In questi giorni abbiamo avuto ospiti due cugini nati e residenti negli Stati Uniti, una occasione per confrontarsi sugli stili di vita di due Paesi che sono sempre stati lontani in tutto, nonostante la globalizzazione abbia “ridotto le distanze”.
Ricordo il primo viaggio negli States, nel lontano 1974, avevo 10 anni, fu una esperienza unica ed irripetibile, la famiglia benestante dei parenti, le occasioni speciali che ci offrirono, dipinse un Paese eccezionale, avanzato, delle grandi opportunità, benessere diffuso, abbondanza e modernità.
A quei tempi la mia minuta corporatura evidenziava le sproporzioni delle autovetture, grandissime, garages comandati da telecomando, tv a colori in tutte le stanze, centri commerciali, sacchetti enormi della spesa, gelati nelle vaschette e coni immensi, confezioni di ciambelle bellissime.
Ad ogni angolo di New York bancarelle di cibi, magliette personalizzabili con il proprio nome, ogni gadget possibile ed immaginabile.
Tra noi e loro ci sono sempre stati almeno 15 anni di differenza, ora meno per tante cose, Internet ha aperto e condiviso mercati, bisogni e offerta.
Però qualcosa è ancora lontano da noi, l’economia della quantità.
Non siamo analisti finanziari ed economisti, ma possiamo ugualmente capire che l’offerta spinge i consumi.
Se non venisse data la possibilità di comprare, i consumi non esisterebbero.
Spesso è più l’offerta che spinge, che la domanda a tirare.
Nei momenti di crisi, dove la propensione a spendere è minore, siamo meno portati a cercare, scovare e prendere.
E gli americani cosa fanno? Applicano da sempre la regola più produco, meno costa, meno paghi.
Alcuni anni addietro andai con mia moglie negli USA, approdammo una settimana a Miami e trovammo un bel ristorante “italiano” che frequentammo per 4 sere, eravamo soliti chiedere delle splendide bistecche New York steak, carni eccezionalmente morbide e gustose. Regolarmente ci veniva proposta una aragosta al solo prezzo di 2 dollari, se aggiunta al conto che normalmente ci trovavamo a pagare, non particolarmente salato, considerando la zona e il contesto del ristorante.
Non amo l’aragosta, ma l’insistenza in vacanza fa cedere, così una sera accettai, arrivò uno splendido esemplare magistralmente tagliato e presentato, con salse di contorno.
Dopo poche forchettate, dovemmo desistere dall’impresa, lasciando più della metà della succulenta portata.
Non so quanto fosse costata al ristorante, certamente più di due dollari, ma non abbastanza da annullare il guadagno che aveva sul resto della cena, col risultato che anche la sera dopo andammo, più contenti che mai, ma non consumammo altri extra.
Nello stesso viaggio vedemmo la maggioranza dei pedoni armati di un bicchiere enorme contenente ogni genere di liquido, miscugli globalmente zuccherati, caffè lunghissimo, cappuccini schiumosi, anche nella metropolitana, temerariamente appoggiati sul pavimento delle carrozze traballanti.
Venendo ai giorni nostri, i cugini hanno regalato due Talkie Walkie ai nostri figli. Spesso ti trovi senza batterie e non sai come fronteggiare la smania dei bambini che vogliono scartare il gioco e usarlo immediatamente. Ma, fortunatamente, il cugino Alex aveva pensato anche a questo, una confezione di ministilo da 20, sì, da 20 pezzi. Se cercate su internet immagini delle ministilo, non salta fuori; da noi generalmente le confezioni sono da 4, l’Ikea ne fa da una dozzina forse. Da loro meno di 20 sono poco reperibili.
Nei due radioterminali ne ho messe in totale 6, le altre 14 le ho riposte, andranno consumate perché comuni a vari dispositivi che abbiamo in casa. Ma non immediatamente.
Ieri mentre si pranzava fugacemente, Alex prende una Coca Cola senza zucchero, sbalordito agguanta la lattina da 33cl lunga e stretta, quelle che vanno adesso, sembrano più piccole delle classiche lattine, ma è solo una impressione. Ha cominciato a trasformare i centilitri nella loro unità di misura, sempre più sgomento. Da loro le taniche di succo da 5 litri sono nella norma, bicchieri da mezzo litro di Coca Cola o Pepsi anche.
