Non so perché, proprio non ne ho idea, ma a me il Teatro sembra un luogo magico, un piccolo spazio in cui ci sta dentro il mondo. Tutto il mondo. Tutte le storie del mondo. E mi piace stare sopra il palco e mi piace stare anche sotto il palco. Mi fa sentire vivo, mi fa sentire che sto facendo la cosa giusta. Così mi è capitato di incontrare Alex Sassatelli, uno che pensa che tutta la vita sia un po’ come il Teatro. Come la verità che sta nel Teatro. E abbiamo fatto due chiacchiere. Come vecchi amici, anche se non ci conoscevamo affatto.
Ciao Alex, questa è la tua prima volta al Teatro Bismantova, vero?
Sì, è la mia prima volta qui. Ho chiesto in giro per i teatri della zona se ci fosse stata la possibilità di produrre uno spettacolo, così mi sono imbattuto in Emanuele Ferrari che lavorava al Bismantova, e lui mi ha dato questa opportunità, che è anche la mia prima regia.
Come hai iniziato con il Teatro?
Io sono di Sassuolo, ho vissuto lì fino ai vent’anni, fino a quando un giorno ho deciso di fare un’audizione per il Teatro Stabile di Genova, dove mi hanno poi preso. Sai, avevo l’esigenza di spostarmi, a volte capita quando senti che il tuo futuro è altrove. Ho vissuto un po’ a Genova, un po’ a Roma, un po’ in giro per l’Italia. Questa è la carriera dell’attore. Dopo vari anni ho deciso di tornare con un po’ di cose da dire e da fare. Da condividere.
E dopo tornato hai fondato un’associazione che si chiama Teatro If, giusto?
In questi anni ho vissuto fra alti e bassi: contratti da scritturato, porte meravigliose che si aprivano e si chiudevano. Ho pensato che fosse il momento giusto per cercare di costruire una base, una realtà solida. Con costanza, volontà, dedizione e pazienza, soprattutto. Avevo la voglia di portare in scena dei pezzi classici, come ad esempio Shakespeare, che fossero adatti ad un pubblico giovane. Perché mi piace questa idea che il Teatro possa essere una cosa per i giovani, un posto in cui formarsi, in un qualche modo. Sai, ormai il Teatro è diventata una cosa di nicchia, solo per pochi, ma non è nato con questo concetto. Ai tempi del Globe Theatre, come ai tempi delle tragedie greche, la gente si ritrovava in questi luoghi dove potevano assistere agli spettacoli, e lì non esisteva più il concetto di classi sociali, non esistevano più il ricco e il povero, ma soltanto un gruppo di persone che faceva il pubblico e un gruppo di persone che recitavano, legati entrambi da una sottile energia, una sottile empatia.
Credo il Teatro sia una cosa presente, e non una cosa da museo, come spesso si pensa. Il Teatro non una cosa per vecchi. Intendo dire che non è una cosa per quelli che si sentono vecchi. Il Teatro è vivo, è dinamico, e ha soprattutto la forza per creare il giusto legame fra lo spettatore e l’attore. Questo in altri campi non succede e non può succedere. Sia al cinema che in televisione, lo spettatore è uno spettatore passivo, nel senso che mentre guarda la tv può fare un sacco di altre cose. A Teatro, invece, è diverso, perché comunque rimani coinvolto dall’impatto emotivo con gli attori. E poi il Teatro ha il dono di dirti sempre la verità, di farti anche male ma di quel male che fa bene ricevere ogni tanto, come una specie di scossa che ti risveglia.
Come mai hai scelto di concentrarti su pezzi classici del Teatro?
Perché in un certo senso non muoiono mai. Parlano di cose che rimangono sempre attuali. Prendi ad esempio Shakespeare: Romeo e Giulietta, il Macbeth, Amleto, Otello, Sogno di una notte di mezza estate… sono tutti testi fondamentali per l’essere umano. “Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”. Sono concetti altissimi ma allo stesso tempo popolari, diretti. Sono cose che rimangono.
Perché hai scelto Romeo e Giulietta come primo spettacolo?
Romeo e Giulietta racconta di persone giovani e acerbe, un po’ come mi sento io (almeno a livello artistico). È una storia a cui sono molto legato e mi sembrava la più adatta per la mia prima regia. Parla di persone che non accettano il compromesso, e vivono così tanto intensamente il presente da credere che non ci sarà possibilità futura, e l’unico rimedio è la morte. O il compromesso o la morte. In questo testo non muore nessun adulto, in questo testo muoiono Romeo, Giulietta, Mercuzio e Paride. Tutti giovani e tutti legati fra loro. Questo non è un caso. È un po’ la sconfitta della vitalità, che è la cosa più bella della vita. Forse l’unica cosa che ha ancora senso, per Shakespeare, è la bellezza.
C’è qualcuno che vorresti ringraziare?
Assolutamente sì, sono due persone che mi hanno trattato davvero bene e mi hanno aiutato in modo particolare: Valérie Ferrari e Francesca Bianchi.
E poi tutti quelli che mi hanno aiutato ad edificare questo spettacolo, in particolar modo i miei attori che mi hanno sopportato e supportato ogni giorno, insegnandomi cose nuove in ogni momento.
Allora buona fortuna Alex…
Grazie mille Gabriele!
Complimenti ad Alex Sassatelli e a tutti gli attori, una messa in scena di Romeo e Giulietta davvero interessante e bravissimi gli attori. Consiglio a tutti di andare stasera a vedere lo spettacolo, anche a chi pensa che i classici siano noiosi. Davvero bravi, complimenti!
(mb)
Bravissimi. E’ stato bellissimo. In bocca al lupo per stasera. Baci.
(Mamma e papà)