L'Italia sembra incapace di reagire…
Un titolo tratto dalle parole di Sergio Marchionne, pronunciate ieri (30 agosto) al Meeting di Rimini.
Riflettiamo su altri spunti interessanti del suo discorso:
- il nostro Paese non sembra capace di reagire
- per Fiat guardare un Paese immobile e incapace di avviare un anche piccolo cambiamento è qualcosa di inconcepibile
- non sopporto più gente con gelati, barchette e cavolate
- riporre la massima fiducia nel Governo
- abbiamo passato vent'anni a far finta di fare riforme sociali
- dobbiamo smettere di aspettare il miracolo
- le speranze per il futuro dell'Italia sono in mano alla gente che fa e che decide di reagire
Personalmente non seguo la politica, non apro i giornali, leggo notizie lampo su Flipboard, Google News e Feedly, con scarso approfondimento.
Non ho una opinione precisa sul dott. Marchionne e tantomeno su Renzi, tuttavia una idea me la sono fatta, ma andiamo con ordine.
Il relativismo è una costante nell’uomo, si vive di raffronti e confronti, essi rappresentano un modo eccezionale per misurarsi, l’assoluto non fornisce informazioni su quello che siamo o facciamo, se non lo rapportiamo a qualcosa.
Il relazionarsi è fondamentale, ci sono tante occasioni per farlo, in che modo si vestono gli amici, i colleghi, l’automobile o l’abitazione che si possiede, dove si va in vacanza, cosa mangi, che lavoro fai…
Io dedico molto (troppo) tempo al lavoro, sin dal lontano 1989, anno in cui cominciai, per cui anche le relazioni, anzi, il relazionarmi, è spesso legato a questo aspetto della mia vita.
In particolare faccio caso a quanto tempo dedicano le persone in fabbrica, che responsabilità si assumono, che interesse dimostrano e, perché no, che ambizioni hanno.
Ho un principio fondamentale che regola il mio metabolismo professionale: usa meno tempo per fare le cose, così ne puoi fare altre!
La mia costante è il tempo, ho a disposizione un monte ore giornaliero fisso, l’unica maniera per potere fare cose nuove, più impegnative, interessanti, gratificanti, è ridurre il tempo per fare quelle che già svolgo e fare spazio alle nuove. Poi ho la fortuna di disporre di collaboratori (non infiniti, però) e libertà, per cui posso passare qualcosa a loro…
Per farlo, tuttavia, devo contare sulla loro disponibilità a fare altrettanto, altrimenti non troveranno mai il tempo per aiutarmi, senza trascurare quello che già devono fare.
Purtroppo “il nostro Paese non sembra capace di reagire” per cui alcuni, pur vedendoti correre, protenderti verso cose nuove e decisioni importanti, non accennano a cambiare, escono alle 17,30 tutti i giorni, oppure non pensano a un sistema per fare prima, magari una tabella di excel con cui calcolare quando riordinare le casse di legno, sapendo quante ne hai e quante ne consumi ogni mese… o semplicemente attivare il proprio account di posta elettronica sul proprio smartphone (chi non ne ha uno?), per potere dare una risposta importante anche fuori ufficio, necessaria a risolvere un problema di un collega dall’altra parte del mondo.
In auto percorro mediamente 45 km al giorno, in questi 35 minuti di guida sono spesso alle prese con veicoli che procedono lentamente, rispetto a me, ignari di chi li segue e spera in un varco per potere passare. Un consulente e amico, mi disse che quando fa i colloqui a persone che vuole prendere nel proprio studio, li porta a guidare! E’ uno in gamba, non un folle! Io il tempo che risparmio in auto, lo spendo a fare qualcosa di più importante, senza fare troppo lo spericolato, è ovvio.
Spesso operatori dei reparti produttivi si fermano e non fanno altro che attendere il capo reparto, senza chiamarlo, senza di lui non riparte la macchina utensile o la linea di montaggio.
Un capo reparto, per diventare capo reparto, avrà fatto anche lui sempre così? O avrà provato a risolvere il problema da solo, qualche volta? Si sarà guadagnato le stellette sulle spalle?
E se provassimo a fare cose che non ci vengono chieste, oltre a quelle comandate? Magari a qualcuno farebbe piacere sapere che facciamo di meglio e di più, no? Il capo reparto un domani potrebbe fare il capo della Produzione, e lasciare il suo posto al volonteroso e curioso “sottoposto” che si è dato da fare…
Il mondo è tremendamente ingiusto, spietato, ingrato, irriverente, maleducato e scorretto?
