“Se questa è la risposta di chi si candida al governo della Regione, l’Appennino reggiano o si arrende al declino o reagisce come mai prima d’ora ha fatto”. E’ questa la reazione del direttore di Confcooperative, Giovanni Teneggi, alla notizia – apparsa su un quotidiano bolognese – della destinazione alla chiusura del materno-infantile di Castelnovo ne' Monti (che ha fatto registrare 196 parti nel 2013). “Notizia – spiega Teneggi - che cade a pochissimi giorni dall’incontro con il candidato Pd alla presidenza della Regione nel quale abbiamo contestato la mancanza di una politica sanitaria per la montagna, preoccupati dall’assenza di investimenti sul resto del territorio pari a quelli già previsti per l’allargamento degli ospedali metropolitani”.
Prosegue Teneggi: “Tutta la sanità regionale, in netta controtendenza agli orientamenti internazionali sui sistemi per la salute, è diventata costosissima tecnologia di diagnosi e concentrazione ospedaliera, ma non si può pensare alla sanità in Appennino con la stessa testa e gli stessi numeri con i quali si pensa nelle aree ad alta densità demografica, perché questo significherebbe solo tagli e abbandoni”.
“Il caso di cui si parla – sottolinea Teneggi – pare comunque emblematico di come tutto lo sviluppo montano viene oggi affrontato, nella sanità come nello sviluppo industriale e dell’artigianato, del commercio, dell’agroalimentare, della formazione, della ricerca”.
“Quando si fa riferimento all’Appennino si parla di turismo e tipicità e ci viene raccontato che le persone di tutto il mondo vogliono tornare a vivere fuori dalle metropoli, ricercare comunità e relazioni, ritrovare memoria, che occorre puntare ad una forte tendenza alla 'demografia di ritorno' e che possiamo farlo perché in Appennino si sta bene”.
“Ma come far capire a chi fa politica – incalza Teneggi – che in montagna non basta l’ambiente, la memoria, la brava gente, i buoni aromi e il buon mangiare, ma che servono anche il medico, la scuola, sicurezza, la biblioteca, strade percorribili e lampioni?”.
“Come far capire ai politici che i territori come questo sono attrattivi non solo per la biodiversità ma perché vissuti, vivibili e capaci di offrire servizi che si concentrano altrove?”.
“Come stanno insieme sullo stesso territorio – osserva il direttore di Confcooperative - l’immagine della società che 'Reggio Children' esporta in tutto il mondo e quella di un territorio fatto invece da un’unica grande città perché da un unico grande ospedale, un'unica grande multisala, un’unica grande biblioteca?”.
“Noi – prosegue Teneggi – abbiamo bisogno di una grande città/territorio che va dal Po al crinale appenninico, fatta di tanti paesi e punti di servizio in rete tra di loro, perché è proprio questo il modello che sta vincendo nel mondo, attraendo persone, imprese, capitali”.
“Sono disposti, i futuri amministratori, a realizzare questo disegno? I fatti sembrano indicare l’opposto e allora servono risposte più congrue rispetto alle generiche dichiarazioni di questi giorni a proposito di un territorio montano che solo mantenendo e arricchendosi di servizi può davvero rappresentare una grande risorsa per tutta la regione”.
