Alcuni giorni fa si sono svolti a Castelnovo ne' Monti i funerali di Maddalena Bertoia, una signora di 91 anni di Cerrè Sologno ma nata in Pennsylvania, dove i suoi genitori erano emigrati dal 1913 al 1924. Domestica per lunghissimi anni a Milano era tornata a vivere l’ultima parte della sua vita nei luoghi d’origine, a Castelnovo appunto. Perché, come mi aveva spiegato, per un’anziana sola la vita è più facile e protetta in un luogo piccolo, dove conosci e sei conosciuta, che in una grande città; ma tornata anche per il desiderio di rivedere ogni mattina il profilo delle sue montagne.
Maddalena l’avevo conosciuta una decina d’anni fa nel suo lindo appartamento milanese, dove ero andata a registrare la sua storia, e mi aveva subito colpito per l’ aspetto - alta e diritta, sottile e ancora bella nei suoi 82 anni ai quali non pesavano i quattro piani di scale da fare a piedi – e per il tratto signorile. Mi aveva offerto il caffè – tazzine di porcellana finissima, mani e modi di principessa – mentre con voce ferma e sguardo sereno dipanava una storia di vita durissima, costellata di lutti ma sostenuta dal coraggio necessario e dai consueti ancoraggi degli emigranti poveri. Mentre l’ascoltavo pensavo a quale tirocinio di autocontrollo e buone maniere fossero sottoposte le nostre giovani nelle case dove andavano a servire. Mi aveva raccontato di essere andata a Torino la prima volta a 16 anni per sostituire la sorella maggiore tornata a casa in aiuto alla madre rimasta vedova. E di essersi poi spostata a Milano, sempre alternandosi con le due sorelle nelle case padronali e vicino alla mamma provata dalla scomparsa anche dei due figli maschi. E per sopportare insieme la tragedia della guerra, l’ospitalità forzata ai partigiani, i rastrellamenti, la casa e il fienile bruciati dai tedeschi.
Parlava orgogliosa di un suo viaggio di ritorno durante la guerra: da Milano a Pontremoli a Parma, a pezzi e bocconi, su mezzi di fortuna, da Reggio a Castelnovo, dove arriva “nell’imbrunire” del secondo giorno, e poi a piedi da Castelnovo a Cerrè Sologno, “ma quello allora era normale, sa?” Arrivata al guado di Secchia scopre che il mugnaio, che normalmente traghettava le persone sull’altra sponda, non c’è, “io che torno a Castelnuovo che è già mezzo buio? Mi son preso un randello così e col paltò e tutto ho passato Secchia, ma avevo l’acqua fin qua, stavo aggrappata al randello mi era venuto un coraggio… Sono arrivata a casa alle 11 di sera, si meravigliavano la gente che fossi riuscita a passare Secchia. Era di gennaio..”
Il gran lavorare in casa d’altri non le era mai pesato e nella scelta del posto prestava più attenzione all’ambiente che alla fatica: che ci fossero ragazzi giovani, un clima allegro, che ci si vivesse bene. Con alcuni dei piccoli cresciuti è rimasta legata fino alla fine. Consapevole e fiera della sua serietà professionale, sottolineava che mai era stata cacciata da un posto e che aveva sempre mantenuto buoni rapporti con tutti i datori di lavoro anche dopo averli lasciati.
Negli ultimi anni la incontravo a Castelnovo, qualche volta, e scambiavamo due chiacchiere. Credo che molti, per strada, notassero come me la singolarità della sua figura: l’incedere regale, gli abiti di buon taglio, il cappello sempre, come si conveniva alle signore di un tempo. Maddalena era sola, non c’erano nipoti a cui raccontarsi, per questo mi piacerebbe che tutte donne dei nostri paesi, ma specialmente le più giovani, si sentissero eredi della sua storia di coraggio e dignità. Non è un’eredità da poco.
(Dalmazia Notari)
La Signora Maddalena, come la chiamavamo tutti nel condominio, era una persona dolce, gentile, sincera, onesta, ineccepibile, lascia un caro ricordo indelebile nei nostri cuori.
(Famiglia Cocconi Franco)
Molto bello il ritratto di Maddalena che ha tracciato la Signora Dalmazia, la raccolta di queste storie è importante e fa riflettere molto. Mi permetto solo di aggiungere che Maddalena, che ho conosciuto negli ultimi mesi della sua vita, non era sola. Maddalena ha avuto la fortuna di avere accanto a se una persona stupenda, la cugina Rosetta, che si è presa cura di Lei fino al suo ultimo respiro. Ho già avuto modo per dire a Rosetta quanto l’ammiro per essersi presa cura di Maddalena come una figlia amorevole ma, considerata l’occasione, rinnovo qui il mio apprezzamento per lei e le esprimo le mie più sentite condoglianze.
(Manuela Bettuzzi)
Anch’io grazie al ricordo di Maddalena tracciato da Dalmazia Notari ho potuto ritrovare Rosetta e conoscere il bene che ha voluto a Maddalena. Mi complimento con lei: credo che sia stata per l’anziana cugina non solo la parente ma l’amica, la figlia, la compagna di viaggio che tutti vorremmo avere soprattutto nella parte più dura del sentiero, quella più prossima alla meta, quella in cui vorremmo essere tenuti per mano. La storia di Maddalena è una storia che non finisce e fa coraggio alla vita.
(Giovanna)