Tuttavia io sono sempre stato ricompensato per gli sforzi fatti, magari non sempre come avrei voluto, la gratificazione è arrivata in tre modalità:
- crescita professionale e incarichi (spesso presi, non ricevuti)
- appagamento personale
- riconoscimenti economici
Io faccio lo stesso con i collaboratori, si chiama meritocrazia, se dimostrano interesse, curiosità, avranno una crescita professionale.
Vanno molto di moda i sistemi di incentivazione, sostanzialmente si creano degli indicatori di risultato che misurano le performances in ambito lavorativo, in base al punteggio conseguito, si ha diritto a un premio.
Per esempio se sei responsabile degli acquisti, potresti avere un premio sulla base di un risparmio, se arrivi a risparmiare il 6% sul valore annuo speso, hai una mensilità di premio, se arrivi al 4%, solo un 60% della stessa…
Si chiama produttività, la misura del risultato ottenuto, relativamente allo sforzo speso. La produttività sale se faccio più cose nello stesso tempo, oppure faccio le stesse in meno tempo.
Io non amo fare le stesse cose, purtroppo anche nel mio ruolo, per alcune ore del giorno devo farne di ripetitive, che svolgo ogni settimana, ogni mese. Allora per renderle più interessanti, meno noiose, mi invento il modo per farle in meno tempo. L’informatica mi aiuta molto.
Un esempio semplice: nella nostra azienda produciamo “moto-riduttori” per ascensori, ne facciamo 50.000 ogni anno, diversi tra loro, ma comunque di serie. Molti clienti spesso, avendo da riparare impianti vecchi, necessitano di macchine speciali, con parti non standard. Io un giorno ho cominciato a chiedere a chi vende di venire da me, invece che andare dall’anziano titolare, ho cominciato a farmi delle tabelle di calcolo per valutare il costo di produzione per fare queste varianti speciali. Per un anno l’ho fatto e sottoposto alla approvazione del titolare, il quale mi dava un prezzo fatto sulla esperienza di decenni, sensibilità e “umoralità” di quel momento. Sulle risposte ho messo a punto (tarato) il mio strumento “esatto”. Oggi fornisco prezzi in meno di 10 minuti dalla richiesta, su 100, ne passo 10 al titolare, senza dire l’importo ma chiedendo il suo prezzo, raramente ci sono differenze tali da mettere in discussione il mio. Lui è contento che gli faccio guadagnare e io di saperlo fare bene. Prima scannerizzavo la richiesta dell’ufficio commerciale, allegavo il file pdf alla cartella con in calcolo in Excel di quella commessa. Ora faccio una fotografia della richiesta con il mio smartphone, per passarla al PC prima usavo il collegamento con il cavetto microUSB, che richiedeva 1 minuto di copia, incolla, archivia; adesso utilizzo Pushbullet, una applicazione per condividere contenuti tra dispositivi, quindi appena scatto la foto, la mando direttamente al browser del PC che me la visualizza, seleziono l’immagine e la incollo nella tabella direttamente.
Faccio prima e in un solo file ho la richiesta e il calcolo. “Guardare un Paese immobile e incapace di avviare un anche piccolo cambiamento è qualcosa di inconcepibile”.
In questo modo, però, raggiungi ritmi elevati, stressanti, velocità per le quali risulta difficile rallentare, un weekend è spesso vittima di email del lavoro, qualche consultazione in VPN degli archivi aziendali, o del sistema informativo…
Così ti guardi attorno e se vedi che regna l’immobilismo, la stanchezza psicologica, allora “non sopporto più gente con gelati, barchette e cavolate”.
Non so chi abbia ragione, resta il fatto che il mondo è cambiato, siamo stati sorpassati da Paesi emergenti, spesso senza scrupoli, ma pieni di energia vitale, quella che la fame ti porta ad avere.
La produttività è ciò che rende competitivi, se costi poco lo sei, se costi molto devi fare molto di più degli altri (che costano poco), o farlo meglio.
Le aziende non hanno più i margini di un tempo, dove prima erano 3 addetti, ora puoi a malapena tenerne 2, se invece si riuscisse a produrre di più conservando la manodopera, si sarebbe competitivi, serve la volontà delle persone e la capacità delle società a trovare mercati e prodotti appetibili.
Vedo difficoltà in entrambi, noi siamo abituati a ritmi che un tempo erano sufficienti a ripagarci in moneta, non siamo disposti a correre di più per lo stessa ricompensa, anche se, spesso, non serve fare più fatica, ma pensare di più e organizzarsi meglio. Molti imprenditori non sanno far fronte al momento, non hanno idee, non basta più la propensione al rischio, occorre raccogliere le opportunità giuste, sempre meno e più difficili. La globalizzazione ha aperto i mercati, il mondo è grande e va conosciuto tutto, spesso le opportunità sono a migliaia di km da noi, non basta visitare le fiere di settore nella regione “abbiamo passato vent'anni a far finta di fare riforme”.
