Casa de los Niños, Bolivia, 16 dicembre 2014
In queste notti di dormiveglia, che dovrebbero essere di riposo dopo giornate “piene”, il lamento inquieto dei bimbi, la tensione provocata dal ritmo intenso della vita e la ripetuta domanda sull’orizzonte a cui puntiamo insieme stimolano il pensiero e ci provocano alla riflessione. Pensieri condivisi a distanza.
... Sono appena uscito dallo studio del medico. Mi ha mostrato le crude immagini della laringobroncoscopia di Claribel, la bimba di 3 anni che abbiamo conosciuto alcuni mesi fa in ospedale. Cammino per strada di ritorno a casa e il pensiero –contraddittorio- va al Natale ormai prossimo. Il tumore in gola di questa piccola bimba si sta espandendo. La tracheostomia, che le è stata praticata appena ricoverata in ospedale, tra qualche settimana non sarà più sufficiente per garantirle la respirazione. Ci sarà di nuovo un Natale per Claribel?
Non trovo risposta e non c’è chiarezza nei medici locali; soprattutto è evidente la loro poca esperienza in situazioni di così estrema gravità.
Abbiamo bussato di nuovo alle porte di Ospedali amici –più esperti- in altri Paesi, ma per il momento ci è stato negato l’aiuto offertoci in altri casi. Rivediamo il volto di Claribel, così come ci accoglie ogni volta che la visitiamo in ospedale. Ci corre incontro, in quel lungo corridoio del suo reparto, con le braccia aperte. Non può parlare, ovvio, ma il suo sorriso è come uno spiraglio aperto al cielo dell’innocenza e della simpatia. Ci guardiamo in faccia e non troviamo risposte. Natale si avvicina, significa che i giorni passano... e gli interrogativi si fanno sempre piú pressanti. Come è pressante il ritmo di vita e di sorprese che ci coinvolge in queste settimane prenatalizie.
... Mercoledì mattina, le assistenti sociali dell’ospedale ci avvisano che un bimbo di 33 giorni di vita è stato abbandonato dai genitori e non può più rimanere in ospedale. La realtà è chiara: il bebè occupa invano una culla, non c’è più spazio per lui in ospedale. E’ nato prematuro, ma ora pesa già 1 chilo e 700! Pur così piccolo, di salute sta bene e può essere dimesso. Le infermiere gli hanno dato un nome: Miguel Angel. Ci portano a conoscerlo. Sembra un gattino, tanto è piccolo. Firmiamo il documento legale e in poche ore Miguel Angel varca le porte di casa nostra. Gli altri bimbi, qui, gli si fanno intorno felici e sopresi. Vengono anche le nostre famiglie. E’ subito evidente: Miguel Angel non si fermerà per molto tempo con noi. Infatti, dopo appena due giorni una delle nostre famiglie, che frequentano i corsi legali di preparazione per l’adozione, viene scelta per l’accoglienza del bebè. Che sorpresa per loro, che regalo inaspettato alle soglie del Natale! L’incontro è ovviamente emotivo e carico di gioia. E così si aprono di nuovo le porte di casa per il piccolo Miguel Angel che salutiamo e abbracciamo con affetto.
