“La situazione attuale è disastrosa. Non c’è lavoro. Siamo costretti alla cassa integrazione di tutti i dipendenti, si spera temporanea. In montagna si sommano mille difficoltà a cominciare dalla viabilità e dalle frane che alla prima emergenza maltempo inevitabilmente bloccano la circolazione isolando interi comuni. Ci sono grandi proclami da parte della Regione sugli stanziamenti per i primi interventi in caso di emergenza maltempo, ma poi assegnano lavoretti con il contagocce, il più delle volte ad aziende che non operano nemmeno sul territorio”. A parlare è Siller Fontanili, imprenditore Cna di Castelnovo ne' Monti titolare della ditta di movimentazione terra F.A.R. Srl.
Un vero e proprio grido d’allarme quello che arriva dalla montagna reggiana, per una situazione che come Cna ha più volte rimarcato ha bisogno della massima attenzione e del massimo impegno da parte di istituzioni, amministrazioni e associazioni, per il rilancio del territorio. “Oltre al fattore economico – spiega Romeo Ferrari, presidente Cna area montagna - si aggiunge quello di 'tenuta' sociale, dove la permanenza di piccoli esercizi commerciali è questione vitale per i residenti”.
“La situazione è peggiorata ulteriormente con Iren – continua Siller Fontanili - quando c’era Agac ci aiutava ridistribuendo i lavori sul territorio. Adesso invece la multiutility Iren pensa solo ai guadagni senza investire sul territorio”.
Dello stesso avviso Fabrizio Briselli, titolare della ditta di autotrasporti Briselli srl di Ramiseto, che aggiunge: “Come possiamo competere con aziende non locali che offrono servizi con il 30-40% di ribasso? E soprattutto come fanno a rientrare nei costi a un prezzo così ridotto? Fino a quando Iren userà la logica del massimo ribasso non ci sarà lavoro per le piccole imprese del nostro territorio. Sono stato costretto a dimezzare il personale e a vendere dei camion per cercare di sopravvivere, ma non resisterò in queste condizioni ancora per molto”.
Una protesta che Cna condivide in quanto in un recente incontro con i sindaci dell’Unione di zona ha sollecitato lo spezzettamento degli appalti, proprio come misura per dare lavoro alle aziende del territorio.
“Come associazione abbiamo avanzato delle proposte concrete per aiutare il sistema produttivo dell’area – conclude il presidente Cna Ferrari – azioni che possono dare un respiro alle aziende locali, proposte anche di marketing territoriale che hanno riscontrato grande interesse da parte dei sindaci dell’Unione dei comuni dell’Appennino reggiano. Le nostre aziende non possono più aspettare proclami e promesse: hanno bisogno di interventi reali in tempi rapidi per evitare che un territorio ricco di eccellenze e di tradizioni come la montagna costringa i giovani, le aziende e i commercianti che con grande difficoltà continuano a mantenere vivo il territorio a cercare lavoro altrove”.
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Grazie a Romeo Ferrari per il suo grido d’allarme, un grido che se diventasse “l’urlo” di tutta la montagna lo ascolterebbe anche chi non vuol sentire o chi dice una cosa e fa esattamente il contrario. A soffrire oggi non sono i territori montani delle Alpi, è il nostro amato Appennino, sarebbe bastato realizzare una buona viabilità per mantenere il montanaro su queste terre e incentivare le aziende ad investire su questi territori, come fatto tanti anni fa a Pavullo nel Frignano con la strada Giardini. Ora una speranza per i montanari esiste ancora, ma va a scontrarsi con chi sostiene di volere il bene della montagna, ma ne persegue la sua fine. L’unica opera che ridarebbe vita all’Appennino è la diga di Vetto con i suoi benefici; acqua ad uso irriguo per la pianura, acqua buona per i rubinetti a basso costo, tanta energia pulita, minor inquinamento dell’atmosfera, messa in sicurezza della valle dell’Enza, acqua nel torrente Enza e Crostolo tutto l’anno, migliaia di posti di lavoro per Imprese e cooperative durante la costruzione e centinaia dopo per la manutenzione, nuova viabilità a monte di Vetto, sviluppo e turismo sui Comuni montani, area faunistica intorno al lago e tanto altro; ma la cosa che più mi preme è dire “basta” allo spreco delle acque limpide di montagna e vedere usare quelle del Po per gli usi irrigui. Tutto questo sarebbe fatto nella massima sicurezza come verificato dallo studio di impatto ambientale, sicurezza sismica, messa in sicurezza dei versanti, regimentazione delle acque, niente pericoli tipo Vajont, come qualcuno in malafede sostiene, ecc. Tutto questo a costo zero, l’opera si ripaga da sola in pochi anni con la vendita di energia pulita e acqua ad usi plurimi. Basta raccontare “balle” sulla diga di Vetto per far morire i paesi montani; montanari avete ancora una speranza, è l’ultima, decidete voi; non chi viene in montagna quindici giorni all’anno, o mai.
