Valestra saluterà domani, martedì 4 novembre, Franco Pantani, reduce della terribile ritirata di Russia. L'Alpino è spirato all'ospedale Sant'Anna di Castelnovo, dove era ricoverato dopo una caduta. Con lui, Carpineti, perde l'ultimo testimone della ritirata di Russia. Il corteo partirà alle 10 dalla camera ardente dell’ospedale di Castelnovo Monti e arriverà verso le 11 a Valestra, di fronte all’abitazione di Pantani, nella lunga curva in salita che sovrasta la frazione carpinetana. Da lì si proseguirà a piedi per una cerimonia civile, come da espressa volontà dell’uomo, accompagnata dalle note musicali di una banda, sino al cimitero. Saranno presenti, con i gonfaloni ufficiali, numerose delegazioni di alpini della provincia di Reggio Emilia, avvisate dai componenti del gruppo alpino di Valestra, al quale Pantani è sempre stato iscritto. Il 92enne lascia la figlia Marina, molto conosciuta in zona, avuta dalla moglie Cesarina Chesi, scomparsa cinque anni fa. "Originario di Valestra - ricorda Adriano Arati sulla Gazzetta di Reggio - , dopo la guerra Pantani si era trasferito a Milano con la famiglia, lavorando per oltre 30 anni alla Kodak. Arrivato alla pensione, era tornato nella montagna carpinetana, dedicandosi a lavoretti e hobby, curando con grande amore il suo giardino e il suo orto poco lontano da casa. Franco Pantani era una delle memorie storiche locali per la seconda guerra mondiale, e nel 2005 era stato anche protagonista di un momento di grande commozione: l’incontro con il nipote di un suo commilitone, morto sul fronte del Don nel 1943, Giuseppe Pe. Il nipote di Pe, il bresciano Giuseppe Amadini, da decenni residente a Ginevra, era stato informato dalla figlia di Pantani che proprio Franco era a fianco del suo parente al momento della morte, avvenuta a 21 anni, colpito da un proiettile mentre il gruppetto di alpini stava trasportando delle munizioni di artiglieria. Pantani, all’epoca ventenne, vide cadere l’amico e fu costretto a scappare, ma appena tornata la calma raggiunse la salma di Pe per prendere le sue targhette, così da poterle fare avere alla famiglia. In quel modo Pe non entrò nel lunghissimo elenco dei dispersi, e i suoi parenti non dovettero vivere nell’ansia, oltre che nel dolore".