... Non passa neppure un giorno e questa volta ci chiamano per accogliere una bimba molto ammalata che i genitori non riescono più a tenere: che colpa ne ha la bimba ad essere ammalata? Ci dicono che altri Centri in città, più specializzati del nostro, non la possono ricevere e allora noi diamo la nostra disponibilità. E’ da poco passato mezzogiorno e diamo il benvenuto ad Arelý, così si chiama la nuova bebè il cui nome significa in ebreo: bimba adorata. Ha una malattia strana, che non conosciamo: le si formano continue ferite sul corpo come se la sua pelle si disfacesse. Scriviamo subito in Italia per avvisare gli amici. Arrivano suggerimenti, sino ad oggi, con il verdetto difficile e duro: “Trattasi di epidermolisi bollosa distrofica; genodermatosi caratterizzata dalla spiccata fragilità cutanea e mucosa; il reale problema riguarda il possibile coinvolgimento esofageo con possibile stenosi; cure locali antisettiche per la cute, cure sistemiche praticamente inesistenti”. Sono parole difficili ma l’evidenza ci aiuta a comprenderle. Anche i vestitini possono provocarle ferite e sangue. Dobbiamo avere molta attenzione! All’inizio, per non sbagliare, le mettiamo solo il pannolino. Sempre all’inizio, l’evidenza ci porta fuori pista con l’età. Infatti, Arelý è nata con due dentini per cui pensiamo che abbia almeno 7 mesi, invece ne compirà 4 venerdì prossimo. Ci stupisce la fragilità di questo corpo. Ci impressiona il dolore che sperimenta una bimba così piccola. E’ grande la nostra impotenza. Speriamo che i medici ci aiutino. Andiamo da loro a cercare indicazioni e suggerimenti nelle cure. Ma sono loro stessi a ripeterci che sarà l’amore che lenirà le ferite aperte del corpo e del cuore della nostra bebè. Di ritorno a casa ci aspetta una famiglia della cittadella: vuol farsi carico della piccola Arelý. E così la bimba colma in breve il suo abbandono e sperimenta il calore sincero di un abbraccio. Bello: Arelý vivrà la gioia del suo primo Natale! Un regalo reciproco, speriamo...
... Anche Saíd ha appena compiuto 3 anni. La Giudice dei minorenni, un mese fa aveva autorizzato il ricongiungimento con la sua mamma che purtroppo ha il vizio del bere, ma che si era sottoposta a un trattamento in un centro di riabilitazione durante un anno. Purtroppo, è trascorso solo un giorno e mezzo e la polizia ha incontrato il piccolo rannicchiato e infreddolito, alle due di notte, in un angolo del mercato della città. A fianco, la mamma fradicia di alcool. Di nuovo sottratto alla mamma e questa volta portato da noi. La Giudice è arrabbiatissima: “Le avevamo dato un’opportunità e dopo appena due giorni ci ha delusi! Sarà ben difficile che il bimbo possa essere affidato di nuovo alla mamma. In tutti i modi, dovrà passare molto tempo!”.
E noi siamo andati a cercare quella mamma. L’abbiamo trovata piangente e distrutta in un bughigiattolo sporco e incredibilmente misero nella periferia della città. Natividad, così si chiama la mamma: strana coincidenza di questo suo nome in questo periodo! “Ho sbagliato, ho sbagliato di nuovo, mi sono fatta trascinare dagli amici, ma voglio bene al mio bimbo, non ha senso la mia vita senza di lui, io non ho nessuno. De nuevo voy a pasar la Natividad sola!”. Ascoltiamo una storia triste, come tante altre. Ma la Giudice soppesa i fatti, non i sentimenti... Anche noi soppesiamo i fatti: Saíd si sveglia tutte le notti alle 3. Si mette a piangere sconsolato e chiama la sua mamma. Tutte le notti! Beati noi!
E allora noi, in questo mese, siamo andati a bussare alla porta della Giudice dei minorenni. Una volta, due volte, tre volte. Tra poco è Natale... Il pensiero va a Natividad, all’opportunità fallita che la Giudice le ha offerto. Siamo sinceri: Natale rappresenta anche l’opportunità fallita per oguno di noi, per noi, uomini e donne che ogni anno lasciamo scorrere il Natale e dentro siamo sempre gli stessi, fradici di miseria e di limiti. Quanti Natali sono passati? Quante opportunità al vento? Allora, finalmente, la Giudice mi ascolta perché, forse, la stella di Natale illumina e ci indica una soluzione: scopriamo infatti che c’è una famiglia di fiducia che può accogliere e proteggere Natividad e Saíd almeno durante un anno. E così sabato mattina, mamma e figlio si sono riabbracciati dopo un altro mese di lontananza. Con la nostra macchina li accompagniamo presso questa famiglia di fiducia. Un regalo di Natale in anticipo, con tanta trepidazione...
