Viveva nel bosco di Boscoscuro un piccolo serpente nero con delle macchie azzurre.
Nessuno degli altri serpenti che vivevano nei dintorni era amico del serpente azzurro, perché era troppo diverso da loro. Ce n’erano di colore rossiccio, biancastri, grigi , neri ma azzurri……nessuno! Era troppo strano quel serpente, gli altri avevano un po’ paura e un po’ di invidia per quel colore così vivace, così bello da assomigliare ad un fiore di genziana. Il serpente azzurro soffriva di malinconia, non sapeva con chi giocare, era sempre triste e non aveva amici, nessuno parlava con lui . Strisciava nell’erba, si scaldava al sole, si bagnava nel fiume, saliva sugli alberi e guardava il mondo verde che gli era intorno. Frusciavano le foglie con la lieve brezza del vento, sembrava una musica, un concerto di suoni tra i rami e il rumore del fiume che scorreva tra i sassi. Ma tutta quella bellezza non riusciva a far gioire il serpente azzurro perché nessuno lo amava! Un giorno d’autunno quando cominciano i primi freddi e tutti i serpenti si ritirano nelle tane per dormire durante il lungo inverno, il serpente azzurro incontrò una piccola serpe che stava specchiandosi in un ruscelletto che era vicino alla grande caverna del “Grotto di Cani”, uno strapiombo sopra al fiume, dove vivevano solo caprioli e c’erano arbusti, sassi e rocce scoscese e ripide. Un posto molto pericoloso!
“Piccola Serpe" era una cosina nera e snella, con due occhietti scuri, una sottile coda e una piccola lingua biforcuta. Il Serpente Azzurro le si avvicinò e si chinò con lei a bere.
Il sole splendeva tiepido, ma già autunnale, le foglie volavano leggere nel vento, c’era una quiete intorno, una pace quasi statica come se si fosse fermato il tempo. Piccola Serpe non fuggì via, restò tranquilla, non ebbe paura del serpente azzurro anzi ne ammirò gli arabeschi che gli fregiavano il dorso, erano così belli; ghirigori azzurri e neri, neri e azzurri,tanti da confondere lo sguardo. “Perché ti dai tante arie e non parli con nessuno?” gli chiese Piccola Serpe? “ Io non mi do arie, è che nessuno vuole giocare con me, mi chiamano “Il Superbo” io sono solo timido –rispose Serpente Azzurro- tu però sei così carina e dolce e hai parlato con me !
Continuò e mentre parlava la sfiorava leggero, come una carezza era il suo tocco e la fissava in quelle pupille così nere ; c’era un incantesimo in quello sguardo così penetrante, che per la prima volta Serpente Azzurro si sentì felice e anche Piccola Serpe pur così bruttina , anonima, comune, si sentì bella e piena di colori affascinante ! Serpente Azzurro e Piccola Serpe si avviarono insieme verso il “Grotto di Cani”. Entrarono nella caverna, si raggomitolarono e si prepararono a dormire fino a primavera.
GLI GNOMI DI CODESINO
Nel frattempo nelle casette di Codesino, dove viveva una colonia di piccoli gnomi verdi allegri e ciarlieri, si stava discutendo di andare a caccia di serpenti, la cui pelle serviva per fare delle belle scarpette colorate per i piedini degli gnomi. Codesino era una piccola comunità. Gli gnomi vivevano in casette rotonde ricoperte di soffice muschio, con le finestre rosse, gialle o blù. Erano buffi ometti dalle gambe corte e dal sorriso contagioso.
C’era gnomo Camillo che era il più vecchio, doveva avere circa duecento anni. Era verde scuro quasi nero, come una prugna secca, con le gambe arcuate e il viso grinzoso. Vestiva una camicia di pelle di volpe e i pantaloni di capriolo, ma la cosa più interessante erano le babbucce di pelle di serpente, avevano la punta all'insù come le calzature arabe e sulla punta c’era una campanella (un fiore) di quelli che riempivano in primavera tutto il bosco intorno a Codesino.
Lo gnomo Camillo era molto buffo. Rideva sempre molto forte, cantava, ma comandava tutti a bacchetta e ... odiava i serpenti!
Aveva una moglie, vecchietta anche lei, centocinquant’anni circa ma svelta e molto loquace si chiamava Menica. Era la padrona di tutta questa tribù di figli, figlie, generi, nuore e nipotini.