Allora abbiamo scherzato sul fatto che da loro tutto è grande, nei cinema hanno tre formati di pop-corn, uno sembra un secchio, ma costa solo mezzo dollaro in più di quello intermedio, che ne costa un paio.
I frullati costano un dollaro e mezzo, quelli “veri” arrivano a 5$, ma con 2$ compri un litro di quello che non sai cosa ci sia dentro. Nelle catene di hamburger, con pochi dollari mangi da morire, patatine con ingredienti che generano “dipendenza”.
Le persone a basso reddito sono sovrappeso, più delle benestanti, costa loro meno andare da queste catene di distribuzione e mangiare a crepapelle che andare nei supermarket, fare una spesa normale, cucinare. Stanno in un locale più accogliente di casa loro, gustano piatti saporiti, nutrienti.
La moglie di Obama ha avviato una campagna per migliorare i cibi nelle scuole, ma i bambini rifiutano verdura e piatti a contenuto calorico normale.
La taglia M in USA corrisponde alla mia L in Italia.
La crisi è finita negli United States, loro sapevano che c’era e hanno saputo uscirne, noi solo ora cominciamo ad ammettere che ci sia, non abbiamo fatto nulla e poco si fa per superarla.
La ricetta corretta è quella americana?
L’economia della quantità e del consumo incondizionato, compro e butto?
Caro Franz, forse vale la pena aggiungere che il cugino Alexander è lui stesso “fuori misura”, visto che con i suoi oltre 6 piedi di altezza (1 piede = 0,3048 metri) sfiora i due metri!
(Tuasorella)
Ciao Francesco, mi trovo in questi giorni negli States per lavoro, mi ritrovo molto in quanto tu scrivi, ma la grande domanda che mi pongo è: è veramente finita la crisi qua negli US? Sinceramente non ne ho questa grande certezza. Quel poco che ho potuto notare sono i supermercati di alcolici super pieni, ma i centri commerciali non pieni come vediamo normalmente nei film che vediamo in tv. I fast food, come dici tu, sono sempre pieni, proprio perchè economici, mentre i ristoranti dove il livello qualitativo è medio/alto sono abbastanza vuoti. Certo che per mangiare a un fast food al massimo spendi 10$, mentre in un ristorantino meno di 40$ è difficile spenderli. Da queste poche cose direi che anche qua la crisi è ancora nell’aria. Mi è capitato di parlare con americani che sono stati in Europa e mi han detto che noi europei siamo fortunati perchè il nostro stile di vita è migliore del loro. Non posso dargli torto, effettivamente. Io sinceramente qua negli US non verrei mai a viverci, anche se gli invidio il fatto che hanno molta disponibilità di terra, grandi spazi da poter sfruttare. Ad ogni modo è un Paese interessante da scoprire/capire, un Paese dove la “normalità” non esiste, ma dove esiste l’eccesso su ogni cosa (patriottismo, spiritualità, mangiare, sportività, ecc).
(Alessandro Torri Giorgi)
La crisi credo che non passerà mai, in fondo se tutto il mondo si fermasse e ciascuno dovesse pagare i propri debiti, e di Stato, sarebbe una bancarotta. Credo che gli americani abbiano la capacità di nascondere i debiti e spendere quello che non hanno. E’ sempre stato così.
(Francesco Casoli)
Essendo appassionato di economia le spiego come gli Stati Uniti, a differenza dell’Eurozona, hanno superato la crisi.In primis hanno imposto alle banche, avendo una sua moneta, di immettere tanta liquidità. Cosa che con l’euro non abbiamo potuto avere, perché la Germania ha le redini dell’Eurozona in mano. Poi lo spirito americano è ben diverso dal nostro. Si compra roba americana. In Italia a rimanere nella crisi ci ha aiutato sicuramente una pressione fiscale quasi doppia rispetto all’America. Le banche hanno fatto l’opposto di quello che sarebbe servito. Se i nostri governanti avessero “tirato” le orecchie alle grandi banche a inizio crisi forse non saremmo in queste condizioni. Speriamo di rivedere la luce, dopo il buio.
(Montanaro)
Aggiungerei un elemento: difficile per le banche intervenire ad inizio crisi, quando la politica fino al novembre 2011 ci ha detto che la crisi non c’era perchè i ristoranti erano pieni. Sì, era vero: i ristoranti che frequentano loro con il 10% degli italiani. Per quanto riguarda gli americani poi, non riuscirò mai a capire come possano essere la prima potenza: se escono dallo scheduled finiscono nel panico.
(Mv)