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Quando la montagna racconta il giornalismo

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C’è una bella fetta d’Appennino che passa attraverso le vicende dell’Associazione Stampa Reggiana “Gino Bedeschi”. Se ne è avuto un esempio domenica, alla cinquantacinquesima edizione annuale dell’assemblea che, per altro, ha premiato i figli meritori dei giornalisti presso un incantevole e misterioso Castello di Bianello con… “tanto di fantasma”, come ha asserito l’assessore Danilo Morini nel suo saluto.

Ma la storia, quella vera raccontata in queste settimane, è di due colleghe premiate per il coraggio dimostrato sul posto di lavoro. Una, la castelnovese Sabrina Pignedoli, suo malgrado balzata agli onori della cronaca durante l’operazione Aemilia per la sua operazione di giornalismo di inchiesta e denuncia, l’altra la reggiana Ines Conradi, che “a 182 giorni dalla violenta aggressione subita a Tincana di Carpineti (dove lei si prodigò per salvare la telecamera, sua infaticabile compagna di viaggio e di cronache) non ha ancora visto gli esiti dell’attività inquirente”, ha denunciato Mario Paolo Guidetti, consigliere dell’Ordine nazionale giornalisti e collaboratore di Redacon, proponendo per altro una onorificenza per le due giornaliste.

La storia è anche quella della formazione (ora obbligatoria) per il mondo dei giornalisti “e maggio si terrà anche e per la prima volta a Castelnovo Monti portando giornalisti da ogni parte della regione”, ha ricordato il presidente Giuseppe Adriano Rossi.

Alla cerimonia, aperta dal sindaco di Quattro Castella Andrea Tagliavini che ha espresso un plauso ai consorti dei giornalisti che, con loro, condividono le sorti e le aspettative o delusioni del lavoro, è intervenuto il nuovo Prefetto di Reggio Emilia, il dottor Raffaele Ruberto che ha esortato “i giornalisti nel continuare a scrivere le verità dei fatti con coraggio, indipendenza, passione e spirito di pubblico servizio”. Per lui la tessera onoraria dell’Associazione.

Il fotoreporter Mario Rebeschini, che agli inizi del nuovo millennio svolse in Appennino un reportage di immagini sui prodotti tipici locali, ha spiegato ai cronisti in erba la differenza fra fotografo e fotoreporter mentre lasciando cadere (si poteva immaginare inavvertitamente) per terra un fazzoletto di carta: “Ecco, il fotoreporter capisce cosa sta per succedere in anticipo prima che il fatto succeda e riesce a cogliere il fatto attraverso uno scatto pronto a catturare quel momento”.

Non ultimo l’intervento del revisore Carlo Pellacani: “L’Associazione stampa reggiana porta un nome che è dedicato al compianto collega Gino Bedeschi che fu anche insegnante di tedesco. Svolse la sua attività nel 1943 a Castelnovo Monti. Il 6 e 7 ottobre del 1944 avvenne il truce episodio del rastrellamento e deportazione di 80 ignari montanari partendo dal teatro Bismantova, molto di loro non sarebbero tornati. Forte della conoscenza della lingua tedesca, Gino si espose presso il comando reclamando la liberazione di quelle persone che nulla centravano con i fatti loro attributi. Pur vano il suo coraggioso tentativo, espose la sua vita per un epilogo diverso”. Piccole grandi pagine di giornalismo vissuto. (G.A.)

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