(Lino Franzini)
Le correnti migratorie si dirigono da zone economicamente deboli verso regioni capaci di offrire una conveniente occupazione e un più alto livello di vita; in molti casi sono movimenti di regresso da zone faticosamente conquistate alle colture e all’insediamento. Le montagne sono state le prime ad essere colpite da questa repressione: lo spopolamento montano è un fenomeno quasi generale.
(Angelo Covili)
La situazione infatti è davvero disastrosa. Gli investimenti da fare ci sarebbero, i fondi necessari pure, a patto che venissero fatte altre scelte in direzioni diverse. Ma vedo anch’io che non c’è verso in questo senso. La crisi c’è, c’è dal 2008, ma dal 2011 è precipitata sempre di più per questo Paese: costi pubblici in aumento, tasse in aumento, burocrazia in aumento, spariti gli investimenti. Tuttavia ci deve essere una maggioranza silenziosa che sta bene anche così, visto che non si sentono reazioni, come se si trattasse di un popolo avvilito e inerme. La pubblica amministrazione locale è stata completamente defraudata di quei fondi coi quali avrebbe potuto svolgere quel minimo di investimenti che ha sempre potuto fare: ora no, tutto è assorbito dallo Stato mediante nuove leggi. Un disastro! Anche le iniziative che potrebbero portare uno spunto in più in questi territori si trovano ostacolate da mancanza di fondi e da livelli esagerati di burocrazia. Quando le poche imprese rimaste cominciano a dare questi segnali, credo proprio che sia il caso di fare qualche ragionamento molto più radicale del solito.
(Marco Leonardi)
Caro Marco, un esempio concreto da anni sul tavolo, sopra ricordato da Franzini, che con stima saluto, è sempre stato bloccato sai bene da chi, ora dite che non ci sono fondi? Quando c’erano, la politica locale, la stessa di ora, cosa ha fatto per valorizzare e creare opportunità per la montagna? Ti ricordi che abbiamo avuto addirittura per due mezze legislature Prodi, presidente del Consiglio, che da Bebbio poteva osservare il crinale, gli amministratori lo hanno forse sollecitato per qualche opera importante? Prova a sentire i tuoi amici se hanno altre spiegazioni in merito. Cordialmente.
(Fabio Leoncelli)
Intanto bisognerebbe iniziare con controbattere seriamente il lavoro nero. I sindaci avrebbero i mezzi per fare questo, attraverso la polizia municipale potrebbero fare controlli sui cantieri e fare le segnalazioni agli istituti preposti, ormai si è a conoscenza di chi lavora abusivamente e toglie quel poco rimasto a chi lavora in regola. Credo che le associazioni e gli enti debbano darsi da fare rapidamente per risolvere questa piaga, prima che sia troppo tardi, anche nei piccoli comuni.
(Un artigiano in regola)
La situazione della nostra Montagna è sempre stata poco considerata, sia dagli amministratori che abbiamo avuto, che, purtroppo, da noi stessi. Non si è mai preso coscienza di un progetto vero per rivalutare e rilanciare il territorio, la politica si accontentava delle elemosine che Provincia o Regione offrivano e noi eravamo tutti attenti al nostro orticello che ci dava comunque da vivere, senza curarci di ciò che succedeva attorno. L’unica grande opera, decisa dai nostri amministratori e che ha portato profitto ad un nostro Comune, ma danno a tutti quelli attorno, è stata l’immonda opera della discarica di Poiatica della quale, finito il profitto, ci terremo le conseguenze ed il rischio per decenni. Mi fa sorridere leggere di correnti migratorie parlando di un territorio come il nostro, un territorio con tante potenzialità, soltanto da scoprire e valorizzare. Cosa andiamo a cercare altrove? E’ mancata una unità di intenti di noi tutti e i risultati sono questi. Agricoltura e artigianato in crisi, fabbriche chiuse, popolazione anziana e servizi in smembramento continuo e col momento economico attuale va già bene se riusciamo economicamente a sopravvivere. Preso atto di quanto scriviamo tutti, chiediamoci, come Montanari, cosa fare, perché se aspettiamo Regione e Provincia abbiamo tempo; dobbiamo prima di tutto guadagnarci la loro considerazione, perché come potete dedurre da ciò che accade ogni giorno (vedi ospedale, Siae, uffici postali, ecc.) questi qui non ci hanno nemmeno in nota.
