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Il referendum consultivo relativo al progetto di fusione tra i comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto si terrà domenica 31 maggio p.v. e si voterà dalle 7 alle 23: lo annunciamo all’unisono come sindaci dei 4 comuni, facendo riferimento al decreto di indizione del presidente della giunta regionale dell’Emilia-Romagna n. 46 del 10 marzo, che ci è stato notificato il 20, ieri l'altro.
E’ un’informazione questa - ufficiale e incontrovertibile - che forniamo e non una deformazione come quella del capogruppo della minoranza in seno al Consiglio comunale di Ligonchio, nella nota diffusa agli organi di informazione nei giorni scorsi, ove si dice testualmente che le “sovvenzioni previste sono state decurtate e lo saranno ancora nei prossimi anni” e, più avanti, il taglio “è di oltre due milioni di mezzo”: il decreto su cui fonda questa affermazione è il decreto del ministro dell’Interno del 21 gennaio scorso.
Peccato però che il consigliere ligonchiese (che, lo vogliamo ricordare, tempo fa ebbe a dire in una pubblica assemblea: “Chi non crede nella fusione è miope”) non si sia premurato di verificare, come abbiamo fatto puntualmente noi. Ammettiamo che il contenuto del decreto citato potesse ingenerare qualche dubbio, ma è dovere di un amministratore fare chiarezza. Ebbene da fonti ministeriali arriva la conferma che il contributo statale è di 403mila euro annuali e il limite massimo di 1,5 milioni di euro è riferito al contributo annuale per ogni singola fusione e non al cumulo dei 10 anni.
Se al suddetto contributo statale aggiungiamo il contributo regionale complessivo di oltre 4 milioni e 300mila, otteniamo la quota totale, che confermiamo, di oltre 8 milioni di euro in quindici anni, e questa disponibilità finanziaria offre importanti opportunità sia per dare vita a nuovi progetti sia per rispondere puntualmente alle esigenze dei cittadini. Senza la fusione, sarebbe difficile mantenere una pressione fiscale “leggera” (la più leggera tra tutti comuni della provincia) e garantire i servizi in modo efficace.
Pertanto, oltre a confermare l’entità dei contributi quale premialità alla fusione, vanno anche evidenziati gli altri fattori che spingono ad andare avanti su questa strada: l’esenzione per 5 anni dal patto di stabilità (vera e propria spada di Damocle, che incide sull’operatività dei comuni) e la priorità sui bandi regionali ed europei per il finanziamento di progetti (elementi introdotti da normative recenti); il nuovo ente inoltre avrebbe sicuramente un peso ed un’autorevolezza maggiore nella elaborazione dell’agenda politica della montagna, visto che con 257 kmq di superficie sarebbe per estensione il primo in provincia e il sesto in regione, e avrebbe un’identità nuova, più larga, efficiente e competitiva con la possibilità di costruire progetti ambiziosi incentrati sulle potenzialità ed eccellenze del territorio: turismo, ambiente, sviluppo e sfruttamento delle energie rinnovabili e delle risorse naturali.
La riduzione dei costi della politica trova una concretizzazione certa nella fusione: un sindaco e non 4 sindaci, 12 consiglieri comunali anziché 40, 4 assessori anziché 10 e nessun organo aggiuntivo dell’Unione del crinale. La permanenza dei municipi, punto cardine del progetto di fusione, va intesa poi non solo come sede di servizi ma anche come base logistica degli organi di rappresentanza dei territori di origine, anch’essi eletti a suffragio universale diretto.
L’esperienza di 15 anni di Unione, che ha consentito la gestione associata fra l’altro dei servizi sociali, della polizia municipale, del servizio tributi, degli appalti, delle attività di promozione turistica, è stata positiva e ci ha fatto pensare, che una volta chiuso questo capitolo per effetto del riordino territoriale attuato dalla Regione, la fusione fosse quasi uno sbocco naturale per continuare a pensare ed agire ad una sola voce.
I tagli continui applicati agli enti locali, anche quelli più virtuosi, la difficile crisi economica, il processo di riorganizzazione istituzionale in corso a vari livelli, necessitano ora più che mai di un progetto forte per questo territorio, di una rinascita e di una nuova partenza. Tutto questo vuol dire fusione.