... Di ritorno, è sabato mattina, passiamo in ospedale a salutare in fretta Claribel. Ci avvicina una giovane mamma. Un’altra storia dura condivisa sulla soglia dell’ospedale e alle soglie del Natale. Il suo piccolo, Gabriel, di appena 6 mesi, è nato con una definitiva paralisi cerebrale. Non può deglutire e si nutre con una sonda gastrica, come il nostro Ronald. E’ un bebè spastico, con continue contorsioni del corpo. Fa una difficoltà enorme a respirare per il catarro e la saliva che non deglutisce. Povera creatura e povera mamma. Non si può fare molto per lui e in ospedale non lo possono più tenere. La mamma viene da una città lontana, il suo compagno l’ha abbandonata e lei non ha la forza di affrontare una realtà così dura, e non sa a chi rivolgersi. Ha solo 19 anni. E’ sola e smarrita. Chiamo a casa. Siamo tutti d’accordo, mi dicono: che vengano per un tempo da noi. E così in nostra macchina di nuovo una mamma e un bimbo, Cinthia e Gabriel. In fretta si prepara una stanzetta ben ordinata per loro. Capiamo lo smarrimento e i timori di Cinthia, ma cerchiamo di farle capire che non è sola e che lei è mamma: è l’unica cosa di cui ha bisogno il suo figlioletto. Nella nostra casa tutti i bimbi hanno storie difficili, sono stati abbandonati dai genitori, ma tutti sono accolti con amore e tenerezza. Gabriel ha una gravissima paralisi cerebrale ma il suo cuore batte e sente con forza. Infatti, il piccolo piange tanto per il dolore che sperimenta, ma si tranquillizza subito quando la mamma lo prende in braccio. Ci rendiamo conto che Cinthia guarda stupita il muoversi di tanti bimbi così diversi nella nostra casetta. Parla molto poco. E’ smarrita. Domenica pomeriggio decidiamo di fare insieme una passeggiata in città con tutti i bimbi, al mercato in piazza che si veste di Natale. E’ una simpatica e originale fila di tante seggiole a rotelle! Cinthia ci accompagna con Gabriel in braccio che dorme quieto. Un pomeriggio sereno trascorso insieme.
... Stamattina, mentre stavo facendo la spesa, arriva un messaggio sul mio cellulare: “Mi dispiace, ma non sono stata capace di resistere a questa situazione: perdonatemi”. Ci comunichiamo. Le ragazze che sono in casa corrono subito su in stanza e trovano il piccolo Gabriel solo nella culla, che piange: la mamma l’ha abbandonato e se n’è andata. Non abbiamo parole...
Non abbiamo parole e non abbiamo tempo né per pensare né per giudicare... Il piccolo ha bisogno subito di essere cambiato e lavato. Il piccolo ha bisogno subito di essere accolto.
... Abbiamo passato questa notte insieme con Gabriel che sembrava soffocare per il catarro e aveva bisogno costante dell’aspiratore. Tenerlo in braccio, tra la comunicazione sofferta di un pensiero e l’altro, mi ha ricordato con una certa emozione che il Natale è ormai prossimo, anzi, che è già qui... L’abbraccio di questo suo corpo avvolto in calde copertine ma stremato precocemente dalla malattia, il suo volto avvicinato e stretto al mio, dolcemente, mi ha rivelato con amara sorpresa che Gabriel non vede: le sue pupille sono come spente, vuote. Ma abbracciati diciamo sí, insieme, al Natale, nel silenzio della cucina della casa de los niños, e cogliamo, insieme, l’opportunità e la necessità di farci guidare nella nostra comune cecità da una stella che brilla sopra di noi, che brilla anche per noi.
In questa notte illuminata da questo abbraccio con il dolore mi viene da dire che Natale è già passato davvero, quella volta, tanti secoli fa. Ma nell’infinito del cielo, nel ciclo dell’universo in cui siamo immersi, la stella ritorna, luminosa come il volto di un bimbo. Che bello accorgersene, magari abbracciati insieme.
Buon Natale!
Grazie Aristide di tutto quello che fai. Sei sempre stato un grande. Sei tutti noi.
(Stefania)
Il racconto di Aristide è “un pugno nello stomaco” ma, nello stesso tempo, apre il cuore alla riflessione e alla speranza. Buon Natale a tutti voi e che Iddio vi benedica!
(Ivano Pioppi)