Dal sito della Flaei (Federazione lavoratori delle aziende elettriche italiane) che è nata nel 1949 sulle ceneri della Fille (Federazione italiana liberi lavoratori elettrici).
-----
Terna? O Enel?
Nella notte tra il 5 e 6 febbraio scorsi una nevicata ha messo in ginocchio parecchie regioni. Le caratteristiche della neve ed il livello di precipitazione hanno interrotto decine di linee AT - MT e BT. Notevole è stato il dispiegamento di personale con un grande coinvolgimento di colleghi (operai e tecnici) che, anche in questi momenti, hanno riconfermato il senso di attaccamento al servizio pubblico, che da sempre caratterizza l’operato di tutti i dipendenti del settore elettrico.
I lavoratori di Enel e Terna hanno agito in condizioni difficili, perché hanno dovuto far fronte (da soli!) anche alla rabbia della popolazione cercando di sopperire ad una emergenza che da subito si è mostrata molto complicata.
La decisione del governo e della politica, di liberalizzare il sistema elettrico nazionale, ha portato alla separazione della rete At (ora di Terna) dalla rete Mt di Enel (solo per fare cassa), in queste situazioni emergenziali, mostra tutte le criticità organizzative e gestionali. Dagli anni ‘90, quando ancora la rete veniva esercita da un solo operatore – l’Enel - (ed allora gli inverni erano molto più rigidi), si sono persi nella sola distribuzione dell’Enel oltre 30.000 lavoratori. Le nuove tecnologie hanno reso possibile fare a meno di operai e tecnici, ma si è esagerato: in situazioni critiche emergono i limiti di tali scelte.
Per questi eventi, ormai ricorrenti, alcuni impianti, soprattutto i più obsoleti, mostrano la loro inefficienza. Infatti, quanto avvenuto ora e nel 2014 dovrebbe modificare tale impostazione rilanciando un nuovo piano di assunzioni utile alle società ed al Paese. Solo garantendo un’adeguata presenza sul territorio possiamo preservare la capacità operativa. Enel e Terna devono essere punto di riferimento per le amministrazioni locali e per i cittadini anche nelle situazioni di emergenza.
Il governo italiano dovrebbe rivedere la scelta di tenere separate le reti elettriche per recuperare una “regia unica” rispetto alla gestione, rarefacendo le responsabilità, che naturalmente sono sempre dell’altro operatore.
Fatto sta che non si risolvono i problemi dei cittadini rimasti per giorni senza luce.
Da mesi, come Flaei-Cisl, chiediamo di affrontare con le aziende alcuni aspetti organizzativi, legati alle effettive necessità di personale, per garantire la concessione pubblica attraverso un adeguato presidio di “pronto intervento” e le nostre realtà regionali chiedono di discutere il piano della reperibilità modificato dall’ennesima riorganizzazione dell’Enel infrastrutture e reti.
Occorre uscire da questa situazione dando subito al Paese un segnale importante. L’occasione potrebbe essere quella della presentazione dei piani industriali: a Terna abbiamo proposto un accordo di ricambio generazionale, ad Enel abbiamo chiesto di mantenere fede agli impegni sottoscritti iniziando ad assumere tutti coloro che sono risultati idonei alle selezioni per operai, coprendo così parzialmente una situazione complessa scaturita nelle aree prevalentemente rurali o montane. Zone che “rendono economicamente” meno di quelle urbane ma che la concessione impone di servire in modo efficiente e analogo alle altre realtà, perché il Paese possa svilupparsi armonicamente ovunque.
Attendiamo fiduciosi, ora che l’emergenza si è risolta, un tavolo politico per affrontare i temi da noi sollevati.
(La segreteria nazionale, Roma, 12/02/2015)
* * *
Energia. Dopo l’ingresso della cinese State Grid il governo studia i prossimi passi. De Masi (Flaei): non si pensi solo a fare cassa.
Terna e Enel, cosa rischiamo con le privatizzazioni.
L’energia sempre di più al centro delle attenzioni delle famiglie, come del sistema socio produttivo. Costi della bolletta, efficienza del sistema, modernizzazione delle centrali, effetti sul lavoro, sui servizi e sulla collettività destano preoccupazione ed interesse crescente.