(Daniela Pedrini, sindaco di Busana, Paolo Bargiacchi, sindaco di Collagna, Giorgio Pregheffi, sindaco di Ligonchio, Martino Dolci, sindaco di Ramiseto)
Il costo per creare e mantenere la sede del nuovo municipio, perchè pare ci sarà una ulteriore sede (quindi cinque in totale), chi la manterrà economicamente? I cittadini o verrà data in uso gratuito una volta fatta la fusione?
(Alessandro N.)
Come residente nel comune di Ramiseto sono felice di questa tappa fondamentale del processo di fusione. Auspico che il nuovo ente dia slancio alla sofferente economia del territorio rilanciandone le potenzialità, in particolare mi piacerebbe che si investisse nell’ambito del turismo equestre con la creazione di un valido centro ippico; trovo infatti strano che in un ambiente naturale come il nostro non ci sia una struttura di questo tipo. Sulle progettualità concrete da realizzare nel nuovo Comune sarebbero necessarie varie assemblee di informazione alla cittadinanza per non ridurre il progetto complessivo ad un semplice cambiamento burocratico amministrativo.
(Ic)
Ben venga l’Unione, ben vengano le ottimizzazioni e tutto il resto. Ciò che invece non condivido è che i quattro Comuni si vantino di avere la pressione fiscale più leggera della provincia ma, di rimando, non hanno (o dicono di non avere) le risorse per dare un aiuto a chi ne ha bisogno. Io credo che se i Comuni hanno la possibilità di applicare le addizionali fino ad una certa percentuale, abbiano il dovere di valutare prima i bisogni del territorio e delle famiglie e, di conseguenza, applicare il giusto carico fiscale a carico di tutti coloro i quali producono reddito. Non sempre un carico fiscale “light” è una buona cosa, soprattutto quando poi, a rimetterci, sono i soliti pochi che non importa se non danno il voto.
(Bm)
Signor “BM”, mi scusi, ma lei dove vive? Secondo lei non pagare Imu su prima casa, Tasi su prima casa, avere basse aliquote addizionali, libri delle scuole elementari pagati dall’Amministrazione comunale, trasporti scolastici a basso costo, retta della scuola d’infanzia a cifra quasi simbolica, non sono sostegno per i bisogni del territorio e delle famiglie? Con tutti i difetti che le nostre Amministrazioni possono avere, a loro va comunque un grande plauso per l’aver mantenuto la pressione fiscale più leggera della provincia, anche perchè le ricordo che chi ha un reddito (produce? ma chi?) quasi sempre ne lascia metà per la strada per andare al lavoro. Purtroppo ho fortissimi dubbi che il livello di pressione fiscale e i servizi dislocati sul territorio possano mantenersi tali anche con la fusione in un unico Comune, che al contrario di quanto sembrava all’inizio finirebbe dritto dritto nella grande unione sotto a Castelnovo ne’ Monti. Motivo per cui al referendum voterò un sentito, anche se probabilmente inutile, no.
(Collagnese)
Lei è libero di votare come preferisce, ma su una cosa sbaglia: l’Unione che comprenderà tutti i Comuni dell’attuale Comunità montana (quindi anche Collagna) si farà comunque. La differenza sarà che Collagna potrà entrarci come singolo Comune con meno di 1000 abitanti, o come facente parte di un Comune (fusione dei 4 Comuni) di 4000 abitanti circa. La differenza sarà quindi il “peso politico” che avrà. Saluti.
(Alessandro)
Si rilegga la legge regionale, Alessandro, i quattro comuni del crinale già aderiscono ad una Unione dei Comuni e non sono obbligati a entrare in un’altra.
(Collagnese)
Peccato che l’Unione attuale dei comuni a fine anno non esisterà più e di conseguenza saremo obbligati ad entrare in un’altra.
(Abitante di Ligonchio)
Signor “BM”, sono d’accordissimo con lei, volevo solo precisare una cosa: non si tratta di unione ma di fusione e la cosa è ben più grave, cambia totalmente il significato della parola. Condivido tutto ciò che lei ha scritto.
(Alessandro N.)
La permanenza dei 4 municipi esistenti è un punto cardine del progetto di fusione. E’ peraltro vero che esiste la proposta di istituire una quinta sede del nuovo municipio. Credo che questa idea sia sbagliata. Alla base delle leggi che auspicano e favoriscono con incentivi la riduzione degli oltre 8.000 Comuni italiani vi sono due punti fondamentali:
1) Risparmio di risorse pubbliche.