C’era una gran confusione quando si radunavano tutti quanti sotto al grande noce. Mangiavano, cantavano, litigavano, saltavano. L’occasione speciale era: caccia ai serpenti!
Avevano dei piccoli tamburi, dei sonagli luccicanti, delle trombette, ogni tipo di strumento per fare baccano in modo da poter stanare i serpenti che si nascondevano nell’erba. C’era il piccolo nipotino Cesco che aveva i riccioli biondi e suonava il fischietto, la nipotina gnoma Ettina dai capelli sottili come i fili d’erba, ma la più simpatica di tutti era la cagnetta: il portafortuna!
Era grande come un topolino, gli occhi rotondi come due nocciole, le zampette da ranocchia, un codino da maiale e il pelo riccio come agnello e poi una vocetta acuta e squillante che quando abbaiava sembrava di metallo. Brì, la cagnetta, era di tutti ma viveva con gnomo Ugo, un vecchio vecchissimo gnomo parente di Menica che stava in una casetta appollaiata su di un dirupo che si affacciava sul fiume. Lo gnomo Ugo e la cagnetta Brì erano inseparabili.
Un giorno lo gnomo Ugo girando nel bosco con Brì, aveva visto vicino a Boscoscuro, il serpente azzurro ma non era riuscito a prenderlo. Era corso eccitato a Codesino e aveva chiamato tutti: Gnomo Camillo, gnoma Menica: ho visto il più bel serpente del mondo, ha dei colori fantastici, se riusciamo a prenderlo avremo delle babbucce splendide e ce le invidieranno tutti gli gnomi della bassa del Dolo e anche quelli di Prà di Maggio!
Tutti gli gnomi uscirono e si radunarono sotto il noce. Si fece un gran consiglio per decidere sul da farsi . Era quasi inverno, la neve era poca, ma i serpenti si erano già ritirati nelle tane a dormire e gli gnomi non sapevano dove si trovassero esattamente. Erano nascosti molto bene. Dopo un gran parlare decisero che avrebbero dato la caccia al serpente azzurro a primavera.
Serpente Azzurro e Piccola Serpe intanto nella tana sotto il Grotto di Cani vivevano una storia d’amore e di amicizia, di complicità così bella, così intensa.
Erano pervasi da una gioia genuina e contagiosa che gli altri serpenti si avvicinarono e fecero conoscenza di Serpente Azzurro e non ne ebbero più paura, perché tutto fa paura quando non si conosce. Serpente Azzurro non era superbo perché era bello, non si vantava perché aveva bei colori. Era nato così, per lui era naturale! Quando gli altri serpenti capirono questo diventarono amici e lo accettarono anche se era diverso da loro.
IL RISVEGLIO DAL LETARGO
Inverno.
Dormivano tutti nella grande caverna, tutte le serpi che abitavano dall’Acqua Salata fino al Pian dell’Ulivo. Dormivano e sognavano i prati pieni di fiori e di erbetta verde della primavera.
Dormirono… dormirono… dormirono…
Ad un certo punto, un pulviscolo d’oro entrò nella caverna, un tepore un venticello frizzante cominciò a solleticare i serpentelli addormentati che iniziarono a stirarsi, ad allungarsi a uscire da quel letargo durato mesi. Fuori c’era il sole, l’erba era già verde . Qualche fiore. Una margherita – una viola - timidamente si apriva per ricevere il bacio di questa primavera che stava esplodendo in tutta la sua bellezza. La vita stava rinascendo con prepotenza. Anche Piccola Serpe aveva la vita in sé, frutto di Serpente Azzurro. Anche gli gnomi di Codesino vivevano questa primavera tiepida, aspettavano che venisse ancora più caldo. Sapevano che con il caldo tutte le serpi sarebbero state fuori: sui sassi a scaldarsi, nell’erba intorno a tutti i fossi.
LA CACCIA
Dovevano andare a cacciare Serpente Azzurro per farne un trofeo e usare la sua pelle colorata per le loro scarpette. Si abbigliarono per la grande caccia, si colorarono il viso di rosso e di nero per spaventare gli animali e anche gli uomini che avrebbero incontrato, si vestirono di pelle di capriolo, misero le scarpe più pesanti e si armarono di micidiali fionde. Un tiro di fionda con dei piccoli sassi rotondi di fiume era capace di tramortire qualunque serpente. Tutti in fila indiana nel bosco, davanti i più anziani, poi i ragazzi infine le donne, perché nel mondo degli gnomi anche le femmine erano abili cacciatrici ed erano molto apprezzate per le loro intuizioni: erano abilissime a trovare le tracce. Ogni stelo schiacciato, loro lo notavano e ogni piccolo cambiamento era segnalato a gnomo Camillo che comandava la spedizione.
