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Il nome “Bismantova”: prima insulto poi status symbol

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bismantova

IL NOME   “BISMANTOVA:

DA INSULTO A STATUS SYMBOL 

Che Bismantova da sempre abbia un fascino speciale sul popolo è scontato. Un atteggiamento, quello della gente, che sconfina nello stupore, nel timore riverente e nel dolce sentore della protezione.

In passato la Pietra di Bismantova era un termine di confronto. Eri cocciuto? Si diceva: T’ê pudûr che la Prêda. Una cosa era enorme? L’ê gròsa cme la Prêda. Qualcosa era molto in alto o difficile da raggiungere? L’é pu’ âlt che la Prêda! Ansimavi per la fatica? Ti chiedevano: Êt andâ insìma a la Prêda? E finché si tratta della Pietra nessuna perplessità. I dubbi sorgono invece quando si cerca di indagare il nome Bismàntova. Ci hanno provato in tanti a decifrarne il significato, a volte con intuizioni e deduzioni logiche ma non sempre convincenti, se non proprio risibili, altre volte con ricerche rigorose. Vediamone alcune.

Sul Pescatore Reggiano del 1970 (pag. 120) Enzo Rozzi, attraverso parole galliche ed etrusche giunte fino a noi mediante l’inglese, prova a spiegare l’etimologia di Mantova e, per associazione, quella di Bismantova. L’autore analizza e spiega il formarsi del nome di Bismantova giungendo a questa conclusione: Bismantova è la fusione di Big (grande) Man (uomo, o Popolo),Tòvana, (fortezza, posto sicuro), diventato poi Big-Man-Town = fortezza del grande uomo (o del grande popolo), da individuare nel campo trincerato dei Celti sul pianoro della Pietra.

Un’altra teoria, basata anch’essa sulla presenza di termini celti nel territorio appenninico, collega il nome Bismantova alla fusione dei tre vocaboli Vis (vischio), Men, luna, e Tua, omaggio. Quindi: luogo di culto dedicato alla luna.

Padre Stanislao Bardetti, gesuita di Castell’Arquato, (1688-1767) affrontò il discorso a modo suo. Partendo dal fatto che Tito Livio cita un monte definito Suismontium, ne cercò l’origine etimologica in vocaboli celti (ma con le cognizioni dell’epoca): “Non molto lontano dai ricordati monti (Leto e Balista) doveva essere Suismònzio. Nel paese il nome sarà stato Svis-mund, che vale Difesa del popolo, da Sveit, popolo… e Mund, difesa. Chi ha qualche notizia (nozione) delle antiche lingue oltremontane, e delle strane loro varietà nel pronunciare lo stesso vocabolo, concederà facilmente che all’antico Svis-mund corrisponda l’odierna Bismantova...”. (1)

Meno fascinosa ma più concreta e realistica è l’ipotesi proposta dallo storico Giulio Cavalieri di Frascaro (2). Dice al capitolo nono: “Ci parve utile vedere se era possibile ricavare dall’esame della parola Suismontium (3) qualche elemento che venisse di rincalzo all’apparato geografico appena visto. Non ci riferiamo però ad una discendenza linguistica di Bismantova da Suismòntium. Come può il Suis diventare Bis e Montium passare a Manto, da cui poi Mantova? Qui non resta in piedi nulla, né del primo componente, né del secondo. Nasce una parola foneticamente del tutto svisata, semanticamente senza senso, poiché un significato plausibile di Bismanto è ancora di là da venire. Si passa da una parola, Suismontium, che nella lingua latina un significato più o meno accettabile lo possiede, a una parola, Bismanto, di cui nessuno ha mai dato una spiegazione convincente e sicura. La spiegazione va ricercata nel significato di Suismòntium. Nome composto da Suis e Mòntium, indica Monte del cinghiale o del maiale... Ma l’appellativo non deriva dalla presenza di maiali o cinghiali sulla vetta o nei dintorni del monte, anche se probabilmente c’erano. È più probabile che la denominazione Monte del cinghiale derivi dalla somiglianza che la forma del monte, vista da certi luoghi, ha con un cinghiale. Osservata da Sud-SSE, dal prospiciente versante destro del Secchia, tra Villa e Minozzo, lascia intravedere una somiglianza che, pur non completa e assoluta, presenta una certa aderenza”.

L’esercito romano si era proposto di conquistare il nostro Appennino procedendo da nord verso sud, dalla Via Emilia verso il crinale poi giù verso il Tirreno, ma ne era uscito con le ossa rotte! Fu necessario cambiare strategia e salire verso il crinale anche dal versante tirrenico (Lucchesia e Garfagnana) e stringere le tribù locali in una morsa mortale, come potevano e sapevano fare i soldati romani.