C’è da sistemare un territorio divenuto troppo fragile anche in Emilia-Romagna, dove dal Po alla Montagna ogni anno ci si affida più alla buona sorte che alle opere di prevenzione. C’è da completare la viabilità cittadina (la tangenziale nord di Reggio Emilia riporta il traffico nella zona del Foro boario) e la sistemazione delle strade “periferiche”, che facilitano l’attività turistica (moneta sonante per una provincia che subisce come tutte gli effetti pesanti della crisi). C’è da favorire un flusso di credito alle imprese, da quelle piccole a conduzione familiare a quelle grandi, in grado di permetter loro investimenti innovativi e produttivi, di assumere personale tecnico giovane e capace di far funzionare le macchine di oggi. C’è da rafforzare l’esportazione dei prodotti della nostra agricoltura, di rara qualità come dimostra l’ineguagliato medagliere nei giorni scorsi conquistato dai caseifici emiliani in concorso a Londra al prestigioso World Cheese Awards 2014 (a proposito: congratulazioni!). C’è bisogno di migliorare la conoscenza, scuola e formazione, ricerca e divulgazione, al servizio di un sistema produttivo che ambisce alla sfida competitiva. Ci sono da azzerare le liste d’attesa nella sanità, che hanno generato differenze troppo forti nel diritto alla salute tra “gli uni” che possono permettersi visite a pagamento e “gli altri” che con il disagio devono spesso sopportare il dolore. C’è da ripensare un servizio di trasporto pubblico efficiente e una viabilità capaci di togliere traffico e inquinamento divenuti insopportabili, in città come in periferia. Ci sono da ristabilire livelli di sicurezza accettabili per permettere a tutti di vivere senza sospetti e paure. Insomma: c’è da fare e tanto. Cose ovvie, di buon senso, che non necessitano di “pianificazioni” straordinarie e senza fine. Cantieri indispensabili, che metterebbero a lavorare un po’ di gente prima che arrivi il conto dei danni, come dimostra la cronica debolezza del nostro territorio. Il nostro Appennino soffre gli effetti di un progressivo abbandono. Qui si vivrebbe bene, anzi benissimo, ma il reddito delle famiglie è ora troppo legato alle pensioni di anziani genitori o al pendolarismo “verso la Bassa”. L’agricoltura, settore primario che genera indotto, è a chilometri zero perché a zero reddito non si va da nessuna parte: qui bisogna intervenire, presto e bene, a stalle aperte e prima che con i buoi scappino gli allevatori, a cui farebbero immediatamente seguito casari, operai di caseifici, venditori di ogni ben di Dio (macchine, mangimi, mezzi tecnici ecc.), veterinari, impiegati e una fila interminabile di maestranze. Il patrimonio boschivo è divenuto impenetrabile, senza un progetto organico in grado di ridargli vitalità e fruibilità turistica rischia di essere soltanto legna da ardere. Quest’area è invece da considerare un giacimento di opportunità redditizie sul quale investire, insieme a un partner che deve rispondere al nome di Regione Emilia-Romagna. Il reddito è determinante per vivere ovunque, senza il quale sono soprattutto le giovani famiglie ad andarsene e con sé portano i propri figli, futuro e speranza della montagna, lavoro di oggi per i servizi alla persona: scuole, ospedali, attività commerciali, con il loro indotto che è altrettanta occupazione specializzata. Non sono le proposte di un candidato e nemmeno i titoli del libro dei sogni degli elettori. E’ solamente una parte della cronaca registrata durante la consegna di qualche “santino” in una campagna elettorale che la gente ignora, forse volutamente, “perché tanto è lo stesso”. Le istituzioni regionali sono delegittimate da una classe dirigente che ha confuso lo spreco con i costi della democrazia ed anche in Emilia-Romagna (chi più, chi meno) pare non si sia fatta mancare nulla, ma proprio nulla. La gente non ti maltratta, ma diffidenza e rabbia sono alle stelle. Chi non ti conosce ti evita. Davvero poche sono le persone disponibili ad ascoltarti e quando trovano qualcuno che invece ascolta loro lo sfogo è lì, subito pronto. Comprensibile. Sarà difficile ristabilire credibilità e fiducia in una Regione finita sotto i riflettori di uno scandalo grave, a tratti miserabile. Da qualche parte bisogna pur ricominciare. Servirà ciò che non avrebbe dovuto essere accantonato: serietà, rigore, lealtà, trasparenza sull’uso del denaro pubblico, confronto permanente con i soggetti dell’associazionismo capaci di portare un contributo di idee e proposte. Arnesi del mestiere che la buona politica, quella utile, dovrebbe avere sempre a portata di mano. La situazione oggettivamente non permette di perder tempo. Bisogna fare. Da subito.