Occorre affrontare in modo sistematico questioni cruciali per disegnare un futuro positivo tanto al settore elettro-energetico quanto alle necessità di famiglie ed imprese. Tutto ciò senza dimenticare gli equilibri ambientali e quelli sociali connessi con l’occupazione e i territori. Recenti decisioni nel campo dell’energia sollecitano scelte definitive e ponderate.
L’avvio del procedimento di ricertificazione, da parte dell’Autorità di settore, di Terna e Snam dovuto all'ingresso di State Grid cinese in Cdp reti e la concomitante cessione di un ulteriore pacchetto di azioni dell’Enel da parte del Ministero dell’economia ripropongono la necessità di valutare con grande attenzione da parte della politica e del governo i processi di privatizzazione nel settore elettro-energetico.
“Nel caso di Cdp Reti, che interessa al momento due asset strategici per il Paese come le reti elettriche e del gas, riteniamo - dice il segretario generale della Flaei Cisl Carlo De Masi - che le valutazioni sulla ricertificazione dovevano essere effettuate prima di modificare la governance societaria a seguito della cessione delle quote ai cinesi”.
Il controllo delle reti è un fattore primario della sovranità nazionale, nulla va trascurato, nemmeno il dettaglio più sottile, quando si interviene su ambiti così delicati e strategici. La Cisl attraverso le federazioni di settore ha più volte sottolineato come non sia contraria alle privatizzazioni, purché queste offrano garanzie inoppugnabili per aziende che erogano servizi essenziali per la vita dei cittadini. Ci sono in ballo non quote di mercato o semplici profitti, bensì scelte cruciali di lungo periodo per il Paese.
Valutazioni altrettanto ponderate vanno adottate anche nel caso della cessione di un’ulteriore quota di azioni dell’Enel da parte del Ministero dell’economia. Una scelta che in tutta evidenza non può essere ricondotta ad una semplice operazione per fare cassa o al mero abbattimento del debito pubblico italiano. I pochi miliardi di euro che il Tesoro stima di incassare scendendo dal 31,2% attuale al 25% circa del capitale di Enel rappresentano una goccia nel mare, o meglio è come svuotare il mare con un secchiello. “L’operazione - riflette Carlo De Masi - serve probabilmente ad altri obiettivi, forse a infondere fiducia agli investitori esteri perché tornino ad essere protagonisti nel nostro Paese e ne supportino il rilancio industriale”.
Questa operazione di immagine potrebbe essere condotta con strumenti più adeguati, non con la cessione di quote azionarie di uno dei tre solidi campioni industriali rimasti all’Italia, protagonisti sul mercato internazionale e altamente competitivi. Occorre, su temi così delicati che investono decine di milioni di cittadini nonché una risorsa cruciale per l’economia nazionale, procedere con grande cautela, sia al fine di non indebolire un’azienda come Enel, sia per non rinunciare ad importanti dividendi futuri in cambio ora del famoso piatto di lenticchie di Esaù.
Gli albori di una ripresa economica meritano, forse, un’opzione di maggior fiducia puntando su un accresciuto valore a medio termine. L’Enel, in un contesto di crescita vedrebbe di gran lunga aumentare il proprio valore intrinseco e la propria redditività rispetto all’ipogeo toccato oggi nella spirale della peggiore recessione che l’economia abbia conosciuto. Le privatizzazioni annunciate con la solita enfasi dal governo, che riguardano anche Poste e Ferrovie, debbono essere pensate e valutate in un contesto ampio e di medio/lungo periodo, poiché potrebbero risultare meno utili di quanto previsto, capaci di indebolire aziende sane necessarie al Paese, per uniformarsi ad indicazioni ideologiche più che economiche.
Il governo valuti bene tutte le componenti prima di operare scelte difficilmente reversibili.
(Ubaldo Pacella)
Quindi è la testa che non funziona, non le braccia. Dev’esserci un virus che mina i neuroni dei dirigenti. Loro devono delle spiegazioni logiche, almeno una volta, a noi cittadini. A loro andrebbero fatti pagare i rimborsi, magari facendogli provare una due giorni di buio. Certamente non possiamo prendercela con dei “poveri cristi” armati di terna e ramponi, ed inviati da loro, le menti sopraffini dell’italica energia, a riparare i danni immersi nella neve fino alla cintola. Facciamola compiuta, tagliamo la testa e teniamo le braccia.