Lungo il tragitto l’esercito che arrivava da sud, dal Tirreno, per unirsi a quello che procedeva da nord verso il crinale, si sarà trovato nella località citata sopra (tra Villa e Minozzo) scorgendo improvvisamente quella forma strana di monte. Possiamo ritenere che quel grugno gigantesco non abbia impressionato favorevolmente i soldati romani. Tutto sommato un misto di superstizione sopravviveva pure nei rudi legionari. Un po’ a seguito della prima impressione, un po’ per disprezzo verso le genti soggiogate, diedero al monte il nome di Porco della montagna. Oggi la somiglianza non è più così marcata. Lo si deve al distacco di massi, posteriore alla conquista romana, distacco che ne ha alterato la morfologia. Cavalieri afferma ancora: “… è dunque termine derisore dato dai Romani ad un monte tenuto da un popolo [i Ligures montani] (4) che essi consideravano poco” (pg. 81).

Quel nome, dato per scherno e riportato dallo storico Tito Livio, è diventato il monumento al valore delle tribù del luogo che si opposero alla conquista e alla schiavizzazione da parte dei Romani, sintetizzata dall’espressione (sempre di Livio): Ligures, gens semper victa, semper rebellans [I liguri, un popolo sempre sconfitto,(è) sempre in rivolta].

Ma è anche assurto a distintivo di un territorio, l’unicum di cui andare fieri, nonché fonte di ispirazione da sempre per artisti e poeti. (5).

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1. Il passo è riportato da Cavalieri nell’opera citata sotto, in nota 2, a pag. 51.

2. L’opera è: LA CONQUISTA ROMANA DELLA MONTAGNA REGGIANA, 187 - 176 a. C., edito da Analisi (BO) nel 1991.

3. Il termine Suismontium lascia qualche perplessità, trattandosi di due genitivi (o compl. di specificazione) senza un soggetto (del Porco dei Monti). Potrebbe, nel tempo, essere scomparso un temine come Monte, Luogo, Territorio. Oppure, come suggerisce lo stesso Cavalieri, Montium è un aggettivo neutro e sta per montano, montanaro.

4. Le guerre contro i Ligures montani durarono 11 anni. I Romani, nel 180 a.C., deportarono nel Sannio prima 40.000 Apuani, poi i 7.000 Liguri Montani sopravvissuti alla guerra  [Op. cit., pag. 46].

5. Confrontare REGGIOSTORIA, Nº 79/1, REGGIOSTORIA83/1; BISMANTOVA   di Stanislao Farri (Fotografie), Bizzocchi ed.; IN ATTESA DELL’INCANTO, foto di Luigi Menozzi, AGE, 1999; LA PIETRA DI BISMANTOVA di Nobili A., 1998; LA MONTAGNA FRA LA SECCHIA E L’ENZA, a cura di Gaetano Chierici, Forni editore, 1976, (ristampa dell’ediz. Reggiana del 1876), oltre ai molti Album di Bragazzi, di G. Chiesi, di Ielli e di altri, e alla mostra archeologica in corso al Palazzo Ducale di Castelnovo.

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2 COMMENTS

  1. Mi permetto di fare qualche osservazione premettendo che non sono uno storico ma un appassionato di Storia. Sul nome anch’io non ho mai trovato nulla di attendibile ma mi sono affezionato all’ipotesi del “Monte dei Maiali” perchè leggendo molte pagine di Tito Livio ed in generale sui Liguri, i “montanari” ai romani gli stavano proprio antipatici, essendo veramente abili nella guerriglia e mai disposti ad inchinarsi al giogo romano. Usare quindi un dispregiativo per quello che potrebbe essere un monte simbolo dei liguri era senz’altro possibile. Leggendo qualche libro edito nelle province vicine le collocazioni dei tre monti oggetto della resa dei conti fra romani e liguri (Suismontium, Balista e Leto, ovvero Bismantova, Valestra e forse Fosola ma un Leto è anche il passo della Scalucchia) vengono ricondotte in altri luoghi per cui, ahimè, il Suismontium potrebbe non avere a che fare con Bismantova, la cui prima traccia storica è “Castrum Bismantum” nella “descriptio orbis romani” (fine VI secolo). Tornando al Suismontium la foto usata per il confronto sembra presa dalla zona Croce, Pietradura ed è molto improbabile che fosse la direzione da cui potesse arrivare l’esercito romano. La “strada” per me più credibile è quella che dal documentato accampamento dei Campi Macri (Magreta) attraverso il fondovalle Secchia (su terreno ampio su cui “manovrare” al riparo dalle inboscate liguri) portava in piena zona operativa alla base dei tre monti (sotto il Valestra verso il Secchia c’è Vallo forse il confine con i liguri, a Fora di Cavola a est della Panaria sona state rinvenute varie tombe di soldati romani), l’altra di cui si hanno veramente poche notizie è la strada delle 100 miglia che da Parma attraverso Luceria (Ciano), Castelnovo, Pradarena, portava a Lucca. In questo caso la vista della Pietra è quella da Costa de’ Grassi.

    (MC)

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