(Roberto Lugli)
Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, credo sia da condividere quanto afferma Teneggi. Per attuarlo non servono misure rivoluzionarie ma una maggiore presenza sul territorio e quindi conoscenza, investimenti mirati (non è un dettaglio) e un cambiamento di logica: perchè non c’è un approccio valido contemporaneamente per tutti i territori. Può sembrare teoria, in realtà è una questione molto pratica. Il tema dell’assistenza sanitaria ce lo dimostra. Il servizio che fornisce l’ospedale di Castelnovo ne’ Monti non vale solo per il numero di persone curate, ma anche e soprattutto per il contesto in cui è. Per il punto di riferimento che costituisce in un territorio esteso su quasi metà del territorio provinciale. Un punto di riferimento che non può essere messo in discussione. Il problema da affrontare non è che all’ospedale di Castelnovo ci sono poche nascite, ma perché ci sono poche nascite. Capisco che un intervento fatto nel pieno della campagna elettorale è sempre “sospetto”. Ma credo sia anche doveroso esprimersi dopo una chiamata alla responsabilità di questo tipo. Anche perchè sono temi che vanno oltre le scadenze elettorali ed anche oltre le appartenenze.
(Yuri Torri)
Ritorniamo indietro di sessant’anni.
(Maru)
Ma bene, tagli alla scuola e ora tagli all’ospedale, non ci manca più nulla, dobbiamo solo trasferirci in massa in città.
(Commento firmato)
Paghiamo le tasse come gli altri, vogliamo gli stessi diritti. Non siamo cittadini di serie B. Non ci regalano niente. Abbiamo il diritto di continuare a vivere a casa nostra. Che ci lascino spendere da soli i nostri soldi. Gli sprechi sono altri e non si vogliono vedere.
(Maru)
Sottoscrivo in pieno. Sono parole forti e chiare: le cose stanno proprio così! Grazie, Giovanni!
(Nazzarena Milani)
Come sempre bravo Teneggi! Centri sempre i problemi, spero qualcuno tenga conto delle tue pressioni, ma ne dubito, la “politica” è sorda, è viva ed attiva soltanto quando necessitano voti; spero che questa volta i montanari aprano gli occhi ma ne dubito, come sempre saranno obbedienti al richiamo di domenica prossima. Sono certo, molti che anni fa avrebbero sottoscritto i tuoi pensieri oggi, in virtù di schieramenti, non condividono più tali opinioni, quindi non sgarreranno di una virgola. Complimenti ancora.
(Fabio Leoncelli)
Come tutte quelle prese sulla sanità, questa è una decisione politica. Chiedetevi perchè chiudono il reparto di ostetricia di Castelnovo ne’ Monti e non quello di Scandiano o Montecchio? Vi diranno che è per il numero delle nascite, ma è una bugia, contano solo i voti e in montagna sono meno che a Scandiano o a Montecchio. E chiedetevi anche perchè continuano a mantenere due aziende sanitarie in provincia? Sono tutte decisioni politiche di chi governa l’Emilia-Romagna da più di 50 anni.
(Lollo)
Io però conosco un sacco di famiglie montanare nelle quali le mamme sono andate a partorire a Montecchio o a Reggio. Pensiamoci anche quando prendiamo queste scelte.
(Commento firmato)
Bravissimo Giovanni Teneggi! Se si riducono servizi del genere la conseguenza immediata è che tante famiglie si trasferiranno in città o comunque in pianura, aumentando lo spopolamento del nostro territorio e contribuendo a rendere sempre meno sostenibili anche altri servizi i quali, quando la fruizione è poca, dovranno poi essere eliminati a loro volta. Un cane che si mangia la coda.
