori che hanno apprezzato il mio articolo su Lunezia. Al gentilissimo signor “L.D.” posso dire che mi trova concorde in quello che scrive ma spero che, comunque vadano le cose, gli Amministratori dell’unico Comune sito in Alta Val d’Enza interessato dalla fusione, e cioè Ramiseto, sappiano farsi valere anche a livello montano e provinciale per fare sì che le terre alte dell’Enza non vengano a scomparire del tutto. Il “recente” intervento del Consiglio comunale di Ramiseto, che all’unanimità ha approvato un ordine del giorno favorevole alla fondovalle dell’Enza e alla diga di Vetto, mi fa ben sperare. Un altro dato positivo è che a dirigere il vicino Comune di Palanzano è un altro ramisetano doc (di Taviano), Lino Franzini, che è davvero il portabandiera di un’azione comune dell’Alta Val d’Enza (enti comunali locali e singoli cittadini) nei confronti dei “poteri forti” sia che si trovino a Reggio, Parma, Castelnovo, Langhirano, Bologna o Roma.

    (Francesco Compari)

    • Firma - francescocompari
  3. Benissimo, concordo pienamente anch’io con chi ha fatto i commenti sopra riportati. Proprio a dimostrazione che il Comune di Ramiseto appartiene alla valle dell’Enza non doveva entrare nel calderone. Ribadisco, come già scritto da altri lettori, che Ramiseto non ha niente a che vedere con gli altri Comuni oltre la Sparavalle, appunto perche Franzini è ramisetano doc doveva essere lui il sindaco del Comune di Ramiseto, allora forse si arrivava a conclusioni positive, sicuramente avrebbe difeso coi denti la sua vallata, la fondovalle Enza usata da tutti i ramisetani e pure la diga di Vetto. I ramisetani se ne fanno ben poco della statale 63. Speriamo che il 31 maggio le persone usino la testa, non solo la matita copiativa.

    (Alessandro N.)

    • Firma - alessandron.
  4. Gentilissimo Francesco, mi creda che ad apprezzare il suo articolo non sono solo due e a questo sogno (Lunezia) è da molto che ci penso, ma sono piccolo, piccolo rispetto alla politica che fa ciò che vuole.

    (Lucibill)

    • Firma - lucibill
  5. In effetti il riordino istituzionale in corso, che in pochi anni ma con diversi Governi, cerca di ridisegnare assetti amministrativi in piedi da 150 anni è stato condotto con una certa approssimazione, dove le ricomposizioni proposte appaiono occasionali più che razionali. I soldi che servono te li promettono solo se fai come dicono loro e quelli che ti tolgono te li garantiscono tolti. Con le cose così condotte dall’alto, senza un piano generale ponderato anche sugli aspetti di piena logica aggregativa, non rimarrebbe che considerare l’aspetto economico che lascia poche scelte.

    (Marco Leonardi)

    • Firma - marcoleonardi