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Lourdes, un luogo mistico e i pensieri dei giovani che per una settimana hanno vissuto da volontari

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Lourdes, il luogo mistico, magico, miracoloso, in cui ogni cristiano ha il desiderio, almeno una volta della vita, di vivere per un certo periodo della sua vita. Tutti associano queste belle parole alla città di Santa Bernadette, lasciando come per scontata un’essenza che non è possibile cogliere se non dopo aver calpestato le rocce di quella grotta, dopo aver visto con i propri occhi le lacrime di mille volti confondersi con la nitidezza di quell'acqua che è considerata sacra da chi sgrana un rosario per lasciare, una dopo l'altra, le proprie pene alle spalle.

Eppure in pochi hanno il coraggio di lasciarsi trascinare là, abbandonando con fiducia le loro preoccupazioni nelle mani di qualcosa di più grande, qualcosa che si manifesta nei corpi limitati di chi chiede un piccolo aiuto che li possa rendere felici, sereni, anche solo per un momento della loro difficile esistenza.

Perché "pochi"? In realtà sono milioni i volontari che ogni anno s’impegnano nel loro lavoro a Lourdes, ma la quantità di persone "malate" che avrebbe veramente bisogno di aiuto è incredibilmente maggiore. Infatti, il miracolo si rivela nelle persone che si occupano di spingere una sedia a rotelle e non nel senso opposto. Si potrebbe di nuovo pensare al fatto che queste siano sempre le solite banali parole che chi si finge essere senza peccato ama scagliare per sentirsi a posto con la propria coscienza, ma anche chi sa di essere immerso in un qualche peccato nascosto, si riduce necessariamente a esse, perché è così che funziona. Probabilmente siamo davvero umani soltanto quando lasciamo che le nostre mani si aprano agli altri, e non soltanto a noi stessi e ai nostri bisogni.

Una settimana a Lourdes, giorni passati ad alternare il tempo di riflessione con quello di servizio. Corpi ammalati di qualcosa che vincola a una carrozzina, o addirittura a un letto.

Poche anime, però, sono visibilmente malate; qui chi è infermo smette di chiedersi a che ora è arrivata la notte, quella notte che li ha lasciati crogiolarsi nel loro buio insonne. Questo perché i ricordi, quelli che li hanno rovinati, tornano alla memoria, ma con un sorriso, perché il brutto è passato, e almeno per quei pochi giorni, la solitudine li abbandona, nascosta da un velo che persino la gioventù è in grado di stendere.

Un'esperienza possibile solo qui, è anche quella delle piscine: vasche colme di acqua benedetta gelata nelle quali i fedeli, e non solo, sono accompagnati da altri volontari che li avvolgono con un telo e stringono loro la mano come per portarli in un posto speciale, fuori da quest’atmosfera. Il momento forse più emozionante di questa immersione è la preparazione, quando, coperti da lenzuoli, ma spogliati delle differenze, si attende in uno spogliatoio insieme con altre sette persone che si guardano negli occhi velati di lacrime, anche senza conoscersi, perché ci si rende conto che il tuffo non starà nell'impatto con l'acqua, ma nell'inabissarsi in se stessi, nella propria interiorità, che in ogni momento richiede essere visitata, anche se non si è abituati a considerarlo importante.

Tutti i giovani che insieme all' U.N.I.T.A.L.S.I. (Unione Nazionale Italiana Trasporti Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) si sono addentrati in quest'avventura, sono riusciti a cogliere qualcosa d’importante, ognuno un dono diverso dall'altro. Fortunati per aver avuto anche la possibilità di partecipare alle riflessioni di Don Alfredo Feretti, hanno potuto notare quanto simili siano fra loro, anche se nella quotidianità nulla di questo si lascia mostrare. Infatti, seduti ad ascoltare, tutti ritrovavano loro stessi in quelle parole, e le lacrime, se non restavano ferme sul lato della palpebra, sgorgavano come da una fonte, e il ragazzo che pensava di essere l'unico sensibile della sua generazione, si trovava a un tratto circondato da persone che avrebbero potuto capirlo fino in fondo. E così, ognuno, raccolto in se stesso, riusciva ad annullarsi negli altri, trovando quello che aveva cercato fino a quel momento e che, probabilmente, una volta tornato a casa, ricomincerà a cercare per il resto della sua vita, ma sapendo di averlo scorto almeno una volta.

<< Pensavo che avrei avuto emozioni forti, o che avrei assistito a un miracolo, invece a un certo punto mi sono trovata a essere totalmente in pace, serena con me stessa e con chi avevo attorno. Forse era lì il miracolo, ma non si è visto. >>, ha detto una ragazza tornata da questa esperienza. Ebbene, non varrebbe la pena di provare a immergersi in Lourdes e nel miracolo che Dio ci manda ogni giorno senza renderlo visibile?