(Giuliano Rossi)
Caro Giovanni, la mediazione dei partiti come l’abbiamo conosciuta nei lustri scorsi è oramai saltata. Ora funziona così: bisogna avere ad ogni livello un capo che è tale in quanto fedele al livello superiore. Credo che al momento l’autorganizzazione dal basso sia l’ultima speranza. Bonaccini, che sicuramente vincerà la competizione, non ha alcuna idea di cosa vuol dire vivere in montagna. Le affermazioni strampalate fatte l’altra sera, se vere, la dicono lunga sulla distanza che c’è tra una politica politicante e i problemi reali delle persone. D’altronde con i tagli alla sanità previsti nella legge di stabilità la tenuta dell’intero ospedale mi pare a rischio. Se chiude o si ridimensiona fortemente l’ospedale crolla tutta la montagna. Organizziamoci, quindi, non deleghiamo nessuno che non sia vera espressione del territorio e della fatica di viverci, consapevoli però che non è con il localismo che ci si salva. O cambia davvero anche a Roma oppure son pie illusioni.
(Luigi Bizzarri)
“Organizziamoci dunque, non deleghiamo ad altri”. Commento dopo le elezioni regionali, sappiamo com’è andata e parto dalle parole del signor Luigi Bizzarri virgolettate. I signori Sindaci del comprensorio montano si riuniscano e cerchino una soluzione. Non è possibile dover sempre “accettare”. Penso, ma so che scatenerò le ire di tutti, che se è vero che tutti quanti riteniamo “nostro” l’ospedale, aumentando di qualche percentuale l’addizionale comunale, ma che sia finalizzata al mantenimento dei reparti che si vogliono chiudere, sia una strada percorribile. Ora non conosco il funzionamento dei bilanci comunali, ma un sottocapitolo, in entrata ed in uscita, sull’addizionale comunale che preveda la voce “contributo dei cittadini per funzionamento ospedale di Castelnovo ne’ Monti” spero e penso si possa fare. Altra alternativa potrebbe essere una quota per famiglia (proporzionata al reddito) di tutti i residenti nei vari comuni del comprensorio montano. È evidente che occorre fare uno studio su quanto costa il funzionamento dei reparti che si vogliono chiudere. Mi pare che l’ostetricia, come la ginecologia e la pediatria, siano ben fornite di strumentazioni adeguate. Penso che la direzione dell’ospedale sia in grado di fornire i dati dei costi di tali reparti. Se non partiamo da noi che percepiamo la necessità che “il nostro” ospedale rimanga attivo, non speriamo in chi sta più in alto! Qualcuno faccia altre proposte, sperando che valga ancora il vecchio detto: “l’unione fa la forza”. Scusate se mi son permessa di parlare di tasse, ben sapendo che ne paghiamo già tante, ma questa avrebbe uno scopo ben preciso. È un mio modestissimo parere che ho ritenuto opportuno comunicare a voi tutti, certa che chi legge avrà dei suggerimenti migliori dei miei.
(Luisa Valdesalici)
Le donne vanno a partorire o a sottoporsi ad interventi in altre strutture perché purtroppo, di questo reparto, dopo la pensione di medici che lo avevano sostenuto per anni, la gente non si fida più. Ci si chieda perché.