(Serb)
E’ piu o meno ciò che succede in ogni comparto pubblico. In nome della spending review si tagliano i costi, di solito del personale, convincendo la gente che sono posti inutili (dipendente pubblico=fannullone) e che il servizio funzionerà comunque bene, ma non è così. Peccato che emerga il problema solo nei casi di emergenza per poi finire nel dimenticatoio fino alla prossima crisi. In bocca al lupo.
(Alex)
La mia considerazione non riguarda i blackout dei giorni scorsi, bensì le linee telefoniche che sorreggono i pali non più fissati a terra a causa dello smottamento del terreno in pendenza (Fondosecchia nei pressi di Colombaia) o della scarpata (strada Carpineti-Valestra). Si badi bene però che queste situazioni sono almeno dello scorso anno, guasti del maltempo, perfettamente visibili perchè sono a fianco della strada! Ora se n’è aggiunta una nuova: un albero rotto dal peso della neve ha staccato il cavo dal palo e piegato i due pali ai lati. Quanto potrà durare quel cavo? Non si potrebbe iniziare a bandire un appalto al massimo ribasso, ovviamente, per assegnare le riparazioni a partire almeno dal prossimo anno? Sempre che tutto fili liscio?
(Commento firmato)
Enel era un’azienda che forniva un servizio efficiente, ottenendo utili, garantendo occupazione a molti dipendenti che potevano vantare condizioni di lavoro, stipendi e garanzie di tutto rispetto, oserei dire invidiabili dai più, con costi per l’utenza tutto sommato contenuti. I dipendenti sono drasticamente diminuiti, probabilmente anche i loro benefit, nonostante il miglioramento tecnologico il servizio è, a quanto pare, meno efficiente ma le tariffe per gli utenti non sono certo meno onerose. Da un punto di vista puramente matematico c’è qualche cosa che non torna, che manca, che magicamente sparisce non si sa dove e che interessa molto anche ai cinesi. Non serve essere dei geni per trarre conclusioni.
(Lorenzo)
Troppo difficile il sistema di gestione della rete elettrica. La mia proposta: rete in mano allo Stato e chi usa la rete paga l’affitto oppure conferisce in natura ciò di cui necessita lo Stato per il mantenimento della medesima. Troppi giri, tanto caos, pochi risparmi, qualità bassa, freddo in caso di emergenza assicurato.
(Il fumoso)
Noi di Maillo abbiamo portato un caffè caldo ai lavoratori Enel che ci stavano ridando la luce aggrappati in cima ad un palo, sotto la pioggia, alle undici di sera. Quindi li ringraziamo. Penso che i problemi di questi enti siano altri.
(Biagini)
Condivido in pieno con il signor Lorenzo. Purtroppo c’è poco da aspettarsi dalla attuale classe politica. Affrontate questo problema determinante con il massimo impegno, unitariamente alle altre ooss. Con stima.
(DZ)
L’Enel che ricordo io e alla quale sarò eternamente riconoscente per avermi mantenuto la famiglia in cambio delle mie modeste prestazioni era, secondo me, miracolata perchè nonostante i “centri di potere” ne combinassero, al suo interno, più di “Carlo in Francia”, riusciva ad assicurare un buon servizio all’utenza e un sicuro stipendio ai dipendenti. Ora, con la privatizzazione, i miracoli e i soldi per le manutenzioni sono finiti, restano l’impegno costante ed encomiabile dei dipendenti ma per il resto la situazione è sotto gli occhi di tutti. La politica deve capire che i servizi: luce, gas, acqua, telefono e sanità devono essere pubblici e non fonte di guadagno e speculazione per i privati.
(Armando)
Scusate il pessimismo ma credo che ai politici non importi nulla di queste cose. L’Enel sta cambiando, non c’è ricambio generazionale, i dipendenti che lavorano sulle reti sono sempre meno, le imprese italiane che lavorano per Enel sono costrette a lasciare campo aperto ad imprese estere che con i loro regimi fiscali e le contribuzioni più basse rispetto alle nostre stanno iniziando a prendere tutti gli appalti. Secondo me il bello devo ancora venire.
(Luca)
Per me se appaltassero ad una cooperativa come Unieco, i problemi li risolverebbero. Farei una petizione per evitare di far entrare aziende estere, tanto i costi sono uguali perché il regime fiscale delle coopereative è meno pesante di quello delle aziende estere; almeno creiamo posti di lavoro.
(Un montanaro)
Sono pienamente d’accordo col commento di Armando.
(Elga)