E allora stiamo alla finestra, aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa e, se nessuno si muove, pensiamo che forse non era importante “dobbiamo smettere di aspettare il miracolo”.
Siamo alla conclusione, il Marchionne o il Renzi non so se siano dei fuoriclasse, forse il primo si muove nell’alta finanza delle acquisizioni e fusioni, in quel mondo delle grandi cifre e delle scatole cinesi dei denari che non ci sono? Il secondo twitta con il sui iPhone, elargisce 80 euro che rientrano dalla finestra con gli interessi?
Sarà, non lo so, però preferisco chi fa, anche non sempre bene, perché non si cambia se si sta fermi e si aspetta, “le speranze per il futuro dell'Italia sono in mano alla gente che fa e che decide di reagire”.
Diamoci da fare, relazioniamoci e se vediamo che andiamo come chi ci sta vicino, vuole dire che non andiamo abbastanza forte!
Reagire sarebbe possibile, ma con una pressione fiscale come abbiamo in Italia è impossibile. Banche che danno credito a chi ha i soldi e basta. Come piccolo commerciante dico che, se non fosse per la “passione” che mi fa continuare a lavorare, ti viene voglia di smettere. In più si è sempre esposti come crediti. La gente tribola ad arrivare a fine mese e quei “fanfaroni” di Roma vanno a fare i belli al mare, in barca, ristoranti di lusso…, e noi lavoriamo 12/13 ore al giorno. Ma se non si riesce a pagare nemmeno gli interessi sul debito pubblico, con una pressione fiscale simile, ci vogliono spremere come limoni? Perché torni a funzionare il sistema deve cambiare di grosso. A partire dalle banche.
(Montanaro)
Lei ha perfettamente ragione, purtroppo tutti devono reagire, pochi non bastano a sistemare il Paese, e ritengo che gli stipendi faraonici dei politici siano il minore dei mali, li pagherei anche di più se facessero quello che serve e di più, perché il bilancio Italia non certo risente delle retribuzioni, il dramma è che pensano di meritare quanto percepiscono, essendo in un relativismo ambientale di gente che non sa nemmeno cosa succede fuori dalle loro mura protette. E’ una categoria che presto o tardi andrà resettata, dura poco chi non rappresenta. Quanto alle banche, altrettanto vero, tuttavia detengono di fatto il potere assoluto, non sono più un servizio ma un Potere, non ne vedo uno superiore in grado di dettare regole eque.
Siamo passati dal mutuo facile, al prestito impossibile, ai clienti che non pagano, perché non coperti a loro volta. L’estero è un mercato che ha denari e paga, basterebbe fare un po’ di barriera (dazi) alle importazioni dai paesi emergenti e sfruttare la loro crescita (anche economica) per esportare prodotti di “qualità” e “lusso”, pensati dalle nostre menti creative e non copiati male.
(Francesco Casoli)
Ricetta per crescere? Dimezzare la pressione fiscale alle imprese. Obbligare le banche ad erogare liquidità e non ad essere “fiscali” in un momento in cui bisognerebbe essere l’opposto. Ridurre le trattenute sulle buste paga dei lavoratori dipendenti. Fare in maniera che noi grandi e orgogliosi “italiani” rimettiamo in moto l’economia. Quando i soldi girano si spende. Auto, casa, moto, ristoranti, ecc. Ma se ci “strozzano” ancora un poco… Ai politici dico: svegliatevi e scendete dal trono, prima che sia troppo tardi.
(Montanaro)
Qui non è questione di darsi da fare, i buoi sono scappati, un tempo avevamo sovranità monetaria e riuscivamo in periodo di crisi a svalutare la lira per aumentare le esportazioni. Ora con l euro non si può più fare, lei parla di globalizzazione e competizione mondiale, ma non c’è bisogno di andare così lontano, basta guardare cosa sta succedendo tra i singoli paesi dell’Unione Europea, l’Italia deve competere con la Germania che, per fare un esempio banale, ha un’IVA al 19% contro il 22 dell’Italia. In Italia è morta la domanda interna. Per mantenere privilegi feudali si alzata costantemente anno dopo anno la pressione fiscale e i risultati sono questi. Quindi le scelte da fare sono semplici ma molto, molto, impopolari e nessuno ha il coraggio di farle.