Percorsero tutta la sponda del fiume. Dall’Acqua Salata fino al Vecchio Mulino, dove si attraversava su di un trabiccolo tirato con delle corde e una carrucola; però solo quando il fiume non era in piena. A fare questo servizio sul fiume c’era un vecchio dalla barba bianca: Nazzareno. Trasportava avanti e indietro, da una sponda all'altra, persone, animali e cose e si faceva pagare con qualche uova, un formaggio un piccolo pollo, quello che la gente poteva.
Gli gnomi arrivarono al Vecchio Mulino e pensarono di farsi trasportare sull’altra sponda, quella che va da Casa del Martello fino a Perbone che si trova davanti alle casette di Codesino. Contrattarono con il vecchio Nazzareno il pagamento del trasporto di tutta quella truppa di gnomi minuscoli ma numerosi, invadenti, ciarlieri e dipinti di colori spaventosi.
Pagarono con dei sassolini luccicanti che avevano trovato sul greto del fiume, non si potevano mangiare e per gli gnomi non valevano niente, ma agli uomini piacevano, non si capiva perché.
Sull'altra sponda del fiume il paesaggio era diverso, più fitto il bosco, c’era più umidità e sotto le foglie (nel sottobosco) c’erano le profumate fragoline. I nipotini gnomi ne fecero una scorpacciata e si impiastricciarono tutto il viso ; non era più una caccia ma una bella scampagnata. I Grandi avevano le fionde ma i piccoli avevano le trombette, i sonagli, i tamburelli e facevano un baccano d’inferno! Gli gnomi si trovarono di fronte alla grande caverna del Grotto di Cani, ma erano sulla sponda opposta del fiume, proprio sotto al Ristoro di Lino vicino a Farneta, quando videro uscire dalla tana, dalla caverna prima Serpente Azzurro poi Piccola Serpe ed infine cinque o forse sei piccolini azzurri, tutti in fila bellissimi.
Nel sole brillavano come zaffiri. Erano una nuova razza di serpenti, figli di Serpente Azzurro e di Piccola Serpe. Avevano le caratteristiche dei genitori ma erano ancora più azzurri e con occhi nerissimi come la madre.
LA GRANDE RINUNCIA
Per gli gnomi fu uno spettacolo vedere questi pezzetti di cielo. I nipotini gnomi avrebbero voluto giocarci, nessuno ebbe il coraggio di dire: andiamo a catturarli!
Gnomo Camillo fece fermare tutti e davanti alla sua tribù decretò: BASTA CACCIA ai serpenti che non ci fanno nulla, solo per avere la loro pelle colorata. Non useremo più la pelle dei serpenti per farci le scarpette, neppure quella azzurra così bella. D’ora in avanti ci faremo degli zoccoletti di legno, il bosco ne è pieno, rami caduti dagli alberi, senza tagliare niente!
EVVIVA! – gridarono i nipotini –salviamo i serpentelli azzurri!
E ci fu una grande festa.
Tornarono sotto al noce a Codesino
Brì correva felice in mezzo a tutti. Ballerini che si divertivano e facevano delle grandi danze figurate mentre gli altri cantavano. Cantava lo gnomo Ugo, cantava gnoma Menica, cantava persino lo gnomo Sandrone che di solito si preoccupava solo di far funzionare il Borgo e non si mescolava con i piccoli di gnomo Camillo.
E la festa continuò. Arrivarono altri gnomi, portarono una vecchia fisarmonica e si ballò per giorni. Anche la luna che stava nascendo si fermò a guardare tutta questa gioia di vivere degli gnomi a Codesino sopra al fiume Dolo.
Sono passati tanti anni. Nel fitto del Boscoscuro qualcuno ha detto di aver intravisto un lampo azzurro strisciare. Il Serpente azzurro vive lì tra il Grotto di Cani e Codesino con tutti i suoi discendenti. E’ tranquillo e felice nessuno da allora gli dà più la caccia.
Elena Paola Gazzotti
Complimenti Paola! Bellissima favola, con tanto di lieto fine al quale al giorno d’oggi non siamo più abituati. Mi hai dato un motivo in più per rimpiangere i bei tempi andati.
(Memi)
Il ritorno di Lilith senza perversioni! Complimenti.
(Francesco Puzzello)