2) Maggiore efficacia amministrativa.
La proposta di istituire una quinta sede va platealmente contro il primo di questi principi fondamentali. Esiste anche l’idea di lasciare il compito di decidere o meno la quinta sede al Consiglio comunale del nuovo Comune. Viceversa, io credo che una decisione così rilevante non vada sottratta alla decisione popolare del referendum per cui, a mio avviso, i promotori della fusione devono presentare una proposta completa (ad esclusione del nome che è pure oggetto del referendum).
(Claudio Bucci)
Credo che una sede nuova sia opportuna, ma lasciamo decidere al futuro Consiglio, anche se di strutture vuote di proprietà comunale ce ne sono molte. Però credo sia assurdo costruire o ristrutturare le sedi attuali, come da programmi elettorali ultimi.
(Piero Toni)
Forse sarebbe bene, oltre che per il “sì” e il “no” e oltre il nome del nuovo Comune, far votare ai cittadini anche dove vorrebbero fosse ubicata la nuova sede comunale.
(Alessandro N.)
Come volevasi dimostrare: il tutto è concentrato nei soldi da portare a casa e nella sede. Da notizie giunte da varie parti sembra che gli Amministratori e le forze (la forza politica) che gestisce il crinale siano impegnati appunto sulla sede, argomento importantissimo! Ogni giorno i municipi attuali sono talmente pieni che la fila parte dalla strada. In un momento come questo credo che parlare di sede, spostamenti, nuovi immobili, sia veramente di cattivo gusto, parliamo di lavoro, sviluppo, viabilità, solidarietà, semplificazione, efficienza, professionalità, incentivi per lo sviluppo del crinale, valorizzazione delle professionalità e delle radici della storia della montagna, senza inventare nuovi mestieri, già vecchi in altri luoghi, incentivi (non economici) per riportare famiglie giovani e per trattenere i pochi giovani già con la valigia in mano, sicurezza, rapporto stretto tra amministrazioni e cittadino. Ne vedremo delle belle. Cordialmente
(Fabio Pietro Leoncelli)
Da diciassette anni frequento l’Appennino e in questo lungo lasso di tempo ho avuto modo di assistere al lento ma inesorabile decadimento del tessuto economico e sociale di questa terra. Nonostante ciò ho deciso di investire economicamente in un’attività proprio in Appennino e in questi anni in questa terra ho dato il mio lavoro volontario e ho partecipato alle iniziative che ruotano intorno alle comunità. Per questo, anche se non sono solito intervenire su questa piattaforma, mi sento di intervenire in questo dibattito. Credo di averne le credenziali e in questa valle ho deciso di invecchiare insieme alla mia amata moglie e compagna di vita. Allora, in questi anni mi sono spesso chiesto il perché di un decadimento inesorabile, rispetto al quale le amministrazioni che si sono succedute e le stesse opposizioni non hanno sembrato dare seguito con progetti articolati come risposta alla preoccupazione crescente. I paesi si svuotano, ci sono decine di case in vendita in ogni luogo e questa fine pare ineluttabile. E, invece, se si scorre la vita di queste collettività in questi ultimi anni si scoprirà che non è che in Appennino non siano arrivati dei soldi. In passato ne sono arrivati anche tanti. E’ solo che sono andati come rivoli qua e là senza che al fondo ci fosse un progetto strategico. Ma perché l’Appennino deve essere consegnato all’ineluttabile? Bisogna, forse, aspettare che anche una scuola media di valle si chiuda e tutti i bimbi sopravvissuti partano per Castelnovo? E perché non si è mai vista un’amministrazione con un progetto compiuto e articolato e in direzione di un qualcosa di lungimirante a 360° che sappia parlare di scuola, anziani, giovani, cultura, economia ed energia sostenibile, quale agricoltura, quale caccia, raccolta differenziata, sport, turismo, sentieristica, quale edilizia, degrado paesaggistico e non, ecc., anziché interventi qua e là, giusto per accontentare un po’ questo paese e un po’ l’altro? Io credo che l’unica via percorribile sia questa, un progetto unico e non per comparti stagni ma comparti in rete. Ora i soldi sono pochi, ma un tempo erano di più, ma nulla di articolato. Oggi