(Lollo)
Ha ragione il dott. Marchionne: l’Italia non sa reagire! Tutto giusto, l’Italia sta semplicemente pagando gli enormi errori del passato, fatti di agevolazioni, benefici ed assistenzialismo statalista di cui lo stesso dott. Marchionne dovrebbe sapere. Ma ora in Italia non ci si riesce più a stare ed allora… via, andiamo a produrre all’estero! Tutto giusto, ci mancherebbe, chi me lo fa fare di produrre a costo dieci quando fuori mi costa quattro? Siamo un Paese dove la Costituzione, così com’è scritta è superata. L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro?, sì, se c’è qualcuno che te lo dà, bisogna aggiungere. Dove certe sigle sindacali ancora non han capito che non può esistere lavoratore dipendente se non esiste il datore ed al giorno d’oggi a chi glielo fa fare di aprire un’attività in Italia? Burocrazia, pressione fiscale, normative varie… meglio di no. Vogliamo essere tutti lavoratori dipendenti, è un nostro diritto, peccato però che stanno scomparendo i padroni… Saluti a tutti (da un lavoratore dipendente).
(Andrea S.)
L’Italia saprebbe reagire se solo non avessimo questo sistema politico / burocratico, che divora risorse a non finire e che fa passare la voglia di fare ai pochi che ancora ce l’hanno. Come e con quali risorse potremmo reagire: con una tassazione come quella attuale e con i servizi sempre in peggioramento ?
Con le imprese artigiane costrette a lavorare ad un costo inferiore di quello che è il costo del lavoro in Italia, cioè 24 Euro orarie più iva ? Con le associazioni che indicano cifre da applicare assurde, vicine ai 40 Euro orarie più iva ? E chi se lo può permettere di chiedere e di spendere 48 Euro all’ora ? Con tutte le scadenze, i controlli, le autorizzazioni, le certificazioni, i doveri, i compiti che hanno inventato per mungere chi lavora in proprio ? Con le opere pubbliche che costano il doppio di quanto costerebbero ad un privato ? Con la finta abolizione delle provincie mentre lasciano regioni autonome che spendono e spandono a più non posso ? Con le pensioni d’oro ed i privilegi che non si toccano mentre chi lavora deve farlo sino a che sta in piedi ? Con le chiacchiere di Renzi e con gli 80 Euro che i comuni hanno ripreso dalle tasche dei beneficiari con TARI; TASI, IUC e così via ? Il problema è che la corda è stata tirata troppo e si sta spezzando, o si riforma davvero e presto questo povero stato o, nonostante i sacrifici che in molti stiamo facendo, ci troveremo presto col culo in terra ed allora rialzarsi sarà impossibile.
(AntonioManini)
Tutti interventi lodevoli e anche condivisibili, tuttavia mi piacerebbe leggere di qualcuno che non menziona ciò che non si può fare (quasi tutto) ma cosa farà domani, di sua iniziativa, magari:
– un impiegato comunale che andrà ad aiutare il collega allo sportello delle carte di identità e poi recupererà in efficienza il lavoro sospeso;
– un imprenditore che costruirà un’area di ristoro e accoglienza per i figli dei lavoratori, assistiti da maestre d’asilo disoccupate;
– un politico che sottoscrive pubblicamente di devolvere ogni mese i propri rimborsi spese a una associazione benefica;
– un insegnante che mette a disposizione 2 pomeriggi per lezioni provate gratuite agli alunni che ne hanno più bisogno;
– una catena di distribuzione che regala 30 lavagne multimediali alle scuole della propria provincia;
– una palestra che apre le iscrizioni gratuite per un corso di riabilitazione motoria;
– infermieri che costituiscono un gruppo e si offrono per assistere gratuitamente anziani a casa nelle ore in cui i figli non possono presenziare;
– medici pediatri che al pomeriggio si offrono per visite gratuite nelle strutture pubbliche o tornano a visitare a casa bambini con 39 di febbre, senza costringerli a penose uscite e attese in ambulatorio;
– mercati ortofrutticoli che giornalmente riforniscono gratuitamente alcune mense per poveri;
– cooperative di distribuzione che avviano un servizio di consegna a domicilio, gratuito, per pensionati invalidi;
– strutture carcerarie che mettono a disposizione detenuti “esemplari” per svolgere lavori di riqualificazione ambientale, cura dei giardini pubblici…
Me ne basterebbe uno, che reagisse. Saluti.
