Negli ultimi giorni la Polizia provinciale ha intensificato l'azione di controllo sull'attività di caccia al cinghiale in forma collettiva, esercitata, nel reggiano, da oltre un migliaio di cacciatori. Tale forma di prelievo, per le proprie caratteristiche, comporta un notevole impatto non solo sull'habitat selvatico ma potenzialmente anche - ed è aspetto ben più rilevante - su chi in quelle zone vive o lavora.
Per questo motivo la vigilanza è elevata e la Polizia provinciale opera un costante e rigoroso servizio di prevenzione e, come a volte accade, anche di repressione di illeciti.
Lo scorso fine settimana, in una zona boscata tra Casina e Carpineti, è stato infatti sorpreso in azione, all'interno di una squadra organizzata di battuta al cinghiale, un cacciatore che stava utilizzando un’arma vietata: un fucile semiautomatico a canna rigata con caricatore da 8 colpi. Il cacciatore – un 62enne di Casina – è stato denunciato dalla Polizia provinciale all'autorità giudiziaria e ora rischia sanzioni penali piuttosto severe.
“Ciò che più preme è comunque far risaltare come l'illecito utilizzo di armi con un così elevato volume di fuoco possa creare situazione di pericolo per la difficoltà di prevedere la traiettoria dei tanti colpi esplosi in rapida successione, rischiando di mettere a repentaglio l'incolumità, non solo dei colleghi cacciatori, ma anche di altri fruitori del bosco", sottolinea il comandante della Polizia provinciale, Andrea Gualerzi. "Invitiamo pertanto nuovamente tutti i cacciatori a mantenere sempre un atteggiamento di prudenza e di scrupoloso rispetto delle prescrizioni e delle normative, con particolare attenzione alle condizioni di utilizzo delle armi”.
Se lo standard cognitivo medio è come quello del “Rambo” 62enne fermato, caro Comandante, ha poco da invitare allo scrupoloso rispetto. Più che altro le auguro buona camminata nei boschi a controllare, come ha fatto, gli adepti della dea Diana. Per fortuna non tutti i cacciatori sono uguali all’ignoto casin-ista.
(Serb)
Rispetto per le leggi, certamente! Ma per chi ci lavora, sulla terra, soprattutto! Cosa che non vedo spesso da questi cacciatori Casin_isti e non solo.
(Gfarm)
Lei riesce a spiegargli che girare con una jeep su un prato nuovo di medica rappresenta un danno? Caccino pure il cinghiale, nessuno lo impedisce, ma si assicurino di attenersi al buon senso.
(Serb)
Guardando la foto non sembra un’arma vietata, ma un’arma che può essere utilizzata per la caccia al cinghiale con un caricatore con capienza massima di 5 colpi (decreto legge 24 giugno 2014, n° 91). Probabilmente quindi arma giusta, caricatore sbagliato, normativa recente; per quei tre colpi in più la giustizia penale potrebbe anche essere severa. Personalmente non me lo auguro.
(Lorenzo)
Io non sono un cacciatore, ma pratico il tiro a segno. In materia di armi si deve porre molta attenzione a rispettare le regole, altrimenti si corrono rischi seri. Certo è che, come per il resto del nostro sistema normativo, occorrerebbe semplificazione; poche regole, certe. Mentre, in questo settore, oltre alle leggi, set. 78 tulps e vari, non si ha mai la certezza di essere nel giusto, perchè spesso le nostre disposizioni sono lacunose e lasciano spazio ad interpretazioni di chicchessia. Ritengo importante che il legislatore metta in condizione il cittadino di rispettare le regole. Per il cacciatore in questione, non lo invidio, anche perchè con le armi a canna rigata non si scherza.
(Davide Negri)
Colgo l’occasione per riproporre l’alcoltest anche per chi partecipa alle battute al cinghiale! Viste le lunghe permanenze nei bar prima dell’inizio della mattanza. Ne salterebbero fuori veramente delle belle! Cosa ne pensate?
(Matteo Crimi)
Concordo pienamente con “Serb”, scorrazzano per i campi coltivati con jeep come se niente fosse. Certo il loro divertimento a cacciare è di lunga più importante di poveri disgraziati che cercano di coltivare la terra e portare avanti la propria azienda. Sinceramente devo ancora capire se per i terreni sono più dannosi i cinghiali o coloro che li cacciano.
(Carlo Rivi)
Per quanto riguarda la caccia in battuta vi sono delle norme ben precise che devono essere rispettate sia per l’utilizzo delle armi sia per il rispetto del suolo ed in particolare delle coltivazioni; chi non rispetta le norme è giusto sia soggetto a sanzioni. E’ come guidare: esistono norme, che sia l’automobilista con patente sia il cacciatore con licenza di caccia devono osservare e rispettare; ed esistono multe e ammende per tutti. Una sola differenza: chi investe persone (anziani, mamme/papà, scolari, studenti/esse) nei centri abitati, abbastanza differenti morfologicamente da boschi, prati e terreno di caccia, non è giudicato e sanzionato cosi severamente come un cacciatore che spara con un’arma a canna rigata o fucile a canna liscia. Da sottolineare che le zone di battuta per caccia collettiva al cinghiale sono sempre segnalate da appositi cartelli che recitano “Attenzione, è in corso una battuta di caccia al cinghiale”. Queste indicazioni vengono sistemate da chi di dovere prima di iniziare la battuta e tolte a battuta terminata.
(Francesco Braglia)
Caro Francesco, mi spiega però perchè sono io che devo fare attenzione alla “battuta di caccia” che magari si svolge su un mio terreno? E se io questo terreno lo sto lavorando o sono nel mio bosco a tagliare la mia legna devo fare io attenzione a voi che utilizzate anche il mio terreno per puro divertimento? Mi dispiace ma non funziona così.
(Carlo Rivi)
La Polizia provinciale è un corpo specializzato nei reati contro il bracconaggio e l’ambiente, purtroppo rischia di essere seriamente compromessa dalle demagogiche e populiste riforme che riguardano le province, un grandissimo pasticcio istituzionale in scena da qualche mese. Chissà se non ci fosse stata la pattuglia della provinciale quanto altro sarebbe il crimine ambientale? “In base ai dati Sose relativi al 2010 le polizie provinciali italiane, solo in materia ambientale, hanno elevato 27.531 sanzioni amministrative, rilevato 3.440 illeciti penali, individuato 1.571 discariche abusive e coordinato l’attività di 12.330 guardie ambientali volontarie. Secondo il rapporto Ecomafie 2014 di Legambiente, nel 2013 i soli 30 corpi di polizia provinciale (su circa una novantina) che hanno risposto al questionario hanno rilevato 1.964 illeciti penali ambientali. E’ facile dedurre che i numeri dei reati accertati dalle polizie provinciali siano ben di più; infatti, fatte le debite proporzioni, è lecito supporre, in mancanza di dati aggiornati, che nel complesso gli illeciti penali rilevati nel 2013 sfiorino un terzo di quelli complessivamente accertati da tutte le altre FF.PP. interessate. Si può affermare che nonostante l’esigua dotazione organica, i limiti territoriali e di autonomia delle polizie provinciali, l’attività in termine di sanzioni e reati accertati può essere equiparato a quello di forze di polizia statali principalmente preposte” (tratto dal sito Aipa – Associazione italiana polizia ambientale).
(Gigio)