(MB)
Svegliatevi montanari! Svegliatevi e arrabbiatevi! Perchè sì, ci saranno anche tante cosa da aggiustare e da migliorare, ci sarà chi va a partorire a Reggio o Montecchio e avranno anche le loro ragioni. Ma se chiude il materno infantile, cari genitori, scordatevi di veder nascere vostro figlio in un ambiente tranquillo e confortevole, sarete in mezzo alla baraonda di Reggio, in camere a 4 letti; nonni, scordatevi di andare a trovare il vostro nipotino in un breve dopo cena, vi ci vorrà un’oretta di macchina e un parcheggio da pagare, mamme che siete stanche o avete fatto un cesareo scordatevi di avere vostro marito lì con voi la notte che con panno e cuscino dorme in una bella sdraio vicino a voi, sarete da sole con altre mamme, altri neonati che piangono; scordatevi di avere dei professionisti che possono stare anche un’ora vicino a voi per insegnarvi a allattare il vostro bambino, rassicurarvi, ascoltarvi, accontentarvi in tutto ciò che è possibile, a Reggio siete una tra tante, troppe. E poi, se chiude, quale alternativa per la mamma che rompe le acque al Cerreto? Un parto in macchina, come nei film. Ottimo! E se già è andata bene così, che per la strada avete trovato delle brave persone che vi hanno portato acqua calda e asciugamani, e ora siete sdraiate sul sedile posteriore col vostro bambino sano e salvo, che si fa? Una bella ambulanza vi porta dritte dritte a Reggio? Se va bene eh… ma se va male, se qualcosa va storto, chi lo ve lo fa nascere il bambino? Il medico del Pronto Soccorso? No, perchè sappiatelo, se chiude il reparto fanno le valigie anche i ginecologi e allora anche per un dolore pelvico, un sanguinamento anomalo, un pruritino si va a Reggio eh, signori, sappiatelo! Arrabbiatevi! Non rimanete inermi come siete stati fino adesso, pensando “ah no ma tanto non lo fanno, tanto non succede a noi”. No, perchè poi, secondo voi, Reggio è pronta e felice di accogliere le (pur poche) pazienti di Castelnovo ne’ Monti? Dove le mettono, di grazia? Ah già, il famoso MiRe, copia del Barilla di Parma, ormai bollato come fallimento, e che comunque non sarà pronto prima del 2018. E nel frattempo? Nel frattempo che Dio ce la mandi buona!
(Stefano)
Mia moglie ha partorito due bimbi a Castelnovo, io sono di Castelnovo e qui son nato, sempre al Sant’Anna, 38 anni fa, tanti altri bimbi devono ancora poter nascere a Castelnovo, se c’è da mobilitarsi io ci sono. Non deleghiamo il nostro futuro ad altri, svegliamoci noi!
(DC)
La dichiarazione del Dott. Teneggi è lucida, chiara e mette l’accento sul tema vero che condiziona da sempre le analisi e scelte che si compiono per i territori montani, il numero dei potenziali cittadini-utenti (eventualmente elettori).
(Dusca Bonini)
Io sono nato a Cagliari e ne sono fiero, mia moglie e i miei due figli sono nati a Castelnovo ne’ Monti e ne sono fierissimo. Questo è il mio pensiero.
(Walter Deiana)
La domanda che dobbiamo porci è sempre la stessa: “Ma di chi è questa montagna?”. Se pensiamo che sia solo di noi montanari non possiamo che aspettarci quanto in essere. Ma se pensiamo che la montagna sia di tutti è opportuno che questi tutti si diano da fare. Il mio pensiero va alla città di Reggio che non può chiudersi nelle sue 4 porte: Reggio è città capoluogo e come tale deve operare su tutto il territorio. Dall’ultimo censimento la popolazione montanara è calata di 700 unità. Se vengono a meno certi servizi “perché una coppia giovane deve restare in montagna?”. Eppure l’euro di tasse pagato a Succiso è uguale all’euro pagato a Reggio in viale Umberto, solo che in viale Umberto basta attraversare la strada e si è all’ospedale. Occorre meditare sul significato di solidarietà che la politica fa suo solo in certe occasioni.
