Alla luce di alcuni fatti degli ultimi anni, confortati da un documento del passato, mi chiedo cosa sia mai cambiato nel comportamento delle persone. Non intendo entrare in merito alle responsabilità di chiunque per i fatti di Genova o quelli di Roma, e lascio ai lettori trarre le proprie riflessioni in proposito. Solo mi pare che le cose si ripetano tali e quali, nonostante secoli di evoluzione sociale e di democrazia.
Il documento che propongo riguarda un omicidio avvenuto nel 1572. Non reca la data di emissione e l’originale è nell’archivio di Stato a Modena. Uno dei protagonisti di quel “fatto di sangue” risulterà estraneo alla vicenda, ma intanto è stato imprigionato, torturato, seviziato, poi condannato all’esilio. Naturalmente senza indennizzo. Il documento rappresenta la domanda di grazia per potere rientrare in patria e passare a casa gli ultimi anni di vita.
Ecco il testo, nell’italiano di quel periodo, ma ben comprensibile:
Al Serenissimo Signore Duca e Re.
Antonio da Rosano da Castelnovo ne’ monti, ducato di Reggio, humile et devoto suddito et servo di Vostra Altezza Serenissima, li (Le) espone come l’anno del 1572, del mese di Agosto, essendo stato chiamato da Pier Giovanni Colla da Castelnovo predetto ch’in sua compagnia co’ molti altri dovesse andare su quello della Crovara per obviare che li banditi ch’avevano amazzato Tiberio suo fratello, non venessero a danni di detto Colla et de’ sui: (Antonio) andò co’ lui et suoi compagni nelle detta giurisdizione; ove essendosi divisi in tre guardie, vi sopraggiunse il conte Achille da Pallude, qual passò la prima guardia nella quale eravi anche l’oratore (il richiedente), senza essere offeso (ferito) da alcuno di loro. Passò similmente la seconda, e pervenuto alla terza ove era il suddetto Pier Giovanni, l’oratore con i suoi compagni sentirono un gran rumore et temendo che fossero i banditi predetti, vi corsero tutti, et gionti in quel luoco trovarono morto il conte Achille. Per il che furono Pietro Giovanni et compagni inquiriti et condannati in contumacia, et l’oratore è stato prigione in Reggio circa mesi 18, et è stato alla tortura, et per essere innocente di detto homicidio è stato liberato dalla predetta carcere, ma bandito a beneplacito di Vostra Altezza Serenissima. Hora il povero oratore, vecchio di anni 76, desideroso di vivere quel poco resto che gli avanza di vita sotto il felice dominio di Vostra Altezza Serenissima, umilmente la supplica a fargli libera gratia di detto bando, attenta (attestata) l’innocenza sua in detto homicidio, ch’ha patito assai nella longa prigionia, oltra al tormento della tortura et altre cose patite per (da) lui, che l’hanno molto afflitto, per non dire stroppiato. Et hoc de gratia non obstantibus habens per expressum (E ciò in riferimento alla grazia, non avendo nulla espressamente che lo impedisca).
Sul lato sinistro del documento: Gratiam fecit Dominus supplicanti de dicto banno. Antonius Montecat (?) die viii Junii (firma illeggibile) – Castelnovo ne’ monti
(Il Signore (Duca) fece grazia al supplicante sul detto bando. Antonio Montecat (?) il giorno ottavo di Giugno (firma illeggibile) Castelnuovo ne’ monti).