(Francesco Casoli)
L’Autore di queste righe, le quali toccano un argomento parecchio robusto e anche “impervio”, sembra volerle introdurre con un elogio al “relativismo” e a me non pare un approccio sbagliato perché se al nostro agire mancano elementi di raffronto ciascuno di noi può sistematicamente auto-referenziarsi e ritenere dunque di essere sempre nel giusto. Il relativismo va però condotto a tutto campo, e con la maggiore obiettività, e possibilmente senza trascurare nulla, se vogliamo che ci dia informazioni utili a “lenire” e migliorare questo tribolato presente e vincere così il pessimismo. Orbene, abbiamo di recente appreso che il nostra Paese è entrato in “deflazione”, come non succedeva dal 1959, il che viene oggi dato come segnale negativo per l’economia, mentre allora coincideva temporalmente con l’inizio del “miracolo economico italiano”, una stagione prospera come ci dice il nome stesso. Vi erano per la verità altri indicatori decisamente più favorevoli rispetto agli odierni e non era ancora arrivata la globalizzazione, ma, per converso, mancavano i tanti supporti e strumenti tecnologici di cui oggi possiamo disporre. E da quanto ricordo, e nonostante la società fosse abbastanza “reattiva”, i suoi ritmi non erano comunque quelli accelerati che sembra auspicare il nostro Autore, non fosse altro perché le auto del tempo erano mediamente meno veloci di quelle attuali. Eppure quel sistema ha sostanzialmente corrisposto, non soltanto sul piano economico, pur con tutti i suoi innegabili limiti e difetti, e dunque varrebbe forse la pena di interrogarsi, proprio in ossequio al relativismo, per vedere di quali suoi aspetti tentare eventualmente un qualche recupero, ben sapendo di doverli adattare al nuovo che è intervenuto dentro e fuori i confini nazionali.
(P.B.)
Mi piace molto questo intervento. Spero che questa sezione si arricchisca ulteriormente per raccogliere materiale e opinioni. Potremmo invitare il Renzi per un abbondante piatto di tortelli in occasione di un itinerario che passi per le nostre parti e discutere. Teniamo vivo l’articolo, dunque.
(Francesco Casoli)
Al momento di formulare le mie precedenti considerazioni non era ancora apparso il penultimo commento, il quale sembra un invito al lavoro gratuito (da parte di chi nel corso della giornata ha già svolto quello retribuito) o ad iniziative benefiche e filantropiche, il che potrebbe anche andar bene come risposta momentanea, e tampone, in una situazione emergenziale, che speriamo vivamente non sia ancora quella nostra, ma non mi pare francamente l’ideale per i tempi normali. A mio modesto avviso la “normalità” non deve affidarsi in prima istanza alla “generosità” dei singoli, pur sempre lodevole ed apprezzabile, o alle iniziative individuali, ma richiede piuttosto di rivedere le regole che ci siamo dati se non sono più funzionali al nostro modello socio-economico, laddove ad esempio avessero provocato il maggior costo del lavoro o scoraggiato il lavoro autonomo o accresciuto talune aree di privilegio (temi importanti accennati da uno dei commenti). Andrebbe fatto in buona sostanza un qualche bilancio e ciò è possibile, avendo appunto parlato di relativismo, anche raffrontando le regole dell’oggi con quelle di ieri, quando il nostro Paese andava meglio, a detta di molti, e da un tale confronto forse qualcosa di buono potrebbe saltar fuori, ma occorre la “modestia” e disponibilità, da parte di tutti noi, a “voltarsi indietro”, per poi poter guardare in avanti con minore rassegnazione rispetto a quella che adesso scorgiamo in giro.
(P.B., 6.9.2014)
Confermo il piacere nel leggere le sue risposte, preciso soltanto che il non aspettare il miracolo significa fare di più o rinunciare a qualcosa, o entrambe le cose. Non dobbiamo regalare nulla, anche se lavorare in efficienza per qualcuno significa regalare prestazioni, proprio nel momenti in cui manca il relativismo di sentirsi sufficientemente retribuiti per ciò che possiamo fare in più. Non regalerebbe nulla un medico che, invece di avere il doppio di assistiti della media della mia città, per 3 o 4 ore al giorno, non mi costringesse a pagare anche un medio stipendio (ogni anno) a un medico professionista, che ha scelto di esercitare la libera professione mattina e sera, a pagamento, visita a casa, è reperibile sino alle 23, non disdegna cure per telefono e visita per più di 5 minuti. Tutto questo ci farebbe costare meno, ci renderebbe più competitivi e farebbe risparmiare soldi, o star meglio, gli altri. Ma non se ne vede gran traccia. E’ più facile cominciare da noi stessi che sperare in ricette miracolose, che nel mio lavoro vedo realizzarsi proprio come conseguenza di un entusiasmo individuale concretizzato in una squadra affiatata.
(Francesco Casoli)