quindi che si affaccia la strada della fusione, che credo sia l’unica chance possibile per non assistere ad un’ulteriore implosione di quel che resta dell’Appennino, si odono sinistri scricchiolii anziché prese d’atto responsabili. Si sente parlare, addirittura, della possibile creazione di una quinta sede comunale, giusto per dare un contentino di campanile anziché spegnere un’ottica di campanile che oggi è, più che mai, un suicidio assistito. Oggi, che da parte di tutti ci sarebbe bisogno di uno scatto di responsabilità civica in vista della sopravvivenza di una collettività condivisa, cosa si suggerisce? Di andare alla creazione di un’altra sede comunale che non sostituirà nessuna delle altre ma ne aumenterà i costi. Ma chi pagherà questi costi? Ma la fusione non è un’operazione che deve andare nella direzione di un risparmio e di una razionalizzazione? E, ancora, non è forse il caso di far capire alla gente che la fusione, una fusione però fatta al netto delle questioni di campanile e di voti, è l’unica soluzione possibile per non finire tutti a Castelnovo come i parenti poveri dalla Sparavalle in su? Esempi di questo proliferare di scelte fuori logica ne abbiamo ancora sotto gli occhi; per citarne uno emblematico fra tutti: la caserma della forestale, o meglio, l’ecomostro alle falde del Ventasso, che doveva andare a sostituire una bellissima sede già in funzione. Ma, a questo proposito, c’è ancora qualcuno, amministratori, opposizioni o cittadini, che si indigna e fa delle battaglie? Auspico che ci sia un futuro nel quale amministratori coraggiosi e appassionati (perché in un posto così dimenticato come la montagna c’è bisogno di amministratori coraggiosi e pronti a fare delle battaglie) si mostrino all’orizzonte. Detto questo, io credo che questo Appennino sia un paradiso pieno di risorse, che le logiche di campanile hanno affossato e diviso. Conosco agricoltori coraggiosi, maestranze di grande pregio in diversi campi che fanno fatica a sopravvivere, nonostante una qualità del loro lavoro più che pregevole, famiglie che rimangono a dispetto delle altrui andate via. Tutto questo è ciò che rende speciale questa terra, molto al di là delle sue già immense bellezze naturali. E’ la sua gente, sono le sue ormai sparute comunità che la rendono speciale, perché altrove, nelle città piene di gente, si è perso il senso di comunità. E’ per tutto questo che sono felice della scelta che ho fatto ed è per tutto questo che sono arrabbiato.
(Vincenzo Castellano)
Gentile signor “Collagnese”, innanzi tutto sono una signora ma l’esperienza e la mia posizione, purtroppo, non mi permettono di espormi troppo. Però, tranquillo, mi sono già esposta in “privata sede” con chi di dovere. Ciò che Lei afferma, in teoria, non fa una grinza ma, ribadisco, solo in teoria. Io ho parlato guardando un po’ “al di là” del mio naso e assolutamente a ragion veduta. I principi ispiratori delle mie riflessioni, oltre che da dati oggettivi e circostanziati (che per ovvie ragioni non posso riportare), partivano dai concetti di mutualità e solidarietà che, soprattutto in un territorio come il nostro, dovrebbero essere imperativo. Mi dispiace, ma non pagare Imu e Tasi, avere trasporti, libri e mense a costo simbolico non risolve i problemi di chi, come ho già detto, non ha la fortuna di avere la prima casa su cui dovere pagare le imposte o bambini da mandare a scuola. Ringrazio chi mi ha compreso e faccio i miei complimenti più sinceri al signor Castellano.
(BM)
Datemi un motivo valido perché dovremmo votare sì alla fusione, perdere la nostra identità e chiamarci chissà come. Eh no, cari politici, questo non mi piace e poi le cose non cambieranno ugualmente finché non finite di mangiare soldi! Cordialmente.
(Un abitante di Ligonchio)
Il motivo valido è che non è più solo un modo per ottenere nuovi finanziamenti nei prossimi anni, ma è l’unico modo per dare dignità istituzionale a dei Comuni che da soli sono destinati a scomparire, visto che già oggi c’è l’obbligo della gestione associata di tutte le principali funzioni per municipi inferiori ai 3.000 abitanti.
(Francesco Benassi)