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E questa volta vince con la poesia

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Gabriele Agostinelli
Gabriele Agostinelli

Domenica 19 Ottobre 2014 si è svolta a Riolunato, in provincia di Modena, la premiazione per la decima edizione del concorso letterario nazionale “Il Trebbo”.

Gabriele Agostinelli, vent’anni, studente di Scienze della comunicazione all’Università di Modena e Reggio, ha ricevuto il secondo premio nella categoria poesia giovani con la poesia “Pezzi”.

Questa la motivazione della giuria:

Travolgente retrospettiva che cattura il lettore avvolgendolo con immagini forti e delicati al tempo stesso, in un pathos emotivo di grande effetto. L’anafora centrale enfatizza il climax dell’opera per sfumare nell’emblematico.

Ragazzo… un altro premio?

Il quarto. Ma non mi piace dare un numero alle cose. I numeri delimitano le cose. Che poi, a dire il vero, è la prima volta che mi classifico secondo. Quando mi hanno chiesto: «Com’è arrivare secondo?»

Ho risposto: «È come arrivare primo, però dopo.»

Poi è buffa l’espressione “un altro premio”, era da circa un anno che non vincevo premi letterari. Era da circa un anno che non partecipavo a concorsi letterari. Sai, la maturità, il libro (Se fossi qui), i viaggi in giro per il mondo, e adesso l’università. Sono stato un tantino impegnato. A volte succede, e per fortuna che succede. In fondo la vita è una corsa tutta da correre.

Dal racconto alla poesia… è un po’ come dalla mente al cuore?

Una volta Alessandro Baricco disse che la poesia è quella cosa lì che è perfetta così com’è. Se cambi anche una sola parola non è più la stessa cosa. Non so, avevo questa voglia di dire le cose che avevo in mente così com’erano. E basta. Senza girarci troppo attorno. Poi le poesie le scrivevo già quando ero piccolo così. A un certo punto, però, ho smesso, e non le ho scritte più per un po’. A contar gli anni saranno più o meno sei. Anche qualcosa di più. Era la mia possibilità per riprovarci. Un po’ come con un amore che è finito da tempo, e poi succede che ci si rincontra, succede che è rimasto ancora qualcosa. Non riesci a far finta di niente. Ci puoi anche provare, ma non ti viene bene.

Il titolo della poesia è “Pezzi”, che significato ha?

Qualcuno una volta mi insegnò che la poesia non la devi capire, nel senso che non devi sforzarti di capirla per forza. La poesia deve entrati dentro e basta. Quello è il suo compito. E se ci riesce è poesia. Credo che le poesie più belle siano fatte di gesti: le carezze, i baci sulle palpebre, la pelle. Mi piace pensare che le parole, alcune parole, siano in grado di rimettere in ordine i pezzi che noi abbiamo lasciato in giro da qualche parte.

E adesso?

E adesso penso che il mondo sia bello bello, anche se a dire il vero l’ho sempre pensato. Soprattutto ho sempre pensato che ognuno ha quel che si merita. Quindi cercherò di meritarmi tutto ciò che avrò. Spero che basti.

Pezzi

E mi dicevi di guardare bene

oltre i tuoi confini,

oltre i tuoi spazi.

Mi dicevi di essere anima viva

con il tuo corpo distrutto

a raccontar giorni di vita nuova.

La tua pelle,

lì sì,

che avrei vissuto davvero

i nostri ultimi giorni distanti.

A baciarci le palpebre,

io e te,

a tirarci dei pugni e dei calci,

io e te,

e poi a stringersi con il fuoco dentro i nostri corpi disfatti con le ossa rotte,

a pezzi,

pezzi di me e te sul pavimento,

insieme alla cenere delle sigarette che non abbiamo mai fumato,

i pezzi in disordine dei nostri sogni superficiali,

come smettere di credere nei fantasmi

del nostro passato

dei nostri insulti,

e dei nostri abbracci.

Ricordi?

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