(Antonio Manini)
L’economia si muove su lunghi periodi. La maggior parte della gente, visto il pochissimo lavoro esistente in montagna soprattutto nel settore dipendente, ha lavorato, ha investito nell’istruzione dei propri figli, ha risparmiato moltissimo e poi è migrata verso le zone in cui c’era e c’è lavoro imitando chi l’ha fatto prima di loro quarant’anni fa. Se vent’anni fa ci fossero state le prospettive per avere molto più lavoro dipendente, oggi parleremmo di un’altra storia. Solo che lavoro dipendente di buona qualità va a braccetto con grandi organizzazioni e le nostre zone non sono adatte ad ospitare queste forme imprenditoriali. Un cane che si mangia la coda, sostanzialmente.
(Il fumoso)
Il lavoro, quando è onesto, è tutto di buona qualità, il problema che non sia considerato tale , derivava da un’immagine che in molti hanno contribuito a creare ed è frutto di questa società che dimentica le proprie origini e ci sta dimostrando, giorno dopo giorno, la sua poca sostanza, la sua inconsistenza, nel modo in cui si evolve. Le cose che abbiamo sono state costruite quando il lavoro era considerato tutto nobile, ora che ne distinguiamo le qualità, non sappiamo più tenere in piedi ciò che i nostri padri hanno costruito. A me piace ricordare, pur considerando l’istruzione e quanto ne consegue, importantissimi, che chi ci dà da mangiare è sempre la nostra terra e la terra va umilmente zappata, anche se zappare, agli occhi di molti, non è un lavoro di buona qualità. Conosco tanta gente che non zappa più, ma sarebbe meglio per tutti, loro stessi compresi, che lo facesse…
(Antonio Manini)
Chi è causa del suo mal pianga se stesso, mai frase fu più appropriata. I politici da noi eletti in questa zona hanno fatto solo i loro interessi. E’ una vergogna, persone che non meritano un aggettivo di gratitudine.
(Gianni)
Bravo Gianni, chi si accontenta gode. Così ci anno ridotti i nostri cari politici locali, votati per anni dalla maggioranza dei montanari, ma non è ancora finita, il colpo finale per il crinale lo avremo con la fusione dei Comuni. Cordialità.
(DZ)
Caro Fabio, in effetti ho provato anch’io tante volte a cercare di far spostare l’attenzione e quindi le energie su opere e iniziative tese a formare occasioni di lavoro, non solo puntuali anche e soprattutto destinate ad introdurre entrate almeno un po’ durature. Nei periodi che tu hai menzionato io non ero presente in questo territorio, benché sappia che allora, epoca ante crisi, si sarebbe potuto e dovuto fare molto di più. Oggi c’è rimasto molto poco in gioco e quel poco viene speso per mantenere il tipo di servizi che ci sono oggi. Per avere qualche fondo in più bisognerebbe tassare pesantemente, ma è stato scelto di evitarlo visto che già lo fa lo Stato in modo spropositato. Gli errori del passato si vedono meglio oggi, senza poterci fare gran che visto che nel frattempo è intervenuta questa “crisi” epocale che ha messo in crisi 60 anni di storia che si dava per consolidata. Forse bisognerà ripartire dal livello di servizi di 40 anni fa per ridurre una quota di spese oggi insostenibile ricavando fondi per investimenti: ma credo che a tutti piaccia avere l’uovo e la gallina e quindi tutti alla fine vogliono mantenere un livello di servizi rapportato ad un epoca di boom economico, nonostante la fase di recessione profonda che stiamo attraversando. Quanto alle scelte generali, cioè quelle che provengono dalla pianificazione dello Stato, credo che valga lo stesso ragionamento: per ritornare a cresce bisogna usare le minori risorse in investimenti fruttiferi, tagliare molte spese coerenti con un’economia che non c’è più, eliminare la burocrazia che in tutti i campi imperversa in modo rovinosissimo, essere disposti a rimettere in discussione tante cose. Insomma: una mezza rivoluzione! Io penso che laddove ci siano delle idee per uscire da questa situazione pesantissima, almeno per certe categorie, bisognerebbe che le stesse fossero animate da più senso di solidarietà e che le idee si facessero sentire di più: io, per quel che può valere, sono pronto a cavalcare tutte le proposte dirette a superare questa crisi.
(Marco Leonardi)