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Il salotto letterario / La favola della luna di Ave Govi

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La favola della luna

18484-la-luna-piena-sulla-cima-del-carpegnaC’era una volta un paese che ora non c’è più, in cui vi abitava un omino detto il “contafole.” Era un vecchietto arzillo che spesso d’inverno, imbacuccato nella mantella a ruota, bussava agli usci, sistemandosi presso il camino, mentre i bambini, attenti e per nulla assonnati, attendevano il “C’era una volta” col fiato sospeso.

Spesso, insieme pure agli adulti, mentre la neve continuava a cadere, si portavano tutti nelle stalle e, riscaldati dal fiato caldo degli animali, egli dava inizio al racconto.  Prima di iniziare però, estraeva dalle tasche una manciata di castagne secche e qualche noce, distribuendole  quasi fossero caramelle. Quasi sempre le castagne sapevano di tabacco, perché egli era solito infilarsi in tasca la pipa e il trinciato, ma loro le mangiavano senza dire niente, la mente già volta alla “fola” che stava per iniziare.

Seduti su sedie, sgabelli e balle di paglia o fieno, prendevano posto gli adulti, le donne con la rocca infilata alla cintura filare mannelle di lana, oppure sferruzzare o rattoppare indumenti.

Gli uomini con la fiaschetta di vino posata a fianco, intrecciavano coi vimini  cesti e panieri, rivestivano damigiane, un quartetto giocare a briscola o a scopone ma sempre in silenzio, per non disturbare l’ascolto delle storie.  Non amava raccontare le favole note, conosciute ormai da tutti e scritte sui libri, e pure i bambini ogni volta si aspettavano una storia nuova, certi che egli non li avrebbe delusi. Non era solito neppure tenerli col fiato sospeso, il cuore che martellava nel petto, narrando di streghe e briganti, di orchi e fantasmi, ma semplici, bellissime e fantasiose trame che avrebbero conciliato più tardi il sonno nel letto, stimolato loro i sogni.

Una sera in cui in cielo brillava una luna così tonda e bassa da poterla quasi toccare, li fece uscire sull’aia, additandola col braccio teso, così che tutti, incuriositi,  volsero il capo all’insù.

“Un giorno”, iniziò, “un uomo molto coraggioso volerà in alto e la raggiungerà, e quando tornerà racconterà la favola più bella che nessuno ha mai sentito raccontare.”

Tutti gli occhi restarono fissi su quel faccione illuminato, seguendo per un tratto il suo cammino verso la cima della montagna, oltre la quale sarebbe poi scomparsa. Poi, senza salutare nessuno, un giorno il “contafole” se ne andò e non lo si vide  né lo si sentì più bussare alle porte. Ma nelle sere di luna piena, i bambini di quel paese continuarono a radunarsi in silenzio sull’aia, e a tutti pareva di vedere lassù, su quella grande palla trasparente, una figurina curva che, col sacco sulle  spalle, andava raccogliendo conchiglie e sassolini. Pensavano allora che fosse il “contafole” e che un giorno sarebbe tornato e avrebbe portato loro in dono tanti piccoli tesori.

Il paese dove il “contafole” bussava alle case non esiste più, e quei bambini di allora sono ormai vecchi. Ma ogni volta che guardano la luna, par loro di vederlo avvolto nella mantella, ricordando che aveva loro raccontato una favola così bella.

(Testo di Ave Govi)

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