(W. Orlandi)
Buongiorno, fa molto piacere leggere che ci siano persone che adesso si meravigliano della situazione e si delle problematiche del nostro ospedale, con commenti e considerazioni mirate (alla fine però si tratta solo di numeri e di voti, meno voti ci sono e più servizi vengono tagliati). Io non voglio stare qui a fare polemica di nessun tipo, ma non molto tempo fa (7-8 mesi) la lista con cui ero all’opposizione in consiglio comunale (Castelnovo Libera) sollevava queste problematiche, e dopo vari tentativi era anche riuscita ad ottenere un consiglio aperto con incontro pubblico per esporre la situazione del nostro ospedale, chiedere delucidazioni sulle voci e sulle informazioni che c’erano riguardo proprio a chiusure di reparti, riduzione posti letto e servizi che venivano a calare. Erano presenti tutti i massimi esponenti ASL (da Maria Luisa Muzzini, Antonella Messori, Fausto Nicolini, Ivan Trenti, fino a Giorgio Mazzi) e tutti a rassicurare… Noi gli unici a preoccuparci, visto che comunque fra le altre cose l’ospedale dà molta occupazione a persone della nostra montagna e crea un indotto; senza queste prospettive molti giovani magari saranno costretti o decideranno di spostarsi altrove e la montagna si spopolerà ancora di più. Siamo stati tacciati di fare allarmismo, non dico di essere visionari, ma quasi! Ora, a distanza di poco, quel nostro ospedale piano piano perde i pezzi, si sgretola, perde servizi, cosa è cambiato a così stretto giro d’orologio? Perchè non ce lo vengono a spiegare quei politi e dirigenti così bravi a ridosso della scorsa campagna elettorale?
(Gabriele Tacconi)
Si è allarmisti se si dicono le cose come stanno e soprattutto se non si è nelle fila del PD.
(Luigi R.)
Caro Giovanni, mi vien proprio da dire che “tanto tuonò che piovve”, ma da quanto tempo i politici, a proposito dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti, ne danno una calda e una fredda! E’ da vari anni che vogliono impoverirci per potenziare le strutture a valle. Sono i numeri che contano e quelli in montagna non ci sono perchè si è fatto di tutto per smobilitarla, non hanno fatto nulla per renderci la vita più facile, anzi. Ma i numeri, a mio avviso, possiamo trovarli, anzi più che trovarli; dobbiamo farli con la sola arma a nostra disposizione e cioè votando per coloro che alla montagna credono e vogliono un ospedale più forte e non in disarmo. Caro Giovanni ed amici che commentate su Redacon, il 23 novembre è vicino e proprio dalle urne uscirà il responso se l’ospedale di Castelnovo ne’ Monti sarà come noi lo vogliamo oppure pezzo per pezzo verrà distribuito a Montecchio, Scandiano e Reggio Emilia. Quindi assumiamoci tutte le responsabilità senza nascondere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi, perchè loro la testa prima o dopo la tirano fuori, ma noi invece, se ce ne sarà bisogno, la testa la porteremo alla bassa.
(Andrea Azzolini)
Se a Castelnovo viene ridimensionato l’ospedale perde il cinquanta per cento della sua forza.
(Luchino)
Buonasera, scrivo con il cuore in gola, è tanto che si parla di chiudere parte dei reparti del nostro ospedale, sì perchè è nostro e non di quelli che fanno i calcoli con i numeri. Importante è capire oltre ai numeri la qualità e quella c’è, ma sapete perchè?, perchè qui la qualità la fanno le persone: operatori, medici, pulizie, ecc; tutte persone che lavorano con il cuore perchè tutti conoscono tutti, perchè i medici si impegnano affinchè possano essere tutti valutati e quando ve n’è la necessita si va a Reggio. E’ così che funziona questa grande macchina, il nostro ospedale è fatto di gente, quella vera. L’introito dell’ospedale fa comodo a tutti, ma ciò che importa è la qualità dell’assistenza fornita, la professionalità; a noi cittadini verrebbe a mancare il cuore pulsante della montagna. Vogliamo parlare di numeri?, parliamone, ma con coscienza. Spero che il nuovo politico di turno comprenda le necessità e che si prenda a cuore la situazione, poi tutto si risolve, perchè come mi ha insegnato il mio caro papà: ciò che importa è il cuore.
(Anna)